lunedì 12 settembre 2016

L'uomo bianco ha realmente bisogno di comportarsi da selvaggio?


Ho già parlato di Mitia, lo sloveno che Nina, l'amica di Tina ha sposato facendo addirittura un “fomba”, cioè la macellazione tradizionale dello zebù in presenza degli ospiti il giorno del matrimonio, così da fornir loro carne fresca. Io, per esempio, il “fomba” non l'ho fatto e nessuno si è scandalizzato, ma non è di Mitia che voglio parlare bensì degli altri due sloveni residenti a Tulear, padre e figlio, che vediamo in foto di ritorno da una battuta di pesca. Gli italiani residenti nella città di Tina sono molto numerosi e, benché pettegoli, litigiosi, malevoli e non sempre solidali tra loro, hanno, credo, il senso di comunità, com'è naturale che sia. I tre sloveni di Tulear, proprio perché solo tre, sono molto uniti e quando Mitia si sente solo e abbandonato, nonché incompreso dalla moglie Nina, va a ubriacarsi da loro. E' comprensibile. Sono anche geograficamente vicini giacché Mitia abita a fianco dell'albergo Vahombe, dalla terrazza del quale ho fatto le foto dei due pescatori, mentre gli sloveni padre e figlio sono alloggiati “Chez Lala”, a un centinaio di metri di distanza.



Dunque, una mattina, mentre mi trovavo sotto la loggia del Vahombe a guardare il mare, vedo scendere da una barca due vazaha, che si portavano appresso le canne da pesca e il loro pescato. La cosa mi è sembrata interessante sul piano antropologico. La maggior parte dei turisti considera normale fare le stesse cose che fanno gli indigeni e, come disse anche Milan Kundera, la macellazione degli animali non trova pause nemmeno in tempo di guerra ed accomuna i due schieramenti nemici, così che per gli animali la guerra non finisce mai. Io, che non ho nessuna intenzione di fare la guerra alla natura e ho smesso da molto tempo di contribuire con le mie papille gustative alla più orribile e antica mattanza di creature, parto dal presupposto che se c'è qualcosa di buono nell'uomo bianco, rispetto a quello di colore, è la capacità di trasmettere scintille di civiltà, sempre ammesso che l'uomo di colore possa e voglia riceverle. Non dico che gli uomini bianchi siano tutti e totalmente civilizzati in confronto con gli africani, ma molti lo sono e io mi pregio di appartenere a questi.


Senonché, una volta mi è capitato di vedere un vazaha italiano che tirava sassi ai cani sulla spiaggia di Mangily, rinomata località turistica dove quel tale Romualdo Vattelapesca è residente. Il che mise in corto circuito tutta l'educazione che avevo fatto a Tina, che era presente alla scena, nel momento in cui per anni le avevo spiegato che nessun bianco tirerebbe mai sassi ai cani, essendo queste amabili creature membri effettivi, il più delle volte, della famiglia umana che le ha adottate. Bastò un solo gesto di quel tale Romualdo per inficiare anni di mie prediche inflitte a Tina. Con la pesca è la stessa cosa, ma qui è obiettivamente più difficile far capire a Tina che i bianchi non sono soliti uccidere i pesci, perché purtroppo non è vero. Tina non è cieca e vede che ai bianchi piace mangiare pesce, e soprattutto aragoste, poiché una vacanza ai tropici non è una vacanza se non si degusta l'aragosta, secondo gli schemi mentali della quasi totalità dei vacanzieri. Obiettivamente, i vegetariani sono una minoranza in Italia e nel mondo, se escludiamo dal ragionamento l'India, e gli animalisti sono una minoranza all'interno di un'altra minoranza.


Tina si è accorta da molto tempo che io sono un vazaha....strano. E, comunque, diverso da tutti gli altri. E in cosa consiste la mia diversità? Nel fatto che difendo gli animali, per lo meno tutte le volte in cui ci riesco. Quei poveri pesci, che non chiedevano niente di meglio che di essere lasciati in pace – come tutti – sono stati assassinati da due sloveni, che poi se li sono divorati senza sensi di colpa, perché così fan tutti, così è stato loro insegnato nelle scuole slovene e così le guide religiose hanno approvato. Poi, salta fuori un altro vazaha, che dalla terrazza del Vahombe li fotografa, non si sa per quale motivo. Forse con intenti ostili. Dei due, che a fatica riportavano a terra le loro prede, solo il padre si è accorto che li stavo fotografando, ma non ha detto niente, né io ho detto qualcosa a loro. Mi rendo conto che, a parte la lingua diversa, non sarei stato capito, giacché anche la logica è diversa. La loro reazione a una mia eventuale frase di rimprovero, presumo, sarebbe stata identica a quella dei pescatori italiani o eschimesi, o norvegesi, poiché la cattiveria consolidata nei secoli si è depositata nelle loro anime e non la si può rimuovere. Un senso di fastidio per chi si pone su un gradino etico superiore al nostro è normale provarlo. Ma, d'altra parte, come posso io far cessare le ostilità verso Madre Natura? Quali margini di manovra ho sul piano educativo? Posso solo aspettare che sia Madre Natura stessa a scrollarsi di dosso chi da sempre la insulta e un bianco con la sua opulenza, a differenza di un malgascio che tenta di sopravvivere, secondo me la insulta.

6 commenti:

  1. Non sopporto l'espressione ormai d'uso comune "uomo di colore". Caro Roberto, anche lei ci casca in questo non senso scientifico. Noi "bianchi" siamo senza colore? Nei libri di geografia, sin da quando ero bambino, nel capitolo riguardante le razze di usavano altri termini (non so se oggi si usino gli stessi): per esempio, tipo caucasico, mongoloide, negroide, etc. Oggi il pensiero unico proibisce di dire negro perché offensivo. Si deve dire nero. Ma allora si dovrebbe dire tipo neroide? Mi guardo il colore della pelle e dico che dovrei considerarmi bianco. E invece non sono bianco. Bianco è per esempio il bianco della carta da stampante. E il bianco non è nemmeno un colore ma (Newton lo spiegò nell'Optiks)è l'insieme di tutti i colori dello spettro della luce solare. Il nero è il contrario del bianco in quanto assorbe tutti i colori dello spettro, mentre il bianco li respinge. Come si vede, non esiste espressione più razzista del dire "uomo di colore", che presuppone che solo i negri abbiano colore.

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    1. Si tratta solo di una convenzione linguistica.


      A volte anch'io uso la parola "negro", ma con molta cautela e in base all'uditorio che mi sta davanti.


      E poi, una cosa è essere razzisti e altra provare fastidio per certe caratteristiche che vediamo negli altri e che magari abbiamo noi stessi e non ce ne accorgiamo.


      La psiche umana è dannatamente complicata.

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  2. ma no roberto,invece è assai semplice,troppo semplice,lo prova il fatto che è difficile spiegare e far comprendere ragionamenti elementari....xchè chi ascolta (ma anche chi espone)tende a distorcere tutto a proprio comodo o vantaggio,il risultato è l'impossibilità nel capire l'altro....e molte volte sè stessi.

    michy

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  3. la pura obbiettività non è al momento di questo mondo.

    michy

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    1. Citazione: "a distorcere tutto a proprio comodo o vantaggio".



      Mi spieghi quali vantaggi avrei io a dire ciò che dico e a scrivere ciò che scrivo?

      Forse la soddisfazione di vedere che c'è qualcuno su questa Terra che è d'accordo con me e più numerosi sono coloro che sono d'accordo con me, più aumenta la mia felicità?


      Non vedo altre gratificazioni. Eppure, cerco di essere il più obiettivo e imparziale possibile, anche se è vero quello che dici: l'obiettività (e la perfezione) non è di questo mondo.

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  4. cavolo....non era una critica per te,ma in senso ampio.
    eddai.....

    michy

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