lunedì 23 settembre 2019

I morti reclamano altri morti


Quando un cadavere è disteso sul marmo dell’istituto di anatomia patologica, è il medico a tenere in mano il bisturi, ma solo apparentemente, giacché il padrone è il morto. Guai a farlo arrabbiare o a mancargli di rispetto. Troppe volte, in Occidente, a partire dal secolo dei Lumi, abbiamo mancato di rispetto ai morti, che si sono vendicati producendo altri morti. E’ il caso della febbre puerperale, che mieteva vittime fra le partorienti, a migliaia, nonostante i più grandi luminari di Berlino e Parigi si scervellassero per capirne le cause. Tuttavia, ci fu uno di loro, un ungherese, cinquanta anni prima di Pasteur, ad intuire le cause dei decessi delle puerpere. La sua storia è emblematica dell’ottusità della casta medica, la stessa che vediamo all’opera oggi sul versante delle vaccinazioni. 



L’uomo in questione, Ignazio Filippo Semmelweis, pagò a caro prezzo la sua intuizione, che solo post mortem si rivelò corretta. Affascinato dalla sua storia, un francese “pazzo” di nome Ferdinand Céline, scrisse la sua tesi di laurea per diventare medico. E lo fece senza puntini di sospensione, che, evidentemente, non erano ancora diventati la sua ossessione grafologica. Lo fece con uno stile sobrio e piacevole, avulso dal quel Céline che conosciamo per il suo antisemitismo. A sua volta, Semmelweis, per diventare medico, fece una tesi di laurea, udite udite, sulla vita delle piante. E lo fece in latino, segno che all’epoca le commissioni dei professori che leggevano le tesi di laurea degli studenti erano di manica larga, ancora legati ad un concetto aristotelico di scienziato filosofo, naturalista e poeta.

Semmelweis ebbe un mecenate protettore, il dottor Skoda, sì, come la macchina! Ma ebbe anche un acerrimo nemico, il primo di una lunga lista, il dottor Klein. Lo scenario fu l’ospedale ginecologico di Maria Teresa, a Vienna, dove Semmelweis si era trasferito una volta laureato. Klein era titolare di un padiglione e le puerpere morivano di...parto in percentuale altissima. In quello a fianco, retto dal dottor Bartch, ne morivano molte di meno. La cosa curiosa è che in questo secondo padiglione le donne ricoverate venivano fatte partorire da levatrici professioniste, mentre in quello di Klein, connesso con la locale università, ad occuparsi delle partorienti erano gli studenti, che spesso e volentieri venivano direttamente dagli scantinati dove si dissezionavano i cadaveri. Fu la morte di un medico dissezionatore, amico di Semmelweis, ad aprirgli gli occhi. Il suo collega, infatti, era morto in seguito ad una ferita che si era procurato dissezionando cadaveri.

Semmelweis sospettava che ci fosse una relazione tra la febbre puerperale e quanto accaduto al suo amico. Così impose ai suoi studenti di lavarsi le mani con il cloruro di calcio, quando provenivano dalle sale di dissezionamento. Gli studenti vi si sottoposero increduli e contro voglia, non riuscendo a capirne il perché. Semmelweis, a partire da quel momento, divenne lo zimbello di tutto il quartiere ospedaliero, fu considerato pazzo e in più di un’occasione perse il lavoro. Se non ci fosse stata la protezione di Skoda, nessuno, nella storia della medicina, avrebbe mai più sentito parlare di lui. Ma il suo destino era segnato e la storia segue percorsi tortuosi. Nessuno sapeva ancora dell’esistenza dei microbi e per spiegare le morti da febbre puerperale si tirarono fuori le spiegazioni più strampalate. Si disse che morivano le donne che non erano state fatte digiunare prima di partorire, oppure che non era stato dato loro un purgante. Erano quindi in alto mare, quei luminari della scienza e Semmelweis che faceva lavare le mani agli studenti appariva loro come un ungherese strambo e per niente a posto con il cervello. La pressione su di lui fu enorme. Somatizzò, come si direbbe oggi, fino al punto che morì pazzo, sul serio. La sua mente non resse l’opposizione di coloro, suoi colleghi, che in più di un’occasione aveva chiamato “assassini”.

Quella spietata opposizione da parte della classe accademica non si sarebbe verificata se solo in Europa i dottori non fossero stati così pieni di meccanicismo e fossero stati magari un po’ selvaggi e primitivi. Le tribù primitive, infatti, come già all’epoca spiegavano gli etnologi, hanno sempre avuto un religioso rispetto per i morti, attuando varie forme di riti di purificazione. Se si chiamano di purificazione è perché gli sciamani, altrimenti detti uomini della medicina, sapevano che da un cadavere possono derivare gravi pericoli per i vivi, non solo perché magari cercano la vendetta, provando a portare con sé i vivi nell’oltretomba, ma anche per le contaminazioni che possono derivare, anche se gli stessi sciamani non erano al corrente dell’esistenza dei germi patogeni. Ecco perché si può dire paradossalmente che, anche se è il medico ad impugnare il bisturi, il coltello dalla parte del manico ce l’ha il morto.

Nel pieno della sua conclamata malattia mentale, Semmelweis un giorno uscì dalla struttura dove il paterno Skoda lo aveva fatto sistemare e si diresse verso l’istituto di anatomia patologica, armato di martello e scalpello. Fra due ali di studenti allibiti e un po’ timorosi, si fece avanti verso il tavolo di marmo, su cui giaceva il cadavere di studio della giornata. Scostato l’operatore, sbraitando e strepitando, cominciò a pestare sullo scalpello, schizzando brandelli di tessuto su di sé e tutt’attorno. Alla fine si ferì col l’affilato utensile e fu l’inizio di un’agonia che lo condusse a morte. Agì come se il suo inconscio (eravamo a Vienna, non dimentichiamolo!) avesse voluto fare la fine del suo collega, provando al mondo intero, ottuso e incapace di larghe visioni, che la febbre puerperale veniva dalle mani sporche degli studenti, impegnati fino a qualche attimo prima a manipolare carne in putrefazione. Nessuno degli astanti capì. Tutti si spiegarono le sue azioni come frutto di una mente bacata. E Semmelweis non seppe mai di essere stato un precursore.

1 commento:

  1. Conosco quella triste storia, la parte scientifica e quella umana. L’intuito svilito e l’omologazione scientifica e sociale che ostracizza e isola. La storia é utile quando ci pone domande che consentono di migliorare il presente (non di divinare il futuro) e Samelweiss di domande ce ne ha lasciate molte anche grazie a Céline.

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