L’anno scorso verso
quest’epoca mi trovavo a passeggiare con il cane nei pressi del torrente Corno,
quando all’improvviso vidi in lontananza avvicinarsi una carrozza trainata da
quattro focosi cavalli. Non era una notte buia e tempestosa, né si sentiva il
sinistro latrato del mastino dei Baskerville, ma era pieno giorno e la carrozza
proveniva di gran carriera dalla Villa Manin di Passariano. Capii subito che
non ero stato scaraventato, attraverso uno squarcio spazio-temporale, in un’altra
epoca storica, nonostante la situazione avrebbe potuto benissimo essere
definita onirica.
Quest’anno lo rifanno.
Lo chiamano “Concorso internazionale attacchi di tradizione”. A organizzarlo è
il mio amico steineriano Graziano Ganzit, che mi ha proposto di lavorare con
lui in qualità di stalliere e mulattiere. Non subito, giacché prima deve
organizzarsi un po’, dato che al momento la sua stalla è vuota.
Quando ho dato a un altro
mio amico il depliant della sfilata di carrozze del prossimo 9 giugno, visto
che per tale data ho già un impegno, mi ha detto: “Mi meraviglio che tu faccia
pubblicità a questa cosa”. E in effetti non ha tutti i torti. Cerchiamo di
capire perché.
Anzitutto, degli animali
non si può fare senza, nel senso che loro senza di noi vivrebbero benissimo, ma
noi senza di loro non potremmo vivere affatto. Purtroppo, la maggior parte
della gente considera questo assioma in un’ottica utilitaristica e trova
normale che gli animali siano nostri schiavi poiché fu la perniciosissima
Bibbia a dirlo in principio, con quel maledetto versetto satanico che dava
all’uomo la facoltà di servirsi degli altri animali.
I cattolici se ne servono
da tiranni spietati, mentre i protestanti in teoria se ne servono come tutori
responsabili e rispettosi, ma sempre di padroni si tratta. E’ la stessa cosa
che succede in politica, con le dichiarazioni pubbliche degli onorevoli: in
questo periodo di crisi parlano di riduzione delle tasse, mentre prima non
sentivano tale necessità, ma di abolizione delle medesime non ne parla nessuno,
lasciando intatto il sistema di sfruttamento della popolazione, come cattolici
e protestanti che lasciano intatto il dogma del dominio dell’uomo sulle bestie.
C’è però una minoranza di
persone, alla quale credo di appartenere, che non considera l’animale in
un’ottica utilitaristica, ma come esperienza di vita che arricchisce
spiritualmente e con cui rapportarsi da pari a pari. L’animale, il cane o il
cavallo, non potranno condividere con noi lunghe discussioni di arte, filosofia
e letteratura, sorseggiando un whiskey davanti al fuoco scoppiettante di un
caminetto, magari in una notte buia e tempestosa, ma potranno condividere una
conversazione telepatica fatta di sguardi e respiri, di silenzi profondi
carichi di significato, di carezze e grattatine, di colpi di tosse e sbadigli e
mille altre cose che la mente umana può riversare in quella animale, o
viceversa. Anche la semplice consapevolezza che siamo anime diverse ma eguali,
scagliate sulla Terra nello stesso momento storico, da chissà quali lontananze
cosmiche, e imprigionate nei nostri contenitori corporei, è già un’esperienza
profonda che nemmeno gli altri esseri umani potrebbero, spesso, donarci. Gli
animali, invece, lo fanno. E lo fanno gratis, disinteressatamente.
Con i cavalli gli inglesi
hanno un rapporto molto più intenso di quello di noi mediterranei. Non saprei
spiegare perché, ma è così. Ippodromi con doping e altri maltrattamenti si trovano sia da noi che in
Gran Bretagna, ma è indubbio che per gli inglesi mangiare carne di cavallo
sarebbe cannibalismo. Resto pertanto ancora convinto che gli inglesi siano un
popolo prevalentemente zoofilo, nonostante le fosse comuni di levrieri da corsa
che ogni nato saltano fuori. Altro non posso dire.
Ma posso dire che purtroppo
da noi le macellerie equine esistono, e finché esisteranno, le sfilate di
“attacchi di tradizione” resteranno una variazione sul tema dello sfruttamento.
Se gli organizzatori di tali performances, con equipaggi provenienti anche da Austria e Slovenia, tutti vestiti
con abiti d’epoca, si dessero da fare per l’abolizione delle macellerie equine,
allora potrei considerarli come “compagni di lotta”, compreso il mio amico
Graziano. Ma siccome non lo fanno, né si preoccupano di farlo e posso anche
arrivare a sospettare che tra di loro ci siano persone che non solo mangiano
carne bovina ma talvolta anche
equina (se glielo consiglia il medico in caso di anemia), ne deduco che far
trainare carrozze e carrozzelle da cavalli dal colore abbinato – o tutti
bianchi o tutti neri o tutti marroni – sarà uno spettacolo emozionante per gli
astanti, ma non so fino a che punto i cavalli si divertano.
Si tratterebbe di una
specie di circo senza tendone, in cui si mostra al pubblico, non pagante ma
estasiato, quanto il dominio dell’uomo si estenda su tutta la Creazione, con
particolare riferimento a questi agilissimi, slanciatissimi, elegantissimi
quadrupedi da lungo tempo asserviti all’uomo.
Che, quando diventano
vecchi e non sono più utili come destrieri, prendono la via del mattatoio, come
un qualsiasi bovino, ovino e caprino. Basterebbe questo per far sprofondare
dalla vergogna cavalieri, cavallerizzi, fantini e conducenti di carrozze,
compresi postiglioni e organizzatori di mostre equine. Nel depliant che ho
ricevuto da Graziano e che ho passato all’altro amico, si parla dei “nostri
nobilissimi amici”, ma se pensiamo ai cavalli importati dall’Ungheria e avviati
ai macelli pugliesi, parlare di amicizia tra uomo e cavallo diventa
stucchevolmente ipocrita, se si considera che uno slogan animalista recita
così: “Gli animali sono miei amici. Io non mangio i miei amici!”.
Dunque, se escludiamo
Graziano di cui conosco la compassione che prova per gli animali, dettata dal
suo carattere mite e dalla sua fede nella dottrina di Rudolf Steiner, tutti gli
altri appassionati di ippica, per quel che ne so, NON sono veri amici dei
cavalli e non hanno il diritto di parlare di amicizia. A meno che non siano gli
animalisti a sbagliare prospettiva e a proporre un rapporto con l’animale
semplicemente esagerato, che non sta né in cielo né in terra.
D’altra parte, io non posso
entrare nella testa della gente e se una persona adotta un cavallo e lo tiene
finché campa, senza l’ignominia di mandarlo al mattatoio quando invecchia, non
trovo nulla da eccepire, nello stesso modo in cui non ho nulla in contrario se
qualcuno adotta un cane o un gatto per tutto il periodo della loro esistenza
fisiologica. Potrei, al limite, avanzare qualche critica nel caso di specie
esotiche, ma non vorrei fossilizzarmi su questo dogma come fa il WWF a
proposito delle nutrie. Tanto è vero che il presidente della Provincia di
Treviso, stupito delle numerosissime lettere di persone che si dichiarano
disponibili ad adottarle, ha preso sul serio l’ipotesi di darle in adozione a
privati, almeno quelli dotati di un giardino con ruscelli o laghetti. Così
potrebbe diventare abituale vedere in futuro nutrie sguazzare felici insieme a
germani reali e anatre mandarine.
Se si tratta di business,
di gente che paga per vedere ignobili spettacoli, per le autorità va tutto
bene, ma se si tratta di un qualunque cittadino che vive un rapporto d’amicizia
con una scimmia – senza essere un ricercatore di qualche università – allora si
deve far applicare la legge. Succede da noi anche con caprioli e volpi,
sequestrati a famiglie con bambini e dati in consegna ai centri di recupero fauna,
perché così vuole la legge.
In questo caso vale anche
il detto diffuso in magistratura: “Per il pubblico la legge si applica, ma per
gli amici s’interpreta”. In tanti altri casi di fauna esotica, ai privati è
consentito detenere sauri e ofidi, che non danno fastidio a nessuno finché non
scappano attraverso i tubi di scarico e se ne vanno in giro per il quartiere.
Non danno fastidio a
nessuno finché se ne stanno relegati nella loro teca, con scarso o nullo
movimento, che magari sarebbe previsto dalle esigenze della loro natura di
predatori. Gli etologi infatti parlano di sofferenza da mancato svolgimento
delle attività di predazione. E questo vale anche per gli animali prigionieri
degli zoo.
Un clamidosauro tenuto in
casa da un collezionista fa figo e magari l’interessato se ne serve per
“acchiappare”, come una volta facevano – o almeno ci provavano – i
collezionisti di francobolli o stampe cinesi. A proposito, se a qualche gentile
lettrice può interessare, io ho una bella collezione di fossili e minerali.
Detto per inciso.
L’iguana no, ché è
vegetariana, ma i serpenti vogliono topi vivi, come la mia cagnetta vuole i
croccantini di carne e rifiuta quelli vegetariani. Dunque, siccome ci può
essere qualcuno che tiene topi e ratti come animali da compagnia, nasce un
corto circuito nel momento in cui ci si incontra con un appassionato di
rettili, che tiene pitoni e boa nello stesso modo, secondo una moda che ha
tutta l’aria di essere in crescita. Anche in questo caso c’è dietro il
business: in una società basata sul liberismo economico le autorità non possono
mettere ostacoli al commercio mondiale di piccoli rettili. E chissenefrega se
le foreste, le savane e i deserti vengono spopolati! Con le conchiglie,
chissenefrega se la barriera corallina viene devastata e spogliata! Non si
vorrà mandare sul lastrico pescatori, commercianti, spedizionieri e trafficanti
di animali vari!? C’è già la CITES: che si applichi quella!
Ecco, è questa moderazione,
questa imperturbabile mediocrità falsa e bigotta che mi manda fuori di testa.
Nessuno che sia in grado di vietare in toto la pesca, il commercio e ogni altra
forma di detenzione di animali che hanno tutto il diritto di starsene a casa
loro. Ogni cosa è lecita in nome di Dio denaro, anzi del “Dio dinero”, come ha
detto ieri Papa Francesco, gran bella sagoma pure lui. Chiacchiere, chiacchiere
e inutili parole al vento. M’immagino il rappresentante dei commercianti di
rettili battere una mano amichevole sulla spalla di Papa Bergoglio e dirgli,
con un sorriso: “Ragazzo spostati e lasciaci lavorare”.
Il Dio dinero. Quanto viene
pagato a un indio amazzonico un esemplare di pirana? E quanto
lo paga l’acquariofilo europeo, ultimo anello di questa diabolica catena?
lo paga l’acquariofilo europeo, ultimo anello di questa diabolica catena?
Intanto il Pianeta va a
rotoli, le specie si estinguono a ritmi vertiginosi, i 100 % Animalisti
quest’anno non sono andati a Longarone per altri impegni nella stessa giornata
e il mio amico Graziano domenica sarà a Passariano a far partire le carrozze.
Così va il mondo! Ognuno si
autoassolve dai propri peccati e mette le proprie egoistiche passioni davanti a
tutto. Io non sono migliore di tanti altri. Sono favorevole alla
dedomesticazione, graduale e ragionata, abolendo prima gli abusi per arrivare
alla fine alla completa Liberazione Animale dalla tirannia umana, ma non portatemi
via la mia cagnetta, vi prego.
Di antroposofi ne conosco solamente uno: R.Steiner, tutti gli altri sono persone che si dilettano nella lettura della "Scienza dello Spirito", perciò il suo amico Graziano sono propenso, anche per come lei lo descrive, ad incasellarlo in detta categoria, mi sbilancio in un azzardo dal momento che non lo conosco personalmente, ma tutti coloro che sfruttano gli animali ed in special modo i cavalli non possono riconoscersi nell'antroposofia, così comportandosi dimostrano di non conoscere affatto il pensiero del Dottore su tale animale e cosa esso rappresenti nell'evoluzione umana.
RispondiEliminaSono convinto che molti dei suoi lettori rimarrebbero scandalizzati se non inorriditi nel conoscere le affermazioni del filosofo/scienziato in questione circa questo nobile animale, se non fratello.
Che sia solamente mitologia l'esistenza del Sagittario?
Il discorso sugli equini, a mio avviso, è talmente vasto che non mi sento in questa sede di affrontarlo, l'unica esternazione che mi permetto è la condivisione dei figli di Albione del loro rapporto con esso.
Per quanto riguarda i macellai, si è mai chiesto come mai nella patria yankee è severamente vietato che facciano parte delle giurie popolari?
Non sapevo che i macellai non potessero fare i giurati. Mi pare che anche in Israele, a dispetto di tutto il male che se ne dice, la casta dei macellatori sia considerata una specie di paria reietti, a meno che non siano rabbini che facciano sacrifici rituali.
EliminaQuanto al mio amico, è innamorato di un asino di nome Rino, che al momento non è presso di lui, avendolo dovuto cedere ad altri antroposofi abitanti a Ferrara. Non ho capito se in futuro andrà a riprenderselo.
Mi ha offerto di lavorare con lui in qualità di stalliere, ma non so se ne ho le capacità.
Ho avuto in passato molte discussioni con Graziano, in quanto nell'agricoltura biodinamica le due colonne portanti dell'azienda sono la mucca e il lombrico, per l'utilità che entrambi tali animali hanno per l'uomo.
Siamo sempre in una visione antropocentrica e per questo forse Steiner non mi è mai stato simpatico (non mi crocifigga, ora, Andretta).
Se le cose invece stanno come lei dice, mi conforta, ma il mio amico insiste sul pragmatismo piuttosto che sull'idealismo utopico di cui io sarei portatore.
Contrariamente a certe "teorie" darwiniane, l'uomo è l'essere più evoluto ed antico che vive materialmente sulla Terra, mi sembra scontato che soffermarsi a parlarne si possa apparire antropocentrici.
EliminaMoltissimi sono coloro a cui Steiner non risulti simpatico e comprensibile, viceversa pochissimi a cui lo sia, io non perdo il sonno per questo, anche perché non ne sono il tutore.
L'asino, come gli altri animali, non necessitano delle cure dell'uomo, è bastante la natura che sovrintende ai loro bisogni ed a questo titolo mi rifaccio nel contestare l'affermazione che la conduzione dei fondi agricoli preveda obbligatoriamente la presenza dei lombrichi e della mucca.
Nell'equilibrio del "creato" è previsto che l'ambiente sia vissuto dagli animali allo stato brado e non che questi siano concentrati in allevamento per fornire carne da macello agli uomini, quindi nell'agricoltura biodinamica giocoforza la presenza dei nostri fratelli minori è naturale, come quella delle piante e dei minerali e non per questo possiamo essere tacciati di sfruttamento.
I regni naturali dovrebbero vivere in armonia ed in equilibrio ed essere d'aiuto gli uni agli altri.
Per quel che riguarda i macellai è come lei sostiene.
Cordialità.