mercoledì 15 ottobre 2014

Proteggi il popolo!



Martedì sera hanno ridato Avatar su Canale 5. A nessuno sfugge l’analogia con le guerre indiane della fine del Diciannovesimo secolo nel nord America. In entrambi i casi popoli primitivi combattono contro un nemico tecnologicamente superiore, giunto nelle loro terre per accaparrarsi minerali preziosi. Come sulle Black Hills c’era l’oro, su Pandora c’è l’unobtainium. Il capo degli Omaticaya, prima di morire, dice alla figlia, che si era legata di profonda amicizia con il marine mandato dai terrestri invasori in qualità di spia: “Proteggi il popolo!”, esattamente quello che Alce Nero, nelle vesti di sciamano, avrebbe voluto fare ma non ci riuscì, alla fine dell’Ottocento. Nella realtà imperialista e coloniale, i selvaggi soccombono, nel film ottengono la vittoria, come ci si aspetta da un finale in cui, di regola, vincono i buoni. Un’altra forte analogia tra indiani d’America e Omaticaya è il rispetto olistico per tutte le creature, sulle spoglie delle quali vengono recitate formule di scusa per la loro uccisione, come facevano gli indiani dopo aver ucciso bisonti e cervi e come fanno gli Omaticaya quando vanno a caccia. 


Nel libro "Alce Nero Parla" viene descritto il sacrificio del cane, in cui un cagnetto viene ucciso e ne viene cucinata la testa insieme alla spina dorsale. Questo dovrebbe rendermi i Sioux sufficientemente odiosi, se non fosse che di sacrifici animali se ne trovano in tutte le culture e in tutti i secoli passati, considerando che il comportamento affatto cinofilo degli indiani d’America è poca cosa rispetto al più vasto sfruttamento messo in opera dai cosiddetti bianchi civilizzati. Preferisco puntare quindi la mia attenzione sullo sforzo fatto da tribù arcaiche nel tentativo di difendersi dagli invasori. E preferisco anche chiedermi come mai, dopo che per decenni la filmografia hollywoodiana ci presentava manicheisticamente i bianchi come buoni e gli indiani come cattivi, a partire dagli anni Settanta, di punto in bianco, Hollywood cominciò a sfornare film di segno opposto, il primo dei quali fu “Soldato blu”, a cui seguirono “Un uomo chiamato cavallo”, “Corvo rosso non avrai il mio scalpo” e l’indimenticabile Dustin Hoffman in “Piccolo grande uomo”. Tutti usciti nel 1970, tranne Corvo rosso che è del 1972.

Se esiste una regia occulta che governa il mondo e se tale regia ha un’agenda da implementare, tale agenda lavora sul lungo periodo e forse il cambiamento di rotta degli anni Settanta serviva a spianare la strada agli arruolamenti di immigrati di seconda e terza generazione, che pare si stiano recando in Siria e Iraq per entrare a far parte dei famosi tagliatori di teste dello Stato Islamico. Il filo rosso che lega il cambiamento di atteggiamento verso gli indiani ai giovani musulmani europei che lasciano la famiglia per arruolarsi nell’ISIS è costituito dall’impulso a proteggere il popolo, cioè a combattere gli imperialisti yankee che hanno messo le mani sul petrolio del Medio Oriente. Sempre c’è una base economica dietro le invasioni di territorio altrui. Non potendo più combattere a fianco dei Sioux, centinaia di giovani musulmani nati e cresciuti in Europa vanno a combattere a fianco dei cosiddetti terroristi, senza tener conto del fatto che tali mostruosi tagliagole sono un portato di quegli stessi imperialisti che vogliono combattere. E’ successa la stessa cosa con le Brigate Rosse, ampiamente infiltrate e manovrate dai servizi segreti occidentali, ma che attirarono nelle loro fila giovani rivoluzionari o presunti tali, come il mio compaesano Cesare Di Lenarda che è tuttora in prigione.

Premesso che l’istinto predatorio basato sull’accaparramento di risorse altrui non è prerogativa degli anglosassoni, giacché secoli prima lo avevano fatto anche gli spagnoli e i portoghesi in America del sud, l’imperativo di proteggere il popolo è sicuramente nobile e di tutto rispetto. Tanto è vero che Adriano Sofri ne parlava a proposito di coloro che nel luglio del 2001 andarono a Genova a protestare contro il G8. Anch’io vi andai e devo riconoscere che mi sono riconosciuto in quanto detto dal Sofri. Se non si andava ci si sentiva vigliacchi, esattamente come nell’Addio del volontario toscano, cantata probabilmente nel 1848 durante le guerre d’Indipendenza. Se nei nostri libri di storia, l’aver cacciato gli austriaci dal suolo patrio fu azione meritoria, non possiamo escludere che nei testi scolastici del prossimo futuro, fatti studiare agli studenti musulmani insieme al Corano, si parlerà bene dell’ISIS, a dispetto della sua natura ambigua e dell’orrore delle teste mozzate, che però per gli arabi non sono orribili come per gli indiani d’America non era orribile togliere lo scalpo ai nemici.

Nel film Avatar non ci sono efferatezze da parte dei Na’vi nei confronti dei Marines, ma solo combattimenti eroici tra archi e frecce da una parte e cannoni di ultima generazione dall'altra. Le scene di battagia hanno indubbiamente un connotato romantico e spingono i telespettatori a parteggiare per i più deboli, che poi, per una repentina giravolta della sorte, quasi un colpo di scena, riescono a sconfiggere i cattivi militari americani.

Per noi occidentali, il fascino dei tagliatori di teste è inesistente, ma non posso escludere che se fossi musulmano figlio di musulmani e fossi nato e cresciuto in Francia o Inghilterra, non potrei sorvolare su tali macabri dettagli e sentirmi fortemente spinto ad andare a combattere contro gli americani. In fondo, i collaborazionisti sono sempre stati passati per le armi e poco cambia che li si impicchi, li si fucili o gli si tagli la testa, com’è nella cultura beduina del Vicino Oriente. Ciò che sconvolge noi bianchi è il fatto che ai prigionieri non venga risparmiata la vita, come prevede la Convenzione di Ginevra, e che siano gli stessi miliziani ad incaricarsi di decapitare i prigionieri, bianchi, pochi, ma soprattutto arabi di confessione religiosa diversa o ammanicati con il nemico. Del resto, l’abitudine a macellare capre, pecore e dromedari li facilita nell’odioso compito.

Esaurito il filone indiani e passato di moda il Vietnam, dopo qualche film sulla Guerra del Golfo, non resta che la fantascienza, dove registi e sceneggiatori possono dare libero sfogo alla loro fantasia, ma sempre rispettando precisi stereotipi: i buoni (il Buon Selvaggio di Rousseau) sono i na(ti)vi e i cattivi sono i bianchi caucasici. Dopo settant’anni di sensi di colpa instillati nei tedeschi, presunti autori dell'Olocausto, ecco che ora è il momento di suscitare sensi di colpa negli europei e negli statunitensi, in vista dell’instaurazione del NWO. L’agenda lungimirante della Massoneria prevede la fine degli stati nazionali, la fine dell’Europa destinata a diventare un “melting pot” di etnie miste e indistinguibili, in una sorta di meticciamento atto a fornire manodopera sottomessa. La sensazione di benessere alla fine di Avatar, con i prigionieri che vengono rimandati sulla Terra, invece di decapitarli come avviene nella realtà, è illusoria. A vincere saranno gli Illuminati con la loro agenda. L’invasione di africani continua. La paura in Europa per virus artefatti viene incrementata e alla fine ci ritroveremo a chiedere l’instaurazione del governo mondiale, perché ogni altra soluzione ci verrà occultata. Avatar è un bel film, che ha incassato 3 miliardi di dollari, ma è anche un messaggio neanche tanto subliminale a chi ha occhi e orecchi per intendere. 

2 commenti:

  1. Qualcuno ritiene che Pandora potrebbe simboleggiare la Terra aggredita da una razza aggressiva e violenta... potrebbe essere appunto così... un'aggressione iniziata da lontano i cui effetti si stanno vedendo appunto oggi...

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    1. La lotta per l'esistenza esiste su questo pianeta da milioni d'anni, ma solo da poco la nostra specie si è dotata di strumenti atti a distruggere alla radice gli equilibri naturali.

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