Testo
di Laura Barachini
Ho
appreso dai mezzi d'informazione che Lunedì 21 Aprile si svolgerà a Bidonì, la
16a Sagra de s'anzone, che io che non sono della vostra terra chiamo agnello.
Ho
letto sul programma che si terrà un pranzo allietato da animazione e
intrattenimento musicale. Sul programma è specificato che “Nella pineta si
possono fare lunghe passeggiate a piedi, oppure in riva a lago, per i più
fortunati si potranno vedere pure elementi di fauna selvatica come il daino”.
Fa piacere notare una particolare attenzione per la fauna selvatica ma io che
sono orgogliosamente antispecista mi chiedo il perché di tanta crudeltà nei
confronti dell’agnello che, sfortuna sua, non appartiene alla fauna selvatica
che amate.
Immagino che la risposta stia nel fatto che l'agnello è un
importante “prodotto” della tradizione pastorale sarda e rappresenta una
considerevole risorsa economica della Sardegna, che lo tutela con il marchio
IGP agnello di Sardegna.
Ho visto la foto in allegato che si riferisce alla
sagra del 2013 e credo che, tra tutte le foto che circolano in rete nel periodo
pasquale con lo scopo di sensibilizzare alla strage degli agnelli, quella sia
una delle peggiori. Chi celebra religiosamente la Pasqua, dovrebbe sapere che
essa rappresenta la Resurrezione, quindi una nuova vita ma quella foto è un
crudele cerchio della morte. Gli agnelli che sacrificate sono cuccioli
programmati sistematicamente a morire. La loro macellazione è straziante, non
solo a vedersi ma anche ad ascoltarsi.
Il poeta Salvatore Quasimodo, nella
poesia “Alle fronde dei salici”, per indicare il pianto dei bambini, scrive “il
lamento d’agnello dei fanciulli” e ha ragione perché il pianto dei bambini e
degli agnelli è molto simile e non dimentichiamo che entrambi sono cuccioli:
gli uni umani, gli altri non umani.
Capisco che la vostra cultura di massacro
dei cuccioli sia molto radicata perché riservate la stessa sorte ai maialini,
anche in quel caso in nome di un’inaccettabile tradizione gastronomica, ma
bisognerebbe iniziare a pensare di invertire la tendenza. Quello che per voi è
cibo tipico, pregiato, tutelato, in realtà è una vita che ha diritto di vivere.
L’economia della Sardegna non dovrebbe reggersi sulla morte degli agnelli e se
anche così fosse, un bravo imprenditore che avesse un profondo senso etico,
saprebbe come convertire la sua produzione.
Produrre non deve significare
votarsi al massacro. E la gastronomia può prendere innumerevoli strade che non
conducano a quell’inguardabile cerchio di morte.
Ho visto che la sagra è
patrocinata dalle istituzioni. Mi auguro che presto le istituzioni sarde
inizino un percorso di riflessione su certe scelte alimentari e mi auguro che
il Sindaco di Bidonì, Silvio Manca, il Presidente della Provincia di Oristano,
Massimiliano de Seneen, il Presidente della Regione Autonoma Sardegna, Francesco
Pigliaru, in futuro indirizzino le istituzioni che guidano a scelte etiche in
difesa di ogni forma di vita umana e non umana.
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