Fonte: Green Report
Kayoro Parish, nell’Uganda sudorientale, è uno dei tanti luoghi
colpiti da una prolungata siccità iniziata nel maggio 2016 e dove il
cibo stava diventando sempre più scarso, per questo i contadini, in
attesa che tornassero le piogge, hanno deciso di mettere
insieme le loro povere risorse e piantare un grande campo comunitario
di mais. Nella scorsa primavera sono tornate finalmente le
piogge e il loro mais cresceva fiorente. Poi è arrivato dal
nulla il fall armyworm, il bruco della lafigma (Spodoptera
frugiperda), e le larve di una falena grigia mai vista a Kayoro
Parish hanno cominciato a divorare il mais.
Come avevamo già scritto su greenreport.it l’espansione
di questi bruchi provenienti dalle Americhe in tutta l’Africa era
stata prevista dopo che erano stati scoperti per la prima volta nel
gennaio 2016 in Nigeria. Nessuno sa per certo come la Spodoptera
frugiperda sia arrivata sul continente africano, ma quel
che è certo è che questo parassita si è diffuso in 28 Paesi,
compresi Burundi, Rwanda, Kenya, Etiopia, Repubblica
Democratica del Congo, Sudan e Mali – nei quali i problemi
economici, sociali e climatici non mancano di certo – e che mentre
si diffondeva ha distrutto più di 740.000 acri coltivati a mais, il
cibo principale per oltre 200 milioni di africani.
Il fall armyworm è un parente stretto dell’African
armyworm (Spodoptera exempta), endemico dell’Africa:
entrambi i bruchi si nutrono non solo di mais, ma anche di riso,
sorgo e grano. Kenneth Wilson, dell’Università di Lancaster,
che ha studiato la specie africana per 25 anni e che ora fa parte
di un working group della Fao, sta cercando di capire come arginare
questa vorace specie invasiva. Wilson ha detto a Sierra Club Magazine che « l’African
armyworm è da molto tempo un problema: solitamente attacca un’area, poi si trasferisce ad un’altra e questo lo rende solo una minaccia
sporadica per la produzione e il raccolto in una determinata
località. Non è così per il fall armyworm. Una volta che si è fatto strada attraverso le coltivazioni di cereali in una
particolare zona, resta per vedere cosa altro può mangiare. Se
sei un piccolo contadino che coltiva un po’ di mais, sorgo, qualche
fagiolo e un po’ di pomodori, tutte queste colture sono
potenzialmente a rischio fall armyworm».
In Uganda è stato
accertato che Spodoptera frugiperda si nutre di almeno 80 specie vegetali e che ha infestato oltre il 40% delle
colture. L’Uganda, come gran parte del resto dell’Africa, sta già
subendo gli effetti devastanti del cambiamento climatico: i modelli
meteorologici sui quali si basavano i contadini sono sempre più
irregolari, la siccità è sempre più forte e prolungata e le piogge
sempre più scarse, violente e concentrate e i piccoli contadini come
quelli di Kayoro Parish non hanno altro cibo a disposizione se
piove troppo o troppo poco e se i loro raccolti falliscono. Il
bruco della falena americana è arrivato proprio quando i piccoli
agricoltori africani stanno combattendo con la crescente insicurezza
alimentare a causa di cambiamenti climatici.
E il riscaldamento globale può anche essere un fattore che
spiega la rapida diffusione della Spodoptera frugiperda in
tutto il continente africano. Secondo Wilson «è troppo presto per
conoscere sicuramente la nuova specie invasiva, i 50 anni e più di
dati sull’African armyworm dimostrano che la popolazione
esplode dopo periodi di siccità. Si pensa che sia possibile che
le siccità intensificate causate dal cambiamento climatico
possano favorire entrambe le varietà di bruchi». In Sud
America, dove il fall armyworm ha infestato le coltivazioni da decenni,
i contadini hanno utilizzato una combinazione di colture
geneticamente modificate e di pesticidi per tenerlo in gran parte
controllato, ma si tratta di un approccio costoso ed ecologicamente
dannoso. Wilson pensa che non sia sostenibile per la maggior parte
dei piccoli agricoltori africani e sottolinea: «Sappiamo che sta già
sviluppando una resistenza sia alle colture OGM che ai pesticidi».
Wilson è specializzato nella produzione di pesticidi biologici,
sviluppati da batteri, baculovirus e funghi che
combattono naturalmente i parassiti e ha già identificato un virus
che uccide l’African armyworm, ma purtroppo non uccide il fall
armyworm, per questo sta analizzando diversi biopesticidi per
vedere se esistono prodotti commercialmente disponibili che
potrebbero funzionare come un’alternativa ai pesticidi chimici ai
quali i governi africani si stanno affidando per affrontare le
infestazioni di Spodoptera frugiperda. Ma per quanto questi biopesticidi riusciranno a fermare il bruco
invasore? Wilson fa l’esempio di alcune aree dell’America
Centrale, dove il bruco della lafigma non è mai stato un grosso
problema: «Gli agricoltori dicono che è perché hanno buone
pratiche integrate di gestione dei parassiti. Fertilizzano il
suolo con fertilizzanti organici, cercano faticosamente le uova nelle
loro coltivazioni e hanno colture miste, come le piante da fiore
che aiutano a nutrire i loro nemici naturali».
Ma si tratta di un lavoro che in Africa richiederà tempo e
significativi investimenti esterni. Wilson però è convinto che
i Paesi extra-africani dovranno prendere molto sul serio questa
minaccia: «E’ solo questione di tempo prima che il fall armyworm
arrivi nello Yemen e nell’Europa meridionale (cioè in
Italia, ndr). Per l’Europa e l’Asia, ci
dovrebbe essere un elemento di interesse locale. E’ un
problema globale. Arriverà ovunque».
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