mercoledì 27 marzo 2013

La fame che avanza dal sud





Testo di Michele Rallo






La situazione in Grecia è già precipitata da qualche mese. Ma la stampa europea non ne ha praticamente fatto cenno, perché non bisognava avvantaggiare i partiti populisti prima delle elezioni italiane e delle prossime elezioni tedesche. In Grecia – si ricorderà – dopo un risultato elettorale che aveva premiato le forze populiste (di destra e di sinistra), sono state indette nuove elezioni all’insegna di una propaganda di regime che mirava a terrorizzare gli elettori: se prevarranno ancora i populisti la Grecia sarà espulsa dall’Unione Europea e precipiterà nel caos. I greci – come si sa – hanno abboccato all’amo e sono tornati a votare per i partiti europeisti. Risultato: è stato creato un governo “responsabile” che ha accettato le ricette iugulatorie della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale. E il caos – quello vero, quello destinato a durare ben più di qualche mese – è arrivato. In Grecia – anche se la stampa “indipendente” si guarda bene dal darne notizia – siamo agli assalti ai supermercati, siamo alla caccia all’immigrato accusato di “rubare” ai greci non più un lavoro (che non c’è) ma un piatto di minestra alla mensa dei poveri, siamo alla fame vera, con i bambini che svengono in classe per la denutrizione, siamo alla scomparsa della sanità pubblica, con fasce sempre più larghe di cittadini ellenici che ricorrono per le cure alle ONG, cioè alla carità, siamo addirittura alla vendita di pezzi di territorio nazionale agli stranieri: un intero arcipelago (le sei isole delle Echinadi) è stato ceduto all’emiro del Qatar per un piatto di lenticchie, 8 milioni e mezzo di euro, il prezzo di una azienda agricola italiana di media grandezza. 


Perché questo? Perché in Grecia (e a Cipro, un pezzo di Grecia che la diplomazia occidentale vuole forzatamente mantenere divisa dalla madrepatria) le ricette europee in salsa tedesca hanno portato alle uniche conseguenze logicamente possibili: innanzitutto, un indebitamento progressivo cui – impossibilitato a battere una propria moneta – lo Stato deve far fronte indebitandosi ulteriormente con i mercati e con gli organismi europei che forniscono gli “aiuti”; e, come ulteriore conseguenza, un ricorso alla più crudele macelleria sociale per sottostare ai diktat di chi concede i prestiti a strozzo.
Di fronte a questa situazione, come dimenticare la cinica dichiarazione (ancor oggi reperibile su You Tube) che è stata resa ai microfoni de La 7 dal più autorevole eurocrate nostrano, il professor Mario Monti? Trascrivo fedelmente: «Oggi, secondo me, stiamo assistendo, non è un paradosso, al grande successo dell’euro. E qual è la manifestazione più concreta del grande successo dell’euro? La Grecia. (…) Quale caso di scuola si sarebbe mai potuto immaginare – caso limite – di una Grecia costretta a dare abbastanza peso alla cultura della stabilità e che sta trasformando se stessa?»
Certo che la Grecia sta trasformando se stessa: da nazione con un tenore di vita collocato nella fascia medio-alta delle classifiche mondiali, a nazione con una economia da paese sottosviluppato. La stessa trasformazione che attende l’Italia, se resterà ancora nell’Unione Europea.

Michele Rallo





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