venerdì 22 luglio 2011

La mia Genova



Non so per quale misteriosa forza d’attrazione andai anch’io a Genova. Forse perché mi si erano presentate le condizioni giuste. Avevo infatti una ragazza, all’epoca, disposta ad accompagnarmi; avevo una macchina e dei soldi da parte; c’era anche una mia conoscente tedesca che mi prestava la sua casa delle vacanze, in provincia di Savona. E poi ci andavano tutte le associazioni animaliste. Adriano Sofri dal carcere scrisse che per un giovane, non andare a Genova, sarebbe stato come tradire i propri ideali. Io giovane non lo ero già più, ma conoscevo quel ritornello che dice: “….e se non partissi anch’io, sarebbe una viltà!”.
 
A quell’epoca non sapevo niente di scie chimiche, di armi climatiche e di Nuovo Ordine Mondiale. Sapevo, però, che lo stesso potere che affamava l’Africa, che deforestava l’Amazzonia e sfruttava l’ambiente con fabbriche inquinanti era lo stesso potere che teneva in piedi quell’anacronismo chiamato caccia e faceva torturare le cavie nei laboratori. Non avevo mai sentito parlare di Rothschild e Rockefeller e pensavo che i politici si lasciassero convincere dalla forza del denaro, offerto loro rispettivamente dalle industrie armiere e da quelle farmaceutiche. Ai miei tempi, avevamo già chiaro il concetto di politici burattini, manovrati dal potere economico, ma non immaginavo quanta forza avessero i burattinai e pensavo che con l’azione politica dei Verdi e con le nostre spinte democratiche dal basso, espresse mediante manifestazioni di piazza, avremmo potuto ottenere risultati, anche se molto lentamente.
Quando qualche anno dopo ho scoperto il Complottismo, non mi sono meravigliato del fatto che a comandare ci sia un governo ombra composto da ricchissime famiglie ebraiche, di banchieri e petrolieri, perché ero già in possesso di quella data nozione. Il quadro che mi si è offerto negli anni seguenti era però più desolante di come me lo sarei aspettato e non lasciava – non lascia – alcuno spazio alla speranza.
Così, mi sembra di poter affermare che mentre l’animalismo, partendo da valutazioni drammatiche, trova spazi per sperare in un miglioramento delle condizioni di vita degli animali, il complottismo, partendo dalle stesse valutazioni, si dimostra una filosofia decisamente negativa e disperata sotto tutti gli aspetti. Vi sono infatti nel complottismo delle derive paranoiche che tendono a condannare ogni espressione del pensiero, in base a meccanismi di incoercibile sospetto. Ma di questo ne parleremo in un’altra occasione.
Non è mia intenzione parlare della manifestazione di Genova, tenutasi dal 19 al 22 luglio 2001, come se fosse un evento liturgico appartenente ai miti della Sinistra o a una forma di religione laica. Anche la stessa parola anniversario mi sembrerebbe eccessiva, perché non è come un compleanno da ricordare. Ciò non toglie che si possano fare alcune considerazioni di tipo sociologico.
Parto da lontano, dunque.
Siamo scimmie. E questo me lo sentirete dire spesso, d’ora in poi. Scimmie evolute che ragionano con schemi da ominide. Non riusciamo proprio a ragionare se non in termini di appartenenza al clan. La Storia mi mostra che sulle pianure della Grecia si contrapponevano due grossi clan, persiani e greci, ciascuno comprendente diverse tribù. Sulle pianure del nord America si contrapponevano due grossi clan, pellerossa e cavalleggeri, ciascuno comprendente diverse tribù. Nelle piazze di Genova si sono contrapposti due grossi clan, manifestanti e forze dell’ordine, ciascuno comprendente diverse tribù. Io facevo parte della tribù degli animalisti. Siamo stati risparmiati dalla violenza delle tribù avversarie, forse perché eravamo decentrati o forse solo per puro caso. So però che altre nostre tribù alleate le hanno prese di santa ragione e c’è stato anche un indiano morto, di quelli che avevano votato la loro anima a Manitù, con l’incoscienza della giovinezza, e che si limitavano a colpire con bastoni i cavalleggeri dotati di armi molto più potenti. Forse pensavano che gli sbirri fossero fantasmi appartenenti al regno delle ombre e che bastasse colpirli con un sasso per farli sparire. Manitù, quel giorno, era irato con noi, non protesse i nostri guerrieri migliori e uno dei nostri infatti lo raggiunse nei verdi pascoli del cielo.
Fuor di metafora, se si decide di scendere sul terreno della lotta si deve, prima, fare valutazioni di tipo strategico, concernenti le forze in campo. Quante divisioni ha il Papa? Che tipo di armamenti ha la polizia? Come sono armati i manifestanti? Su un piano meramente tattico-strategico, possono fronteggiarsi i reparti delle forze dell’ordine con i reparti dei manifestanti?
Posto che (1) i 200.000 manifestanti sono una minoranza rispetto ai 67 milioni di italiani e posto che (2) i ragazzi combattenti sono, a loro volta, una minoranza rispetto ai manifestanti, ne consegue che (1) in base al principio della democrazia le forze dell’ordine hanno il dovere di imporre la volontà della maggioranza e (2) c’è un equivoco di fondo tra ragazzi combattenti e il resto dei manifestanti, che sono andati per partecipare a un evento gioioso e si vedono costretti a ricorrere al pronto soccorso.
Sul primo punto si può subito obiettare che la Democrazia è un inganno, usato dai potenti della Terra per raggirare il popolo e quindi anche le istanze di una minoranza di 200.000 persone non solo non devono essere schiacciate dalla repressione degli sbirri, ma devono essere prese in considerazione dalla classe politica. Sul secondo punto si deve ammettere che la scelta di metodi di guerriglia diventa funzionale all’uso della forza da parte delle forze dell’ordine. E’ il loro mestiere. Altrimenti si sarebbero chiamate Debolezze dell’Ordine. E quindi i ragazzi combattenti hanno prevaricato la volontà dei manifestanti che non credono nella lotta armata, nemmeno quella fatta con i sassi, e lasciano volentieri le sassaiole ai ragazzi palestinesi dell’Intifada o ai selvaggi del Borneo che, quando vanno in battaglia, almeno si muniscono di mazze e armi da taglio.
Se duecento black bloc, composti da una minoranza di poliziotti infiltrati e da una maggioranza di anarchici esaltati, si mettono a tirare sassi e bottiglie a un esercito ben addestrato e sottoposto a lavaggio del cervello, abbassano il livello della contesa a uno scontro fra scimmie o, volendo essere benevoli nel giudizio, a clan di primitivi con il corpo dipinto di grasso e i capelli cosparsi di piume d’uccello. Io non ci sto. Non vi permetto di coinvolgermi in risse fra ubriaconi. Non sono venuto a Genova per questo. Non ho speso dei soldi e del tempo prezioso per partecipare a riti primitivi di scontri fra clan. Mi basta esprimere una valutazione severa nei confronti delle politiche mondiali da parte delle famiglie massoniche, una valutazione altrettanto severa nei confronti dei loro scagnozzi in divisa e un’altra valutazione parimenti negativa nei confronti di ragazzi pieni di testosterone, venuti a Genova con la voglia di menar le mani, nonché incapaci di incanalare la propria rabbia infantile secondo modi civili e intelligenti.
Va detto, però, che nei mesi successivi si sono tenute manifestazioni altrettanto imponenti a Roma e a Firenze, nonostante le preoccupazioni della Fallaci che temeva la calata dei lanzichenecchi nella sua città, senza che venisse fuori il caos di Genova. Se la pensassi come gli anarchici, direi che di Roma e Firenze non si ricorda nessuno, mentre di Genova siano ancora qui a parlarne dopo dieci anni. E allora? Forse che con un morto abbiamo toccato le corde dell’emotività e senza morti è come se non avessimo fatto niente? Ogni cosa è vanità e un correr dietro al vento, dice l’Ecclesiaste. Morto o non morto, le politiche della casta di assassini che comanda il mondo non sono cambiate. Carlo Giuliani sarebbe ancora vivo e forse si sarebbe laureato in sociologia e avrebbe potuto contribuire alla lotta pacifica, ragionata e civile contro le lobby massoniche mondiali. E sarebbe qui con noi a scrivere al computer. A confrontarsi col mondo.
Con quella sua inutile morte, con quelle centinaia di feriti e con i milioni di danni ai privati e alla città, si è avuto solo un aumento di simpatia per la Destra (i cui membri già sono sottoposti a pressante condizionamento mentale) attraverso la criminalizzazione dell’intero movimento di opposizione alla globalizzazione. I black bloc e gli altri ragazzi anarchici hanno fatto un bel servizio alla massoneria. Quanti manifestanti pacifici, credendo di andare a una festa e ritrovandosi al pronto soccorso, torneranno a un’altra manifestazione organizzata dagli antiglobalisti? Quelli che si sono presi le manganellate difficilmente torneranno e ci andranno solo le nuove generazioni, che non hanno ancora provato sulla loro pelle le botte e i gas lacrimogeni, in un continuo autorigenerante meccanismo di ripetizione degli errori. I nostri nonni hanno fatto il ’68; i nostri padri hanno fatto il ’77 e noi vogliamo fare qualcosa. Qualunque cosa. Vogliamo seguire le orme degli antenati e prenderci la nostra dose di bastonate. Se no non ci divertiamo. Un popolo che non impara dagli errori del passato è condannato a ripeterli.
Io trovo riprovevole, e un’offesa alla dignità umana, che uno sbirro colpisca vigliaccamente un inerme dimostrante, facendosi forza dell’appartenenza alla tribù dominante e trovo parimenti riprovevole, e un’offesa alla dignità umana, che un ragazzo combattente tiri bottiglie molotov a uno sbirro, per manifestare la sua rabbia contro il regime dittatoriale al potere.
Siccome non bastano le bottiglie molotov per neutralizzare i regimi dittatoriali, bisogna andare alla base e scoprire come fare ad abbattere alla radice la malapianta della dittatura. Ammesso che gli sbirri sfruttino subdolamente, tramite appositi infiltrati, le rimostranze degli anarchici e posto che costoro si riuniscano in assemblea per discutere su come combattere lo Stato, mi chiedo: ma di cosa discutono in quelle riunioni? Riescono ad elaborare una strategia vincente o ripetono le stesse obsolete tecniche del passato? Reiterano metodi ottocenteschi basati sulla bomba gettata contro la carrozza del re o si sforzano di trovare metodi efficaci per sconfiggere il Leviatano? Può essere che la reiterazione del vecchio metodo della molotov e del sanpietrino sia la palese dimostrazione del loro fallimento come formazione politica? Poiché l’anarchia, come idea filosofica, è una buona idea, quanto questi ragazzi dei centri sociali si sentono responsabili della rispettabilità dell’ideale anarchico, già ampiamente malfamato? E tirando sassi agli sbirri non stanno per caso affossando gli ideali di fratellanza e di giustizia che sono alla base dell’anarchia? Occhio per occhio rende tutto il mondo cieco, diceva Gandhi e tirare sassi e bottiglie agli sbirri è un modo infantile, in stile ragazzi della via Paal, di condurre le proprie battaglie. Meglio rinunciarvi! Oppure fare le cose sul serio.
Volete qualche proposta, dopo questi predicozzi? Stabilito che il potere deve essere svuotato con l’astensione al voto e con ogni altra forma di boicottaggio possibile e immaginabile, si deve partire da noi, dal popolo e vedere come nasce il potere. E’ dal popolo che escono gli sbirri, come diceva Pasolini. E’ il popolo che va a legittimare con il proprio voto quei farabutti che faranno le leggi e ci dissangueranno con le tasse. E’ con i nostri soldi che vengono stipendiati gli sbirri che ci picchiano. Dunque, bisogna partire da noi, dalla collettività, affinché non sia dato alcun pretesto, alcuna giustificazione, alcun potere a quella criminale minoranza che detiene il potere nel mondo, grazie a noi.
Moravia diceva che bisogna far nascere il tabù della guerra. Io dico che bisogna far nascere il tabù del poliziotto e del militare. Invece di considerare degno e meritorio fare il poliziotto o il militare, bisogna far sì che arruolarsi nell’esercito o in polizia venga considerato disonorevole. Dobbiamo assumere una mentalità da mafiosi, in questo caso, e vedere come una vergogna avere un militare in famiglia. Deve diventare osceno avere un carabiniere in casa. Una cosa di cui vergognarsi, come avere uno zio prete (io ce n’ho uno!).
Se riusciremo a entrare nell’ordine d’idee che uno sbirro è una vergogna per l’umanità, non avremo più forze dell’ordine e forse nemmeno il nuovo ordine. Il disordine deve essere attraente e meritorio. Disorganizziamoci scientificamente, diceva Pannella.
E se vi sembra che tale percorso sia lungo o utopico e volete affrettare le cose, allora eccovi altri consigli. I seggi elettorali possono essere bruciati, dopo essersi accertati che non vi dormano militari in servizio di sorveglianza. Non vogliamo morti sulla coscienza. Le tipografie che stampano le schede elettorali possono essere distrutte e i macchinari sabotati. I ragazzi dei centri sociali, invece di fare a pezzi i gazebi della Lega Nord, potrebbero mettere fuori uso le stampatrici di manifesti elettorali. Senza la scheda elettorale dove mettono la crocetta quegli analfabeti che votano ottusamente i propri carnefici? E con un po’ d’immaginazione si possono trovare mille modi per boicottare e sabotare i gangli del sistema corrotto e mortifero che ci tiene schiavi, magari anche studiando i modi per eliminare le banche e il denaro ivi contenuto, ma sempre badando di non recare danno alle persone. Sulle cose vi do il via libera! Vi do il mio placet. Ma devono essere cose precise, mirate, pertinenti e non vetrine di negozi e automezzi privati com’è successo a Genova. Senza senso.
E il sabotaggio potrebbe essere la risposta, visto che dieci anni dopo si è ripresentata la stessa situazione con un altro nome: Val di Susa. Anche in quel caso l’autodeterminazione dei popoli è stata vilipesa e repressa e i meccanismi di diffamazione ai danni dei manifestanti si sono ripresentati tali e quali. Le manganellate erano identiche. La volontà del popolo può farcela. Si tratta solo di trovare il giusto mezzo per farla emergere. Il boicottaggio e il sabotaggio senza spargimento di sangue potrebbero essere la via da seguire, unitamente all’opposizione non violenta da parte della gente.
Oggi posso dire: “Io a Genova c’ero!”. Sono stato un testimone di eventi significativi. Sono stato un testimone di Genova.

3 commenti:

  1. Testimone di Genova! Forte! Hai più humor sul blog che dal vivo (scherzo ; )
    Vai a studiare come fare un sito, mus!

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  2. Non era una grande battuta!
    "Mus", per i non friulani, significa "asino".
    Che bello! Il mio primo debunker che mi offende.
    Ma, per fortuna, è amico mio.
    :-)

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