giovedì 26 ottobre 2017

Alzi la mano chi dice che Burioni è un somaro




"La congiura dei somari" è il libro che Roberto Burioni ha scritto dopo aver duellato in tv sui vaccini con Eleonora Brigliadori Red Ronnie, dopo aver aperto nel 2015 una pagina Facebook per smontare le paure dei no-vax ed essersi ritrovato da un lato seguito da 300mila persone, dall’altro sommerso dalle invettive della cosiddetta “gente che non sa nulla”. Il professore di microbiologia e virologia al San Raffaele di Milano, concluse allora (era l’inizio dell’anno) che “la scienza non è democratica”, scatenando un vespaio di polemiche ma anticipando quello che oggi è il sottotitolo del suo nuovo libro. Il primo era stato un anno fa Il vaccino non è un’opinione. La congiura dei somari è in uscita oggi per Rizzoli (176 pagine, 17 euro).

Perché la scienza non è democratica?
«È uno slogan. Ero infastidito per le polemiche sui vaccini. Mi hanno messo a confronto con un mondo in cui la verità ha la stessa dignità della menzogna. Credo che un Paese non possa accettarlo, rischierebbe di trovarsi in situazioni pericolose».


Che tipo di pericoli?
«Il pericolo di perdere la conquista dei bambini che non muoiono più perché vengono vaccinati, perché esistono gli acquedotti e gli antibiotici. Questi risultati sono stati raggiunti grazie alla scienza e al suo metodo, che sarà imperfetto e come tutte le cose umane soffre di debolezze e fragilità, ma, come la democrazia, è il metodo migliore che abbiamo. E degli scienziati è giusto fidarsi».

La scienza sembrerebbe piuttosto una tecnocrazia.
«La scienza è democratica perché non ammette scorciatoie. Bisogna studiare. Non contano il denaro o la posizione sociale. Servono rigore, metodo e dati validi. Poi, però, ci sono aspetti che non si discutono. Come dice Piero Angela, la velocità della luce non si decide per alzata di mano. E nemmeno la validità e l’utilità dei vaccini, aggiungo io».

Studiare tutto è impossibile. “Somari” non è ingeneroso?
«Nel libro faccio un uso grottesco della parola. Anch’io sono un somaro, perché di molte cose non so nulla. Volevo esprimere la speranza che i libri e le parole dei professori fossero ascoltate di più e ricordare che lo studio resta importante, anche se questi tempi sembrano farci credere il contrario. Sarei il primo a essere felice, se la scienza fosse meno chiusa. In questo la rete ci ha fatto fare grandi passi avanti».

Il web ha dato la parola a chi non ne avrebbe diritto?
«Io sono contro ogni censura o intervento dall’alto. Però se qualcuno sostiene che due più due fa cinque o che, come suggeriva Bertrand Russell, esiste una teiera in orbita attorno al Sole, me lo deve dimostrare».

Non su Internet, sembrerebbe, dove le idee non dimostrate finiscono col rafforzarsi.
«Anche quando Gutenberg inventò la stampa ci fu chi immaginò la rovina della cultura. Internet è un mondo strano. Ci arricchisce di opportunità, ma mette tutte le voci sullo stesso piano».

Anche la sua fama al di fuori dell’ambiente scientifico è figlia di Internet. Come iniziò?
«Era il 2015 e usavo Facebook per condividere vecchie foto. Visto che avevo una bambina di 4 anni e sono un padre apprensivo, un’amica mi chiese di spiegare qualcosa sui vaccini. Mi trovai accerchiato da quelli che poi avrei chiamato i Somari Raglianti».

La scienza fatica a promuovere se stessa?
«Abbiamo un problema di comunicazione. Ma l’esperienza su Facebook mi ha insegnato che esistono persone titubanti, eppure desiderose di informarsi»

Un tempo sarebbe stato somaro anche chi sosteneva che la Terra era rotonda.
«Ma poi ha portato le prove scientifiche, mentre gli altri si basavano sui testi di Aristotele. La verità ha una sua forza evidente che il tempo – in questo caso un galantuomo - fa affermare. Ne sono convinto, nonostante questi sembrino tempi difficili per la ragione».

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