Fonte: Huffingtonpost
E così poco tempo fa
apprendiamo che "almeno" 10.000
minorenni migranti sono scomparsi dopo essere arrivati in Europa.
Scomparsi: di loro si sa quando hanno superato le nostre frontiere,
in seguito sono svaniti nel nulla. Diecimila: un esercito. Non
sappiamo dove siano, con chi siano, come riescano a sopravvivere in
Europa. Possiamo supporre che alcuni siano finiti nelle maglie del
mercato della pedofilia; altri nella schiavitù di certi lavori in
capannoni, cantieri o campi; qualcuno, lo attestano alcune
organizzazioni, diviene vittima dell'odioso traffico di organi; altri
ancora si nascondono contando sulle proprie forze e vagheranno nelle
nostre strade vivendo di espedienti. Alcuni nel frattempo saranno
morti. Tutti saranno bambini e ragazzi disperati, altro che il sogno
di un'Europa che manco sa dove siano finiti. Viviamo in una società
dove siamo tutti controllati e schedati, ma 10.000 minorenni
arrivano, vengono registrati e poi se ne perdono le tracce. Quanto
all'Europol, con la sua autorevolezza ha denunciato il fenomeno, ma
finora non è stata in grado di indicare come risolvere il problema.
In buona parte le risposte, in questa Europa che delega ai governi,
spettano appunto ai governi, che sembrano avere altre preoccupazioni.
Tre conclusioni. La
prima è che se dei ragazzini finiscono nei coni d'ombra dei nostri
sistemi informativi, questo accadrà anche a dei terroristi, e allora
dimentichiamoci ogni senso sicurezza collettivo. La seconda è che un
tale pasticcio è una delle ennesime falle di un sistema che delega
ai ventotto paesi dell'Ue questioni ormai sovranazionali come
immigrazione e sicurezza. Un'unica procedura di registrazione, un
unico corpo di polizia di frontiera, un unico sistema di accoglienza,
un unico codice di selezione dei migranti economici e dei richiedenti
di asilo, renderebbero molto più improbabile questa crepa informativa
in cui si può scomparire. La terza è che alla notizia della
scomparsa di questi 10.000 minorenni, non si è aperto un vero
dibattito europeo, nonostante una discussione al Parlamento europeo.
Poca l'attenzione dei media, rari i twitter dei politici, nessuna
mobilitazione dell'opinione pubblica. Insomma: l'Europa, tanto
assertrice della sua cristianità, non si commuove al cospetto del
destino funesto di diecimila minorenni che a essa guardavano come
all'occasione di un riscatto dalla povertà e dalla guerra. Fossero
scomparsi non 10.000 ma 1.000 o soltanto 100 ragazzi europei,
l'attenzione sarebbe stata ben diversa. Esiste dunque una sorta di
apartheid culturale, un riflesso razzista taciuto, eppure vigente.
Anzi. Ci saranno anche i tanti ai quali la notizia che 10.000 giovani
immigrati in un certo senso "non ci sono più" farà molto
piacere: sono già troppi e se qualcuno è risucchiato nelle pieghe
più turpi della nostra società, tanto meglio, tanto più se sono
giovani, potenziali futuri padri di altri invasori. Diecimila in
meno? Evviva.
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