Testo di Mimma Dabramo
Secondo la teoria dell'evoluzione di Lamarck, i cambiamenti
nell'aspetto (e nelle funzioni vitali) di un essere vivente erano da
imputare all'uso che esso faceva di un determinato organo. Per fare
un esempio, secondo Lamarck esistevano in origine soltanto giraffe
dal collo corto, le quali "sforzandosi" di brucare le
foglie sugli alberi più alti generarono le moderne giraffe dal collo
lungo. Oggi la teoria Lamarckiana è superata in favore della teoria
Darwinista, che basa i suoi principi sul fenomeno della selezione
naturale (gli individui con i caratteri adatti all'ambiente
sopravvivono e li trasmettono, gli altri no). Tuttavia, possiamo
affermare che Lamarck avesse parzialmente intuito un campo d'indagine
oggi noto alla scienza: quello dell'epigenetica.
Secondo l'epigenetica, le esperienze che un essere vivente compie
in un dato ambiente operano profonde modifiche in regioni periferiche
del DNA (epigenetiche appunto). Queste modifiche conterranno
informazioni sui geni da attivare in un determinato ambiente, per
assicurare lo sviluppo dei caratteri fenotipici più adatti alla
sopravvivenza: in un recente studio, la trasmissione di caratteri
epigenetici è stata osservata nel verme Caenorhabditis elegans (nematode) in ben
14 generazioni, ed è ragionevole pensare che meccanismi simili siano
all'opera anche negli esseri umani.
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