Testo di Paolo Sensini
L'accusa di antisemitismo è una delle più infamanti che oggi
possano essere scagliate contro chiunque e, una volta lanciata, non
c'è carriera o personalità che non ne risulti fortemente
danneggiata. La gente, in Europa, ne è letteralmente terrorizzata. E
anche se il lancio di un tale epiteto non distrugge il malcapitato di
turno, impone comunque un rapido cambio di rotta. Ammesso dunque che
una tale paura esista, sarebbe strano se non venisse usata. È il
caso per esempio, come riporta lo scrittore Israel Shamir, delle
recentissime elezioni austriache. Durante la campagna elettorale, il
Partito Socialdemocratico austriaco (SPÖ) ha assunto un faccendiere
israeliano, Tal Silberstein, per infangare il suo avversario
Sebastian Kurz. Silberstein ha creato una pagina Facebook a nome di
Kurz e lì ha pubblicato forti invettive antiebraiche, ha organizzato
un gruppo fan di Kurz pieno di slogan inneggianti al
nazionalsocialismo. L’idea era che gli austriaci si prendessero
paura e non votassero Kurz.
Quest’ultimo ha però capito la
mossa chiedendo ai moderatori di Facebook di fermarla. Di solito FB è
celere a bloccare roba bollata come "nazista". E una falsa
dichiarazione di identità viene solitamente risolta in un tempo
molto breve. Qui, però, il signor Zuckerberg e i suoi lacché hanno
indugiato parecchio, riluttanti a oscurare la denuncia di Silberstein
nei confronti di un supposto "antisemita". Kurz è stato
fortunato perché Silberstein era stato arrestato in Israele per
reati legati alla corruzione. Poi FB si è svegliata e ha rimosso le
pagine e i gruppi creati da Silberstein. Ma questo può essere
considerato il classico colpo di fortuna: se fosse stato arrestato
altrove, lo si sarebbe considerato vittima di antisemiti e le sue
insinuazioni sarebbero rimaste intatte.
Il signor Silberstein,
un esperto diffamatore, è noto per aver fatto altre cose del genere:
era stato precedentemente collegato a reati legati alla corruzione,
quando guidò la campagna per Julia Timoshenko, la famosa politica
ucraina. Lei andò in prigione, lui tornò in Israele. In Austria, ha
avuto un sacco di disgrazie: gli hacker hanno pubblicato la sua
corrispondenza con l'SPÖ, i cui leader si sono dovuti dimettere e
così l'SPÖ ha perso le elezioni.
Il tentativo di Silberstein
di far passare Kurz per un antisemita era quindi fallito, ma lui ha
continuato a bollare come tale un altro politico austriaco, il leader
dell'FPÖ Heinz-Christian Strache. Gli austriaci se ne sono fregati e
hanno comunque preferito questi due partiti, la lista di Kurz e la
FPÖ, nonostante il presunto antisemitismo, e hanno punito l’SPÖ,
il partito kosher. Ma oltre il lieto fine c'è però anche un
ulteriore sviluppo dell'evento, che ricorre piuttosto spesso. Per
sottrarre sé stessi e i propri partiti dalla denuncia ebraica, i due
leader hanno giurato fedeltà a Israele. Si sono recati
(separatamente) nello Stato ebraico, hanno fatto delle foto con
Netanyahu e al memoriale dell’Olocausto e si sono profusi in
continue dichiarazioni su quanto amino e apprezzino quel
paese.
L’accusa di antisemitismo è una situazione win-win per
gli ebrei. Se un politico non fa quel che gli ebrei vogliono lo
bollano come antisemita cosicché lui poi: 1) è costretto a fare
quello che loro desiderano e/o 2) giuri fedeltà a Israele. Nel primo
caso è un liberale, nel secondo un nazionalista. In entrambi i casi
è sempre il banco a vincere.
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