Fonte:
Imola Oggi
Tredici
anni fa, con D’Alema in Italia, Schroeder in Germania, Jospin in Francia e
Blair in Gran Bretagna, abbiamo ammesso la Cina nella World Trade Organization.
La mafia cinese ha fatto dell’Italia il suo quartiere generale. Tutti i
commercianti cinesi devono rifornirsi dalle aziende indicate dalla Triade, la
mafia cinese. Quando una coppia cinese si sposa, la comunità cinese del luogo è
obbligata ad aprirgli un negozio come regalo. La Cina ci fa una spietata guerra
commerciale mentre non veniamo difesi da niente e nessuno. Chi ci guadagna?
Capitalisti, politici e mafiosi.
La
Banca d’Italia è a conoscenza di questo flusso di denaro tra Italia e Pechino,
un flusso continuo di denaro che nulla lascia alle nostre casse pubbliche. I
cinesi sono obbligati a comprare qualsiasi bene da aziende indicate dalla
Triade. Ogni sgarro lo si paga con la vita. Un’economia interna che avanza e
non arresta e che non conosce crisi. Pezzi di economia italiana andata in fumo.
Nessuna forma di razzismo, la popolazione civile cinese è vittima di una
barbara forma di schiavismo: si arriva al sequestro di persona. Impiegati nelle
fabbriche clandestine lavorano in condizioni inaccettabili, malmenati e ridotti
alle catene. Dietro questo fenomeno importanti multinazionali, le stesse che
riescono ad accordare diverse politiche e sistemi di criminalità.
In
Italia hanno distrutto totalmente la produzione e la lavorazione del tessile,
la loro concorrenza unita al potere finanziario ci ha comprati e cacciati da
casa nostra. Dal tessile si sono affermati in ogni altro comparto per noi
strategico, dall’alimentare, ai rifiuti, all’energia alternativa. La Cina non è
più una potenza nascente, ma una potenza affermatasi e un paese che utilizza il
dumping sociale, ambientale, fiscale per guadagnare mercati internazionali, o
minaccia ritorsioni agli Stati che osano sfidare queste pratiche: è un paese
che ci sta facendo una guerra commerciale.
Ogni
anno dall’Italia partono oltre un miliardo di euro diretti in Cina. Una
evasione fiscale che nessuno osa contrastare perché, nel commercio cinese, si
muove una potenza mafiosa che ha saputo crearsi spazi e collaborazioni con le nostre
mafie. Accordi silenziosi. La Triade, la quinta mafia italiana, ci ha
colonizzati, ora si tratta di combatterla. Un fenomeno conosciuto da Pino
Masciari: “migliaia i clandestini cinesi che entrano in Italia dai canali
ufficiali con visti turistici e allo scadere dei due mesi, diventano
clandestini e i loro documenti riciclati per farne passare altri”.
Le mafie cinesi, alleandosi con le mafie
italiane, hanno stretto alleanze strategiche e intrapreso business milionari
nel campo della prostituzione e del gioco d’azzardo, oltre a gestire tutta la
manodopera. Il governo dovrebbe agire concretamente con leggi che regolamentano
sia l’accesso nel nostro paese, sia la possibilità di avviare attività
commerciali, che nel 90% dei casi sono a copertura di attività illegali, da
parte dei cittadini del Sol Levante. Dovrebbe adoperarsi per aiutare le piccole
e medie imprese italiane in difficoltà, invece offre aiuti e sgravi fiscali ai
cittadini di altre nazioni che si insediano sul nostro territorio a scapito della
nostra economia.
Secondo
Paccagnella, presidente di Federcontribuenti: “I nostri 007 lanciano
periodicamente allarmi su questo fenomeno, tuttavia nessun intervento politico
si intravede a breve termine, perché? Anche il Copasir è a conoscenza di
importanti documenti sulla mafia cinese in Italia, perché tanto silenzio?”
Continua
Masciari: “La politica italiana ha permesso che il mercato cinese si
fortificasse con le recenti acquisizioni del 30% di azioni della Eni East
Africa, dell’acquisto della multinazionale produttrice di yacht Ferretti, la
proposta di investire 4 milioni di euro nell’area Ex Falck a Sesto San Giovanni
e la nascita della prima filiale italiana della Industrial and Commercial Bank
of China, il segnale di un settore finanziario che domina anche attraverso un
sistema bancario”.
In
un territorio in cui proliferano le mafie nazionali e in cui il contrasto
giudiziario non è coadiuvato da leggi ancora più severe e prive di scappatoie,
a maggior ragione i sodalizi esteri comportano un serio pericolo di
devastazione economica e di illegalità. E’ necessario captare l’allarme che le
investigazioni della DIA fanno emergere e osteggiare il fenomeno all’origine,
intervenendo con verifiche iniziali circa l’insediamento economico di centri
organizzati dal popolo cinese emigrato, ponendo dei margini che vadano a
tutelare il mercato nazionale innanzitutto e sbarrare con efficacia
immediatamente l’ insediamento di ulteriori organizzazioni criminali.
Se
ciò è avvenuto, come si apprende dalle relazioni investigative, vuol dire che
c’è una criticità su cui occorre intervenire legislativamente ora, prima che
sia troppo tardi. E’ troppo concedere la presenza di “una quinta mafia” nel
nostro piccolo territorio devastato già dal proprio cancro mafioso. Dove andremo
a finire?”
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