venerdì 29 novembre 2013

La tana di Jeannette

La conobbi nel dicembre del 2006, durante il mio secondo viaggio in Madagascar. Ancora non sapevo che si chiamasse Jeannette, ma nel contesto in cui si trovava, risaltava come un candido giglio in mezzo a un mare di ortiche marcescenti. Sebbene per i malgasci i cani siano tabù, in quanto sporchi, pericolosi o per altre ataviche motivazioni, lei se ne circondava, ci dormiva assieme nello stesso tugurio, quando i periodici cicloni le permettevano di averne uno. Di modo che, ogni volta che sulla via di Tulear facevo tappa a Fianarantoa, l'andavo a trovare portando cibo per lei e i cani. Anche stavolta è andata cosi' e anche stavolta devo riscontrare la mancata collaborazione da parte della mia compagna di viaggio, quella Ravaotiana che i miei lettori hanno già conosciuto. Solo che le prime volte, quando Tina si manteneva a distanza mentre io ero alle prese con la distribuzione di cibo ai cani e la ressa di altri barboni che osservavano stupiti, mi arrabbiavo come una iena. Ora invece non lascio penetrare in me la rabbia troppo in profondità. So che per Tina cani e barboni sono tabù e che il confine tra la sua identità e la loro è invalicabile. Questione di cultura.


Di fatto, chi fa da sé fa per tre e spezzare eucaristicamente il pane dentro la bacinella tenuta sospesa per evitare che i cani vi ci si fiondino prima che vi abbia versato il latte, richiede doti di equilibrio e manualità non da poco. Il tutto mentre i passanti si fermano a guardare, mendicanti grandi e piccoli piatiscono pane e latte e Tina si tiene lontano vergognandosi di me, un VAZAHA del tutto fuori di testa.
Posso capire che per gli astanti, che non hanno mai messo il naso fuori da Fianarantsoa e che in tivù, quelli che ce l'hanno, vedono solo programmi spazzatura, la scena sia inverosimile, ma Tina è già stata in Italia. Ha visto come sono trattati i cani da noi e soprattutto sa quanto siano importanti per me. E tuttavia, se Jeannette mi stringe la mano e mi offre la guarcia tre volte, da una parte, dall'altra e poi ancora, alla maniera dei francesi, e io accondiscendo a questo saluto, Tina si arrabbia perché mi sono sporcato la faccia dei virus e della sporcizia della povera barbona. E mi obbliga ad andare a lavarmi. Non vuole nemmeno che la tocchi con la mano che ha stretto quella di Jeannette. Io, questo, lo chiamo razzismo. Il messaggio cristiano di fratellanza non ha attecchito in lei, come in nessun altro malgascio. 
Se Tina riesce perfino a giocare con Pupetta, quando è in Italia, in Madagascar ritrova del tutto intatti  i suoi tabù. Purtroppo per noi, a mostrarsi affezionata ai cani è una barbona, che spesso e volentieri vegeta in stato di ubriachezza. Potrebbe anche essere schizofrenica, per quel che ne so, poiché mi è anche capitato di trovare Jeannette mentre scagliava pietre contro l'ingresso di un hotel. Inutile dire che, in quello e in simili casi, non interviene la polizia e meno che mai le assistenti sociali, che probabilmente in Madagascar neanche esistono. I poveri sono lasciati completamente a se stessi, nel bene e nel male. 
Discorso diverso sarebbe se a mostrarsi affezionati ai cani fossero personaggi pubblici come il presidente della repubblica Andrj Rajoelina, ma questo probabilmente significherebbe per essi una perdita d'immagine e consenso politico. I nostri, in Italia, da Berlusconi a Monti, lo fanno accarezzando in tivù il cagnetto di famiglia, ma è per intenti demagogici, ovvero per una specie di captatio benevolentiae.
Che Jeannette si circondi di cani e dorma con loro nella stessa capanna di teli di nylon, ai miei occhi è una benemerenza; a quelli dei malgasci una manifestazione di pazzia. Sperare che le suore cattoliche, i preti protestanti, il governo malgascio, il Programma Alimentare Mondiale, l'UNICEF e perfino i leggendari "Peace Corps", di cui ho visto un macchinone girare l'altro giorno proprio a Fianarantsoa, risolvano il problema dei mendicanti è pura illusione. I laici se ne fregano, le agenzie umanitarie ci campano e i religiosi non so, ma in tutti i casi nessuno farà mai niente e la legge della giungla continuerà a dominare imperterrita, qui e altrove. Io continuero' a fornire quel poco che potro' a Jeannette e ai suoi cani, finché morte non ci separi. Sognando un mondo migliore. 

7 commenti:

  1. Anche nel nostro "civile" occidente chi si prodiga per gli infelici e i deboli (alludo agli animali) ,
    viene preso non dico per pazzo, ma per una persona eccentrica,
    fuori dal coro, eccessiva , esagerata,
    o le si imputa di non avere meglio a cui pensare.
    Da anni ho fatto il callo ormai a sentirmi dare della persona "out" per certe mie scelte, per certi miei stili di vita,
    quindi non mi meraviglio che in un paese come il Madagascar ( o altri),
    si consideri insano di mente chi accudisce cani randagi,
    visto il loro background socio-culturale, nonché il tessuto religioso
    fatto di sacrifici, riti propiziatori, e quant'altro..
    Quello che invece mi meraviglia è come Roberto continui a trovare interessanti i suoi viaggi in una terra che sarà anche bellissima, affascinante, non lo dubito,
    ma che mal si concilia con le battaglie che ha fatto per gli animali.
    Ma l'animo e la psiche umana sono strampalati,
    inspiegabili,
    insondabili.
    Sto cercando di immaginare me, per fare un esempio,
    nell'atto di magnificare la Cina e i suoi abitanti,
    e mi riesce MOLTO difficile vedermi in una situazione del genere.
    Sarebbe come se io domani dovessi iscrivermi al circolo della caccia.
    Simon.

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    1. Capisco le tue perplessità, ma la questione di fondo è: come vogliamo vivere la nostra vita?
      Chiusi in un bozzolo ovattato o buttare il cuore oltre l'ostacolo?
      Io, da bravo alpino, ho scelto la seconda opzione.

      E' meglio "friggere" come dicevano i mitici Maurizio Roversi e Susy Blady, di "Turisti per caso".

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    2. Dal vivere in un bozzolo a visitare posti che LEI definisce un inferno (non io) ce ne corre.
      Una risposta che è una non risposta, la sua.
      E La signora che lei cita, Tina, in terra italica non ha problemi ad accarezzare un cane, forse perché quel cane appartiene al Duria,
      ma nel suo patrio suolo, in terra malgascia, si ricorda che non deve e non può, a causa delle credenze locali che albergano in lei.
      In sostanza, l'occhio vigile degli stregoni e delle entità spiritiche a cui deve render conto in terra di Madagascar, e che teme,
      quando si trova in altro loco, la signora pensa che non la vedano.
      Simon.

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  2. Che bello Roberto! Sto leggendo proprio ora il triestino Saba Sardi, che afferma che chi infrange i tabù...si pone al di fuori di ogni ordine costituito... Da noi i tabù si sono trasformati in leggi... Però questo significa che porsi al di fuori dell'ordine costituito equivale all'emarginazione, necessariamente... g

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    1. Saba?

      Triestino?


      Ahi, ahi, ahi, Billy, ti stai buttando in mano al......nemico!

      :-)

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    2. Non so, non credo sia parente di Umberto Saba. Questo Saba Sardi invece è stato scomunicato, ed ha girato il mondo studiando le culture di popoli selvaggi, come e più dei malgasci! ;) g

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  3. Ciao Roberto,
    sono contento che Jeannette sia ancora viva! E in compagnia dei suoi cani! La salutavo sempre, ogni mese, nei tre anni che sono stato in Madagascar!

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