Uno degli animali caduti suo malgrado sotto la scure della domesticazione è il cavallo. E’ stato utilizzato principalmente come arma da guerra, come fonte di proteine, come forza lavoro e, in ultimo, come attrezzo ginnico, da cui, inevitabilmente, è scaturito un rapporto amichevole, presente nella cultura occidentale e che ha negli inglesi la sua massima espressione.
In Gran Bretagna non si trovano macellerie equine, per intenderci.
Nei paesi mediterranei, notoriamente poco teneri verso gli animali, a causa dell’antropocentrica religione in essi seguita, è presente sporadicamente l’affetto per i cavalli, ma non al punto da impedire che vengano fatti pericolosamente correre nelle gare o importati per scopi edonisticamente gastronomici.
Un amante dei cavalli, quando per esempio in autostrada supera un camion bestiame con equini provenienti dai paesi dell’est europeo e diretti ai macelli pugliesi, può fare solo tre cose:
1) piangere
2) arrabbiarsi
3) voltare la testa dall’altra parte.
Piangere serve a poco, se non a rendere la nostra vita più triste. Arrabbiarsi può servire per scaricare la tensione ma se il tutto avviene a bordo della propria automobile, rimane un evento sterile. Voltare la testa dall’altra parte è la cosa più praticata, dettata da un sano istinto d’autoconservazione, ma anch’essa, ai cavalli, non cambia la vita.