giovedì 26 ottobre 2017

L’icona maggiore e l’icona minore



Santa Maria Goretti morì a 11 anni per mano di un infoiato stupratore. Anna Frank, che non gode dell’appellativo di santa perché non cristiana, morì a 15 anni per mano del batterio del tifo, anche se probabilmente non sarebbe successo se i tedeschi non l’avessero tenuta prigioniera a Bergen Belsen. Nel 1950, a 48 anni dalla sua morte, Papa Pio XII decise di fare un’icona della bambina contadina poiché in quegli anni la devozione verso la Chiesa era ai suoi massimi livelli e ai primi vagiti di un 68 ancora lungo da venire e troppo breve da dimenticare, che avrebbero sconvolto la società italiana, mancavano 18 anni. La Chiesa poteva permettersi di ampliare il numero delle divinità minori, come si addice a ogni bravo culto politeista. Nel caso della Goretti, il cattivone era uno solo, poi anche pentitosi; in quello della Frank, il cattivone era un intero popolo, poi pentitosi di aver perso la guerra, pagando agli ebrei somme ingenti di risarcimento per i presunti 6 milioni di morti denunciati. Anna divenne un’icona internazionale grazie alla consumata abilità degli ebrei in qualità di commercianti. Maria divenne un’icona nazionale solo per un breve periodo e fu spazzata via dal femminismo, di probabile matrice sionista, perché la Chiesa non può competere con gli ebrei in fatto di propaganda pubblicitaria. 


Con Anna, gli ebrei misero in risalto la malvagità dei tedeschi perché dovevano suscitare in essi i sensi di colpa necessari a far loro aprire i cordoni della borsa. Con Maria, i cattolici misero in risalto più il suo martirio, che non la malvagità del suo carnefice, Alessandro Serenelli, perché era più importante pubblicizzare lo stereotipo della figura femminile tutta casa, letto e chiesa: erano gli Anni Cinquanta, perdio! Tutto un altro mondo rispetto a quello sguaiato e moralmente disintegrato di oggi. La sudditanza dei cattolici nei confronti degli ebrei non si è vista solo dalla scarsa diffusione dell’icona contadinesca rispetto a quella prigionieresca, ma anche perché Anna apparteneva al popolo eletto, mentre Maria era una Goim. 

Per ogni soldato tedesco ucciso, venivano messi al muro 10 italiani e per ogni martire dei campi di concentramento ebrei bisognerebbe mettere sull’altro piatto della bilancia almeno 100 martiri cristiani. Non c’è partita, dunque, tra chi muore nel nome della stella di David e chi muore stringendo fra le mani il crocifisso. Questo spiega perché se viene scalfita l’immagina sacra di Anna, l’intero governo italiano si genuflette, mentre se dovesse venir scalfita l’immagina sacra (un po’ obsoleta) di Maria non si genuflette nessuno e men che mai il governo di Israele. Netanyahu non sa neanche che è esistita una Maria Goretti, benché santa. Il giorno in cui il premier israeliano farà un atto di devozione verso un martire cristiano, uno qualunque, anche adulto di sesso maschile, allora si potrà dire che cristiani ed ebrei sono sullo stesso piano. Ma siccome la venerazione è unidirezionale, cioè va da noi cristiani verso i fratelli maggiori ebrei, allora si dovrà ammettere che c’è una disparità tra le due religioni e le due razze, ammesso e non concesso che le razze esistano. E’ dalle piccole cose che si notano le grandi e noi – c’è poco da fare – siamo servi dei sionisti. La povera Anna sovrasta come un gigante la povera Maria e la offusca con la sua ombra. Gli usurai battono i contadini 10 a zero.  

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