Fonte: Il Faro sul Mondo
Israele demolisce strutture scolastiche nella Cisgiordania alla
vigilia dell’anno scolastico, lasciando 80 bambini senza scuola. Le
demolizioni delle scuole palestinesi, duramente condannate dalla Ue e
dalle Ong, non rappresentano solo una “crudeltà amministrativa”,
sono vero genocidio culturale. Mentre nelle immediate vicinanze il lavoro per espandere gli
insediamenti illegali continua ininterrottamente, tre strutture
scolastiche per i bambini palestinesi nella Cisgiordania sono
state demolite dalle autorità israeliane in meno di due
settimane, proprio quando i bambini dovevano tornare a scuola dalle
vacanze estive. Le strutture demolite, donate dall’Ue e dalle Ong, comprendono
l’unica scuola materna per la comunità beduina Jabal Al-Baba,
distrutta nelle prime ore del 21 agosto, e una scuola elementare a
Jubbet Al-Dhib, demolita la notte del 22 agosto. Le autorità
israeliane hanno inoltre smantellato e sequestrato i pannelli solari
– l’unica fonte di energia – nella scuola primaria di Abu
Nuwar. La scuola è stata attaccata anche due volte l’anno scorso,
quando alcune parti furono demolite e le attrezzature confiscate. Gli
studenti di terza classe assistono alle lezioni nel locale del
barbiere poiché alla comunità è stato impedito di
costruire strutture scolastiche di base. Le demolizioni, secondo
quanto riferito, hanno lasciato fino a 80 bambini, di età compresa
tra i 5 e i 10 anni senza scuola, costringendoli ad iniziare l’anno
scolastico in tende o sotto il sole cocente.
In una dichiarazione rilasciata giovedì, la missione Ue a
Gerusalemme e Ramallah ha espresso “una forte preoccupazione per le
recenti confische delle strutture scolastiche palestinesi intraprese
da Israele nelle comunità di Beduini nella Cisgiordania
occidentale”, contro il diritto di ogni bambino di accesso sicuro
all’istruzione, che gli Stati hanno l’obbligo di realizzare,
assicurando che le scuole siano spazi sicuri per i bambini. La
dichiarazione Ue ha ribadito anche la natura occupazionale di Israele
ed ha chiesto alle autorità di Tel Aviv di fermare le demolizioni e
di cessare la politica di costruzione ed espansione di insediamenti.
Anche il Consiglio norvegese per i rifugiati (Nrc) ha condannato
fortemente le demolizioni e le confische scolastiche nella
Cisgiordania, come parte di un più ampio attacco all’istruzione in
Palestina. Al momento, circa 55 scuole della Cisgiordania sono
minacciate dalle operazioni di demolizione e di stop-work da parte
delle autorità israeliane. Molte di queste scuole sono finanziate da
donatori, inclusi gli Stati membri dell’Ue. Israele nega la
maggioranza delle richieste di permesso di pianificazione palestinese
in Area C, negando così ai palestinesi la possibilità di
ricostruire e svilupparsi senza permessi, mentre gli insediamenti
israeliani – stabiliti in violazione del diritto internazionale –
continuano ad espandersi.
Nei primi tre mesi di quest’anno ci sono stati 24 casi di
attacchi diretti contro le scuole, tra cui incidenti in cui i
militari israeliani hanno utilizzato cannoni ad acqua, gas di
lacrimogeni e bombe sonore contro gli studenti durante il loro
viaggio a scuola. L’anno scorso le strutture educative di quattro
comunità sono state demolite o confiscate e sono state documentate
256 violazioni legate all’istruzione in Cisgiordania, che hanno
interessato oltre 29mila studenti.
Genocidio culturale
Dal 2011 il governo israeliano ha anche minacciato di trattenere
permessi e finanziamenti alle scuole che non implementino programmi
di studio israeliani in cui sono stati rimossi i riferimenti
all’identità e alla cultura palestinese, all’occupazione, agli
insediamenti israeliani e ad altri aspetti della storia palestinese. Il gruppo israeliano per i diritti umani, B’Tselem, che, a
proposito delle demolizioni e del danneggiamento delle strutture
scolastiche palestinesi, ha parlato di “crudeltà amministrativa e
molestia sistematica” da parte delle autorità israeliane,
riteniamo si tratti più correttamente di genocidio culturale, come
distruzione deliberata dell’eredità culturale di una popolazione,
convinti con Milan Kundera che:
“Per liquidare i popoli si comincia
con il privarli della memoria.
Si distruggono i loro libri,
la loro cultura, la loro storia.
E qualcun altro scrive loro altri libri,
li fornisce di un’altra cultura,
inventa per loro un’altra storia.
Dopo di che il popolo incomincia
lentamente a dimenticare
quello che è e quello che è stato.
E il mondo attorno a lui
lo dimentica ancora più in fretta”.
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