giovedì 11 maggio 2017

Lamarck aveva intuito l’epigenetica


Testo di Mimma Dabramo

Secondo la teoria dell'evoluzione di Lamarck, i cambiamenti nell'aspetto (e nelle funzioni vitali) di un essere vivente erano da imputare all'uso che esso faceva di un determinato organo. Per fare un esempio, secondo Lamarck esistevano in origine soltanto giraffe dal collo corto, le quali "sforzandosi" di brucare le foglie sugli alberi più alti generarono le moderne giraffe dal collo lungo. Oggi la teoria Lamarckiana è superata in favore della teoria Darwinista, che basa i suoi principi sul fenomeno della selezione naturale (gli individui con i caratteri adatti all'ambiente sopravvivono e li trasmettono, gli altri no). Tuttavia, possiamo affermare che Lamarck avesse parzialmente intuito un campo d'indagine oggi noto alla scienza: quello dell'epigenetica.


Secondo l'epigenetica, le esperienze che un essere vivente compie in un dato ambiente operano profonde modifiche in regioni periferiche del DNA (epigenetiche appunto). Queste modifiche conterranno informazioni sui geni da attivare in un determinato ambiente, per assicurare lo sviluppo dei caratteri fenotipici più adatti alla sopravvivenza: in un recente studio, la trasmissione di caratteri epigenetici è stata osservata nel verme Caenorhabditis elegans (nematode) in ben 14 generazioni, ed è ragionevole pensare che meccanismi simili siano all'opera anche negli esseri umani.

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