venerdì 29 agosto 2014

Il vazaha medio



E’ stato proprio lì, presso il chiosco di Madame Mboho, che nel dicembre scorso scambiai qualche parola con un italiano sceso dal fuoristrada per comprare qualcosa, venendo a sapere che era ligure ed era venuto in Madagascar con un amico per praticare la pesca subacquea. Le bombole, le pinne, le maschere e i fucili da pesca che spuntavano dalla vettura avvalorarono le sue parole. Quando se ne andò, gli dissi sorridendo: “Non posso augurarvi buona pesca, ma posso augurarvi buon viaggio”. E’ stato sempre lì che ho conosciuto Pierre, il francese che insieme alla sua guida mi chiese dove potesse comprare della carne ed io, benché animalista, lo condussi al mercato dove abitualmente c’è il banco del macellaio. Poi ritornai indietro e dopo un po’ vidi tornare anche lui davanti al chiosco di Madame Mboho, insieme alla guida che reggeva per le zampe una gallina. Se prima ero stato ben disposto nei suoi confronti, poi non devo aver avuto un’espressione molto amichevole, considerato che permetteva al suo accompagnatore di maltrattare quel povero pollo come fanno abitualmente tutti i malgasci. Qui lo vediamo con me in una foto ricordo scattata da Tina il 21 agosto scorso.


Non solo Monsieur Pierre si è trovato bene in Madagascar, non trovando nulla da eccepire sulle abitudini alimentari degli indigeni, ma ho scoperto che anche lui pratica la pesca subacquea e, novità assoluta, si è fidanzato con la titolare del chiosco e ha intenzione di fare fomba con lei, cioè una specie di matrimonio della brousse non riconosciuto dalla legge ma dalle consuetudini. Ciò comporterà l’uccisione di uno zebù e molti vazaha lo fanno con le ragazze del posto, assaporando quello che per loro è il fascino dell’esotico. Madame Mboho, un’ex mokorele sulla quarantina, nonché già nonna, è ancora una donna piacente. Cercava un vazaha con cui fidanzarsi già nel dicembre scorso, quando l’ho conosciuta e per tale ragione io e Tina le avevamo fatto vedere la foto di quel mio compaesano che di lì a poco sarebbe venuto in Madagascar e che avrebbe dovuto essere il primo cliente di Tina. Il rapporto di lavoro, però, come ho già illustrato, si è interrotto in pochi giorni, vuoi per la poca pazienza di Tina nelle vesti di guida turistica, vuoi per i “capricci” del mio compaesano incapace di adattarsi agli inevitabili disagi delle strutture alberghiere del Madagascar. Fatto sta che nel giro di sei mesi Madame Mboho ha trovato ciò che cercava e penso che anche Pierre avrà, con lei, la sua fetta di felicità. Quando non va sott’acqua a caccia di pesci.

Una famigliola interessante ha fatto la sua comparsa negli stessi giorni a Itampolo. Sono lo spagnolo Ruben (in foto), sua moglie francese Amelie e i loro tre figli Oskar, Angel e Ioachim. Ho incontrato prima il capo famiglia, nei pressi del mercato, e dopo pochi minuti sua moglie e il primogenito Oskar, davanti all’ormai famoso chiosco di Madame Mboho. Di tutti questi vazaha finora descritti, il tredicenne Oskar merita senz’altro di essere menzionato, giacché sua madre mi ha detto che era vegetariano, di quei vegetariani, però, che mangiano pesce e frutti di mare. Tuttavia, il ragazzo ha anche aggiunto che piano piano smetterà di mangiare organismi marini e più avanti chissà forse anche cibi di origine animale come latte, uova e formaggio.

Qui lo vediamo insieme a sua madre, presso il negozietto di Mboho. Con una certa timidezza nella voce, Oskar ha espresso il suo parere in merito alle sue scelte alimentari etiche. Sua madre, insegnante in una scuola materna di Antananarivo, lo asseconda benignamente, come dovrebbe fare qualsiasi genitore di ampie vedute. Il padre Ruben, che si dichiara coltivatore, se non ho capito male si occupa di commerciare riso e per questa ragione si sposta spesso dalla capitale. Ha però ammesso che la fonte di reddito principale è sua moglie insegnante. Da un anno e mezzo vivono in Madagascar e in quei giorni si concedevano una vacanza a Itampolo grazie alla generosità di una vicina di casa, nonché amica, di Tanà, che aveva dato loro le chiavi della sua casa delle vacanze. Incontrata Amelie il giorno dopo, comunicando in diverse lingue, francese, spagnolo, malgascio e anche un po’ d’italiano, la donna mi ha detto di essere favorevole alla corrida, che si tiene anche al di qua dei Pirenei, in un villaggio francese. Le ho detto che alcuni miei amici sono andati a una dimostrazione contro la corrida, ma lei ha insistito dicendo che i tori vengono rispettati e godono di benessere e libertà finché non vengono fatti entrare nell’arena. Ha aggiunto che a lei danno più fastidio le mucche macellate con l’elettricità, dopo una vita passata negli allevamenti intensivi. Non so come diavolo macellino le mucche in Spagna, ma le sue obiezioni sono le solite, classiche e standardizzate che chiunque non animalista esprime quando si tratta di violenza sugli animali. Ci sono schemi mentali che si ripresentano tutti uguali, per lo meno in Occidente. Alla fine, con un tono tutto sommato amichevole, la donna ha concluso che quella che io le esprimevo era la mia “vision” delle cose e che nessuno dei due avrebbe convinto l’altro. Anch’io ho lasciato perdere, sconsolato.

L’unica nota positiva, insieme alla buona volontà del primogenito Oskar di diventare vegano, è che la famigliola in vacanza si era portata dietro Nanù, un cagnetto meticcio speditogli dalla Francia, di circa nove anni, che Angel, il secondogenito, portava ogni giorno a spasso sulla spiaggia, sempre seguito da un codazzo di bambini malgasci. Del resto, avendo frequentato le scuole in Madagascar, sia Oskar che i suoi due fratelli parlano un po’ di dialetto Merina e riescono a fare amicizia con i bambini Mahafaly di Itampolo. I tre fratellini, venerdì 22 agosto, sono venuti al Sud Sud a vedere le foto che ho in memoria nel computer e per loro è stato se non istruttivo almeno un diversivo dalle solite passeggiate sulla spiaggia. La Coca Cola che ho offerto loro è stata sicuramente apprezzata, almeno quanto le fotografie. A Nanù, di 7 chilogrammi, che ha viaggiato nella stiva di un aereo Air France, prima della partenza è stata fatta inghiottire una pastiglietta di sonnifero, che lo ha fatto dormire otto ore. Penso alla mia Pupetta, di 12 chili, e a cosa proverebbe svegliandosi nel ventre metallico di un 777. Non credo che la sottoporrò mai a un simile stress.

Insomma, per concludere questo spaccato di incontri fra stranieri, verificatosi in alcuni precisi giorni di fine agosto, devo rilevare che, contando anche i due liguri del dicembre scorso, il vazaha medio viene in Madagascar per fare pesca subacquea, mangia tranquillamente carne di zebù, pollame portato per le zampe, aragoste uccise con la fiocina come fa ogni giorno Dongary, pesce pescato dai Vezo con le piroghe, usando le zanzariere regalate dalla associazioni umanitarie a mo’ di reti, frutti di mare e ricci col limone e, se proveniente dalla Spagna o da Montpellier, è anche favorevole a quella barbarie chiamata corrida. Resta tuttavia, di rado, la piacevole sorpresa d’incontrare qualche vegetariano ed è come un momentaneo refrigerio nella fornace infuocata della cattiveria umana, per dirla alla Ceronetti, ma, trattandosi di minoranza, in un’eventuale analisi del vazaha medio, purtroppo non fa testo.

2 commenti:

  1. non offra Coca Cola ai ragazzini... diventi una persona consapevole non solo per le altre razze animaili, ma faccia anche il bene per la razza a cui appartiene:

    https://www.youtube.com/watch?v=d_cponlppO0

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    1. Vero! Ma quando non ci sono altre bibite analcoliche come si fa?

      Forse, se si vuole una cosa, si trova una strada, ma se non si vuole si trova un pretesto (proverbio africano).

      Cerco sempre di essere gentile con i bambini. Deformazione professionale.

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