mercoledì 11 dicembre 2013

Viaggio al termine della botte

Rolf, lo svizzero che guidava l'unica FIAT Panda di tutta Tulear, è morto all'età di 45 anni per una forma grave di cirrosi epatica. Eppure, soldi non gli mancavano e stava con una bella ragazza malgascia dai capelli ricci. Tsiazo, il conduttore di pousse pousse con cui Tina litigo' qualche anno fa perché aveva fatto cadere la valigia, che aveva riportato la rottura della maniglia, è morto pochi giorni fa all'età di 60 anni per aver fumato troppa Jamala, una droga che si ricava da una pianta diversa dalla Cannabis. Eppure, faceva la stessa vita miserabile di migliaia di altri conduttori di pousse pousse, di etnia Antandroy. Già da anni mi capita di vedere sia uomini che donne camminare verso casa barcollando, quasi sempre accompagnati da un ragazzo della famiglia, che indirizza i loro passi. La bevanda maggiormente usata allo scopo di inebriarsi, atto che rientra nelle loro tradizioni, è il toakagasy, il rhum di canna da zucchero di fabbricazione artigianale. Quando possono permetterselo, hanno a disposizione anche il rhum Dzasa Club, fabbricato industrialmente nella capitale. Ce n'è di due tipi, bianco e rosso, a seconda dei coloranti. Per quelli ancora più ricchi, ci sono gli alcolici d'importazione, soprattutto dalla Francia. Ma non manca il whisky, naturalmente. 


La fabbricazione artigianale del toakagasy merita ulteriori dettagli. Si prendono i barili classici del petrolio, li si riempie di fusti di canna da zucchero spezzettati, si versa acqua e si chiude con un coperchio fatto di segatura e sterco di zebù, l'unico animale che in Madagascar gode di un certo rispetto, e si lascia fermentare per una settimana. Durante la quale, lentamente, il rhum uscirà da una cannuccia goccia a goccia - una specie di drenaggio - e come filtro si usa un batuffolo di cotone. Il toakagasy è cosi' forte che all'ospedale lo usano per disinfettare al posto dell'alcol. Trattandosi di metanolo puro, l'organo bersaglio sono gli occhi e i vecchi malgasci sono tutti ciechi.
Il 2 dicembre scorso siamo arrivati a Besely Nord, il villaggio nella brousse dove Tina è nata trent'anni fa. Il patriarca della famiglia, Fanolihany, dà il buon esempio ed è ubriaco tutti i giorni, tranne quelli nei quali non è riuscito a procurarsi il rhum o la birra. A Besely nord, se potessero, anche i cani si ubriacherebbero e la sensazione di degrado sociale mi ha accompagnato per tutti i quattro giorni della mia permanenza in loco. La domanda che mi sono posto all'inizio è: perché lo fanno? Poteva essere perché vedono - di rado - i turisti bianchi ricchi e confrontano la loro vita miserabile con quella dei viaggiatori, supponevo.
E invece no. Mi è stato spiegato che per i malgasci ubriacarsi fa parte della loro cultura e lo facevano anche prima che i bianchi si spingessero alle loro latitudini. Tanto è vero che il primo sorso, versato a terra appena aperta una bottiglia, è per Zanahary, la divinità suprema che contende il pantheon degli Dei al povero Jesosy crocifisso - e arrivato per ultimo.

Al nonno Fanolihany abbiamo portato 75 chili di riso, svariati Kg di fagioli secchi, tabacco da masticare e vestiti per la famiglia. Molto gradita è stata la giacca che a me andava troppo stretta e che ha incontrato qualche difficoltà a essere indossata. Non è solo perché al mattino fa freschetto, anche nella boscaglia tropicale, ma anche come simbolo di autorità. Fanolihany è, infatti, capo villaggio e quando verrà la sua ora, di presentarsi al cospetto di Zanahary e di diventare razana (antenato) verrà sostituito da un anziano che è già stato nominato. Non si è mai vista una donna diventare capo villaggio e anche questa è tradizione.
Il primo giorno della mia permanenza, seduti sulla sabbia sotto un tamarindo, insieme a decine di bambini curiosi, un ragazzo di 23 anni di nome Toetra si è mostrato in una squallida esibizione di sé, bevendo reiteratamente rhum bianco. La sua "rabbia" nasce dal fatto che Korety, una cugina di Tina ventunenne che ha dato a Toetra due bambini, non vuole più tornare con lui, essendo già avvenuta la separazione ed avendo il giovanotto sposato una seconda ragazza. Toetra probabilmente vuole emulare il padre che ha tre mogli e un numero svariato di figli. In ogni caso, quello è il suo modello culturale. Nella brousse, più sono benestanti e più si moltiplicano. Il record credo spetti al preside delle locali scuole medie che ha sei mogli e una trentina di figli, sparsi nei vari villaggi, anche se il conteggio esatto non è mai stato tenuto.
Il giorno dopo Toetra era di nuovo ubriaco e con il lefo ha colpito la porta della capanna di Korety, asserragliata all'interno. Un adulto della famiglia ha preso con la forza l'importuno e l'ha riportato a sua madre. E questo è solo uno spaccato della vita quotidiana nella brousse e sembra che le donne, a questa sceneggiata, siano abituate e la diano per scontata. Secoli di sudditanza hanno portato a cio', presumo.

Il viaggio con il camion-brousse, per arrivare a Besely Nord, meriterebbe un articolo a se stante. Diro' solo che nonostante avessimo viaggiato in cabina alle spalle dell'autista, eravamo entrambi anchilosati, io e Tina, non sapendo dove mettere le gambe, poiché dietro c'era anche un altro passeggero e il secondo autista. I passeggeri normali, cha hanno pagato meno della metà di noi, se la vedono anche peggio, seduti stretti e sballottati come panni nella lavatrice. Per non parlare dei polli starnazzanti. E delle capre sul tetto.

Invece, poiché a Besely Nord, come in tutta la brousse, non ci sono servizi igienici, mi corre l'obbligo di raccontare un brutto scherzo che due giovani parenti di Tina mi hanno giocato.
Capita raramente che a Besely Nord arrivi un vazaha e i due delinquentelli hanno pensato bene di seguirmi nella foresta spinosa dove cercavo un po' di privacy per svolgere normali funzioni fisiologiche. Il mio obiettivo era il mare, comunque, e volevo prendere due piccioni con una fava. Uno dei due, armato di lefo, fece un salto di lato per nascondersi dietro un cespuglio, mentre io stavo arrivando, percorrendo il sentiero sabbioso che conduceva al mare. Vedendolo da una cinquantina di metri nascondersi al mio arrivo mi sono preso uno spavento bestiale, poiché Tina mi aveva scongiurato di non andare da solo nella foresta, frequentata, a suo dire, dai banditi. Caparbio come sono, non le avevo dato retta.
Visto realizzarsi il paventato pericolo, ho messo la ali ai piedi e sono scappato come una lepre in direzione del villaggio, per quanto la sabbia mi permettesse di correre. Solo che invece di arrivare al villaggio, con la paura di essere raggiunto dai due delinquenti, sono arrivato al mare. Ho visto da lontano delle figure umane che pescavano sulla riva. Con le ultime forze ho corso verso di loro ma erano solo bambini. Ai miei richiami si sono spaventati e sono scappati lungo gli scogli verso un adulto. Allora ho capito che forse sarebbe stato meglio deporre il lungo bastone che nel frattempo mi ero caricato in spalla. All'adulto ho chiesto di accompagnarmi al villaggio, spiegando la paura che avevo dei due banditi maldestri (esistono anche banditi maldestri, immagino). Alla fine, una squadra di preadolescenti mi ha riportato all'ovile, ricevendo in cambio bon bon, magliette e una piccola mancia. 
Colpo di scena finale, seduto sotto il tamarindo a raccontare la mia disavventura, ecco che arrivano i due banditi. Ne ho riconosciuto uno dalla maglietta gialla. Avevano anche il lefo che mi aveva tratto in inganno, insieme al loro furtivo atteggiamento. Non mi sono arrabbiato, benché ne avessi tutte le ragioni e i due fessacchiotti non sembravano neanche avere cognizione del tiro che mi avevano giocato. Anzi, il giorno dopo raccontavano la cosa con un tono di voce come se mi prendessero in giro. Della serie: "cornuto e mazziato". Prenderli a calci in culo sarebbe stato sacrosanto, per fargli capire di non seguire i vazaha che se ne vanno da soli nella boscaglia, in cerca di tartarughe.
Non è il caso di arrabbiarsi, comunque, più di tanto. Nessuno si è fatto male, a parte l'infarto che mi sarebbe potuto venire nella folle corsa verso la "salvezza".
Per loro, Mbahosolo e Farazaza, c'è un futuro di alcolisti della brousse, neanche tanto anonimi. Nessuna soddisfazione da parte mia. Solo tanta tristezza. Vivono nel Paradiso e non lo sanno.
  

5 commenti:

  1. Si potrebbe dire che il mondo è bello perché è vario.
    Ma anche che forse non è poi particolarmente "bello".
    ..... Vivono nel paradiso e non lo sanno.. ...

    Buon ritorno a casa. Ciao.

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    1. Grazie Gianni! L'essere umano per me sta diventando sempre più enigmatico.

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  2. Grazie Roberto, è un piacere (ogni morte di papa o forse la prima volta che mi capita!) leggere una tua storia dove non si parli di animali maltrattati o sterminati. Non perchè non sia giusto e necessario occuparsi di loro, ma perchè la tua omissione forse sta a significare che ti stai finalmente rilassando più del solito, senza metterti ogni secondo sulla graticola al pensiero dei nostri fratelli più deboli. A presto!

    Vittorio

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  3. Che ridere la fuga nella foresta.... lo sai cosa consiglia Tiziano Terzani di fronte al pericolo? Di farsi una bella risata... perché sconcerta la situazione... così lui ha reagito in Cambogia con una pistola o fucile puntati contro, e l'altro ha abbassato l'arma.....
    Non per niente c'è il detto "Una risata ci salverà".
    Qui ce ne stiamo facendo tante di risate... c'è da sbellicarsi dalle risate politicamente parlando.... certo sarebbe meglio ridere nelle spiagge del Madagascar... anche l'ambiente è importante... però penso che in Italia tra un po cominceremo a ridere così a crepapelle che sentiranno le risate in tutti gli angoli del pianeta.... e forse fisica quantistica permettendo anche in qualche universo parallelo...

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    1. Io sapevo quella di.......una risata vi seppellirà.


      Ma io ho un passato politicizzato.

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