venerdì 19 agosto 2011

Umani mordaci



Giornalisticamente parlando, se un cane morde un uomo non fa notizia, ma se un uomo morde un cane allora la notizia c’è, eccome! Di cani “assassini” ce ne sono stati tantissimi e ce ne saranno ancora, ma anche di tori “assassini”, cavalli “assassini”, elefanti “assassini” e si arriva anche all’astrazione di montagna “assassina”. Non parliamo poi dell’orca assassina. Mi viene in mente la storia della pagliuzza e della trave: tutti questi epiteti affibbiati a quegli animali che si permettono di compiere il grave reato di lesa maestà, servono per nascondere la realtà delle cose e sono quindi una cortina fumogena per trovare un vacillante alibi a quell’animale, bipede implume, che gli altri animali chiamano “scimmia assassina”. Avete già capito di chi sto parlando, vero?
Quando muore un bambino, sbranato dal migliore amico dell’uomo, quel migliore amico cessa, per un attimo, di essere un amico e diventa un nemico. Stavolta è toccato a una bimba australiana:


Ma non è la prima volta e non sarà l’ultima. Come mai 15.000 anni fa abbiamo addomesticato lo sciacallo e non la lepre o il cinghiale? Konrad Lorenz risponde che all’inizio della domesticazione dello sciacallo ci fu mutualismo. Dapprima, quello che sarebbe diventato cane, seguiva i nostri gruppi di cacciatori, poi ha cominciato a precederci. A un certo punto, dall’utilità che ne derivava a lui, prendendosi gli scarti della selvaggina uccisa dagli umani, si passò all’utilità che derivava a noi dalle sue capacità di puntare le prede, per arrivare poi a un servizio di recupero e trasporto della medesima, sempre che si trattasse di selvaggina di poco peso.
 
Oggi per gli occidentali il cane è un membro della famiglia, ruolo che prevale sugli altri utilizzi di guardia, conduzione ciechi, aiuto ai pastori, pet therapy e diporto venatorio. Nei paesi non occidentali i cani vengono uccisi e mangiati o anche solo uccisi perché considerati parassiti.
Lo sciacallo, a differenza della pecora, si è rivelato d’intelligenza versatile e abbiamo saputo apprezzarne le doti anche se le sue fauci erano munite di denti da carnivoro e la sua indole di predatore sia stata blandamente corretta, ma mai del tutto cancellata. Se avessimo addomesticato la pecora, non staremmo qui a lamentarci della perdita dei nostri bambini.
D’altra parte, anche altri animali domestici sono in grado di nuocerci. Nei tempi di miseria, quando entrambi i genitori andavano a lavorare nei campi, lasciavano la porta del casolare aperta, con gli animali liberi nell’aia. Molti maiali salivano al piano di sopra, entravano nelle camere, trovavano qualche neonato incustodito nella culla e il loro istinto di onnivori opportunisti faceva il resto. M’immagino la disperazione di quei poveri genitori, di ritorno dalle fatiche campestri: al giorno d’oggi finirebbero in carcere per abbandono di minore, ma a quell’epoca il loro dolore era considerato punizione sufficiente.
Nel caso della piccola australiana, tutto si è svolto velocemente, senza che nessun adulto potesse intervenire e il pitbull era capitato lì inaspettatamente, ma vi sono molti altri casi che finiscono in tragedia in cui è l’uomo che se la va a cercare. E’ di pochi giorni fa la notizia della morte di uno spagnolo, ubriaco, incornato da un toro. Biasimo totale nei suoi confronti.
Anni fa in provincia di Pordenone un uomo anziano mise la ciotola del cibo al pastore tedesco legato in cortile. Il nipotino che era sotto la sua custodia si avvicinò all’animale mentre mangiava, scatenando la sua normale reazione e purtroppo morì in seguito alle ferite. Durante la notte, in preda a una furia omicida, il vecchio disperato scese in cortile e uccise il cane a bastonate. Anche questa fu una reazione normale per un appartenente alla specie scimmia assassina, ma l’uomo avrebbe dovuto rimproverare solo se stesso per non essere stato più accorto: è notorio che i cani devono essere lasciati in pace quando mangiano.
Il figlio della veneziana Kuki Gallmann, Emanuele, appassionato erpetologo, morì in seguito al morso di un serpente velenoso. Successe in Kenya molti anni fa e, per sua stessa ammissione, la Gallmann seppellì il serpente vivo nella fossa dove venne deposto il corpo di suo figlio. Una vendetta inutile, anche se comprensibile. In quel caso, la madre si rimproverò di non essere stata abbastanza energica con il figlio adolescente, vietandogli di coltivare hobby pericolosi.
C’è poi il caso della bestialità ed è un tema scabroso di cui si parla poco volentieri. Vi è un fenomeno reale anche se marginale, che rientra nell’ambito delle perversioni sessuali, in cui uomini e donne si accoppiano con animali e vi è anche un genere filmografico in cui si mostrano scene disgustose di questo tipo, dove gli attori fingono e magari vengono lautamente pagati, ma gli animali non si divertono per niente.
Spazzatura cinematografica. Da abbinare a quell’altro genere raccapricciante, chiamato “snuff movie”, in cui, con il pretesto di raccontare la realtà o dietro la parvenza di riti praticati da selvaggi, si uccidono e si torturano realmente degli animali. Anche Luca Barbareschi, agli esordi della sua carriera, partecipò a questo genere di film (1). Sempre in tema di bestialità, mi hanno raccontato che in Madagascar un uomo si accoppiò con un maiale. L’uomo fu sottoposto a un periodo di ostracismo da parte degli abitanti del villaggio e il maiale fu messo a morte in quanto divenuto impuro. Perché non fecero il contrario?
In Sardegna, stando al film “Padre padrone” (2), durante le lunghe e solitarie giornate trascorse sui monti, i pastori si trastullano con le morbide pecorelle, o con le pazienti asine, cosa che, quando il film uscì nel 1977, fece molto arrabbiare i sardi e ci furono vibrate proteste. Il sindacato delle pecore, invece, tacque.
In tutti i casi di abusi, per divertimento, per superstizione o per scelleratezza congenita, alla fine a prenderlo in quel posto, anche in senso figurato, è sempre e solo l’animale. Gli uomini, se così si possono chiamare, se la cavano con qualche ramanzina, sempre che il fattaccio non capiti in un paese islamico, dove le punizioni presumo siano più aspre. Nel barbaro Occidente, per dirla alla Gandhi, abusare di animali non è considerato grave, specie se c’è gente che fa il confronto con la pedofilia. Che i pedofili approfittino vigliaccamente dei bambini, per tacere dei riti satanici con sacrifici umani, nulla toglie alla gravità dell’abuso ai danni di animali. Se proprio proprio vi scappa di fare confronti, ebbene sì, ve lo posso concedere: abusare di un bambino è più grave che abusare di un animale, ma la differenza è che il pedofilo, quando scoperto, finisce in prigione, mentre chi commette bestialità non viene mai scoperto o finisce per diventare una star del cinema di genere “snuff”. Eppure eravate stati avvertiti: la violenza sugli animali è propedeutica alla violenza sull’uomo. Sono duemilacinquecento anni che predichiamo al vento! Vox clamavit in deserto.
Perché tanta disparità di trattamento? Forse per questioni di specismo? Tanto l’animale è uno schiavo al nostro servizio e, prima di ucciderlo, con l’avallo del Padreterno, possiamo anche prenderci qualche soddisfazione. Qualche trastullo.
Che aleggi sopra la loro testa la condanna a morte, emessa illo tempore dalle nostre guide religiose, alcuni animali, tradizionalmente destinati all’alimentazione umana, sembrano accorgersene. E ciò mi fa quasi venire il sospetto che siano dotati di anima. Dopo quella mucca che si è gettata in mare sulle sponde sicule per attraversare a nuoto lo stretto di Messina, ecco ora un altro caso che dovrebbe farci riflettere, se solo avessimo ancora funzionante quel dispositivo che, con un termine ormai obsoleto, viene chiamato coscienza. Un’altra mucca in fuga in un bosco bavarese (3).
Che siano domestici o selvatici, quando si ritrovano in prigionia tendono a scappare: l’istinto di libertà in alcuni di loro prende il sopravvento. Se non vengono ricondotti in breve tempo e con facilità, la polizia attua in genere la soluzione finale, onde prevenire danni alle persone, con potenti fucili dotati di cannocchiale. Famoso è il caso di un elefante scappato da un circo, nel 1994, nelle Hawaii (4), ma più spesso si tratta di tori e in un caso anche di uno scimpanzè. Tutti regolarmente uccisi.
Se la morte di bambini per opera di cani è un evento estremamente spiacevole, non solo per i diretti interessati, ma per tutti coloro che amano i cani, quando i bambini muoiono in situazioni di guerra per mano di membri della nostra specie, la cosa dovrebbe essere ancora più riprovevole. Non succede e anzi subentra quasi una forma di rassegnazione perché ormai siamo talmente abituati a sentire notizie di stragi ai danni di adulti e di minori, che non ci facciamo più caso. Lo consideriamo inevitabile, come la pioggia e le tasse.
La differenza è che se ad uccidere un bambino è un cane o un altro animale, scatta quasi sempre la pena di morte. Se ad uccidere un bambino è un singolo essere umano nella maggior parte dei paesi che l’hanno abolita, non si emette la condanna a morte (l’assassino del piccolo Tommy, ucciso a badilate, ha avuto l’ergastolo). Se ad uccidere centinaia di bambini è lo Stato d’Israele, non c’è nemmeno l’ergastolo, ma si stringono rapporti d’amicizia tra governi. Mi viene in mente quel gerarca nazista che aveva già fatto questa osservazione: uccidere migliaia di uomini non è più un crimine, è statistica.
Confrontando l’esecuzione capitale di un cane “assassino” con l’indulgenza della magistratura nei confronti di assassini umani, mi viene da pensare che in questo genere di sentenze ci sia un po’ di animismo. Nel medioevo, gli animali che causavano accidentalmente la morte di esseri umani, dopo averli regolarmente processati, venivano messi al rogo, ma per fortuna non siamo più in quei secoli bui, anche se l’esecuzione del pitbull australiano ce li fa ricordare. Con la stessa mentalità animista si dovrebbe processare e distruggere l’arma che ha ucciso e non solo chi la teneva in mano e ha premuto il grilletto.
Soprattutto, si dovrebbe processare per crimini contro l’umanità quel governo sionista che di bambini e di adulti ne ammazza a centinaia al colpo. Il pitbull è una razza selezionata per combattere. Non saranno anche gli ebrei una razza di quel genere? In tal caso, all’aeroporto di Tel Aviv e alle frontiere terrestri d’Israele si dovrebbero mettere grandi cartelli con su scritto: “Attenzione! Umani mordaci”.
Note:

5 commenti:

  1. Il Messia era vegetariano: questo è assodato. I pesci della moltiplicazione non erano pesci, ma focacce insaporite con alghe. Inoltre i due pesci del miracolo simboleggiano i due Messia. Un “cristiano” non vegetariano non è cristiano.

    Nel Vangelo degli Ebioniti è scritto: "Io sono venuto per abolire i sacrifici. Se non li abolirete, l'anatema resterà su di voi". Gli Ebioniti erano i seguaci di Giacomo, il fratello carnale del Signore.

    Ciao

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  2. P.s. I cinque pani sono i libri della Torah.

    Articolo molto... mordace.

    Ciao

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  3. Zret, c'è un utente di Stampa Libera che si firma Antonio, che ha copiato pari pari le tue prime tre righe. Dev'essere un tuo affezionato ammiratore. Lo puoi trovare qui:

    http://www.stampalibera.com/?p=30136

    Ma Giacomo era figlio di Giuseppe e di Maria?
    In tal caso, la religione era un....vizio di famiglia!
    Ciao e grazie.

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  4. Freeanimals, sono io che ho inserito quel commento. Pensavo non passasse, visto che il gestore è cattolico.

    Giacomo era uno tra i fratelli del Messia, almeno questo è scritto nei Vangeli ed in alcune Lettere paoline.

    Ciao

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  5. Scusa Zret, i miei neuroni rimasti, stressati dal caldo, lo hanno realizzato in ritardo. Del resto, uno che si firma Antonio e che riporta parole identiche alle tue, chi altri poteva essere?
    Lino Bottaro, si dimostra molto.....aperto. In base alla mia esperienza.

    In alcune lettere paoline c'è scritto che Gesù aveva fratelli? Sì, mi ricordo che ne parlavano i Testimoni di Geova. E dunque, dove va a finire la verginità della Madonna? E' una domanda retorica, eh!
    Ciao e grazie.

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