giovedì 15 agosto 2013

Un'indecisione foriera d'inconvenienti

 
Fonte: Vox News

Pensava di essere una donna intrappolata nel corpo di un uomo, così ha cambiato sesso. Ma dopo ha iniziato a sentirsi un uomo.
E’ il caso del giornalista della ABC News, Don Ennis. Don, fino allo scorso maggio, passeggiava in redazione  indossando un tubino nero e una parrucca color rame annunciando di essere transessuale e di volere divorziare dalla moglie. Voleva essere chiamato Dawn.
Ma ora dice che dopo due giorni di amnesia ha capito: ”Non sono Dawn, e voglio rivivere la mia vita come Don”.


“Mi è stato evidente ciò, quando durante l’amnesia mi sono tolto il reggiseno –  scoprendo i due motivi per i quali lo indossavo - e mi sono accorto che “quella non ero io.
No, ero ritornato al 1999, ed ero sicuro quanto l’Inferno di essere un uomo. In seguito, fortunatamente, i miei ricordi degli ultimi 14 anni hanno fatto ritorno. Ma quello che non ha prodotto è stata la mia identità come Dawn”.

Il giornalista ha poi proseguito il suo sfogo, annunciando che è in procinto di cambiare nuovamente nome: “Vi scrivo per farvi sapere che sto cambiando il mio nome. . . in Don Ennis. Che sarà di nuovo il mio nome. E sembra sì, che io non sono più transgender, dopo tutto.
Ora sono come ero nel 1999:  completamente, sfacciatamente maschile nella mia mente, nonostante le mie doti fisiche, il rossetto e i seni” , ha proseguito.

L’”uomo” (o, insomma, quel che caspita sarebbe in questa fase della sua esistenza), ha poi spiegato che questa sua nuova “percezione”, non gli impedirà di sposare lo stesso la “causa omosessualista”: “Anche se non voglio più indossare la parrucca o il trucco di nuovo, né mi interessa più mettere le gonne, prometto di rimanere un sostenitore della “diversità” e per la “parità di diritti”, e altre questioni chiave del movimento LGBT, tra cui il matrimonio omosessuale, e altro ancora”.

E certo sarebbe meglio che un certo “disturbo d’identità di genere” rimanesse nel DSM (il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), e non fosse tolto come le lobby gay vorrebbero, col paravento della lotta alla “transfobia”, questa sì, una pseudo patologia inesistente. L’operazione per questi individui non può essere una cura; semmai un palliativo, che spesso si rivela comunque inutile per poter ottenere una vita normale.
Ma è bene tenere a mente che sentirsi di un sesso che non si è, non può essere visto dalla società come “normale”; anche perché nessuno vorrebbe essere nei panni di un Don, che si “risveglia” come un uomo, quando ormai i “tagli” fatti col passato sono già stati troppi.

3 commenti:

  1. Il soggetto del post è la dimostrazione vivente della patologia psichico/morale/spirituale che tali individui vivono. Poveretti!!!

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    1. In quanto tali, la maggior parte delle persone che si credono normali prova per loro antipatia, ma c'è una minoranza di compassionavoli che invece per loro prova empatia.


      Sono come lebbrosi moderni e San Francesco, abbracciandone uno di quelli originali, ha mostrato la via da seguire.

      Sbagliato è colpevolizzarli, disse Maestro Joda.

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    2. Empatia è una parola troppo pesante, sono ammalati e come tali dovrebbero essere trattati, altro che legge sull'omofobia.

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