lunedì 30 settembre 2019

L’ebreo è un uomo che non deve chiedere mai


C’è un giornalista che va da un russo, un polacco e un ebreo e fa a tutti la stessa domanda. Va dal russo e gli chiede: “Mi scusi, qual è la sua opinione sulla scarsità di carne?”. Il russo gli risponde: “Cosa vuol dire opinione?”. Poi va dal polacco e gli chiede: “Mi scusi, qual è la sua opinione sulla scarsità di carne?”. Il polacco gli risponde: “Cosa vuol dire carne?”. Infine, va dall’ebreo e gli chiede: “Mi scusi, qual è la sua opinione sulla scarsità di carne?”. E l’ebreo gli risponde: “Cosa vuol dire mi scusi?”. In questa barzelletta è racchiusa l’essenza dell’antisemitismo di Ferdinand Céline, per lo meno quello che traspare da “Bagatelle per un massacro”, giacché, se per il russo e il polacco il comunismo, parto della mente ebraica, è costato, nel primo, la perdita della libertà di opinione e, nel secondo, anche la penuria di cibo, per l’ebreo, esperto nel creare rivoluzioni e sommosse, è una questione di stile. L’ebreo è come quella pubblicità del profumo Denim, per l’uomo che non deve chiedere mai.


Se gli ebrei, almeno quelli che hanno il potere, partono dal presupposto di essere superiori al resto dell’umanità e agiscono in modo da creare scompiglio, contrasti, discordie e diatribe in seno a coloro che considerano alla stregua di bestiame, si deduce che gli ebrei, come sostiene il nostro autore, sono una pestilenza che andrebbe debellata. Se agiscono subdolamente in modo da trarre in inganno in special modo i Gojim, mettendoli gli uni contro gli altri, creando divisioni e, se possibile, facilitando guerre e guerriglie, si deve concludere che gli ebrei sono una schiatta di viscidi traditori che meritano di essere emarginati, creando attorno ad essi una cintura sanitaria, come fossero una malattia. Gavrilo Princip, il patriota che uccise il principe ereditario Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia, era ebreo e anche lui non chiese a nessuno se fosse lecito assassinare l’arciduca e scatenare la prima guerra mondiale. Anche lui era un uomo...Denim.

Il livore che scaturisce dalle pagine del pamphlet di Céline può trovare spiegazione nel clima che negli anni trenta si respirava in Europa, ovvero proprio negli anni in cui il Nazismo si stava formando come partito politico nella vicina Germania. Cos’avevano fatto di male gli ebrei per meritarsi tanto odio? Ci sono delle ragioni storiche ma, se non ho capito male, Céline ha cominciato ad odiare i critici letterari che si erano occupati di lui. Ne fa nomi e cognomi ed erano ebrei. Poi aggiunge che nel teatro, nella radio, nel cinema, nell’editoria e nella politica, in Francia, i principali caporioni erano tutti ebrei. Un nome per tutti: Leon Blum. Come erano riusciti ad ottenere tutti i posti di prestigio? Facendo gioco di squadra, risponde Céline. Un ebreo aiuterà sempre un altro ebreo. Idem con gli arruolamenti nell’esercito. Se un ebreo decide di andare soldato, non sarà un soldato semplice, ma un ufficiale. Esempio clamoroso: Dreyfus. Gli ebrei, dunque, secondo Céline sono esperti nella filosofia racchiusa in queste parole: “Armiamoci e partite”. Egli riporta anche delle cifre: sulle migliaia di francesi morti nei campi di battaglia della prima guerra mondiale, gli ebrei sono poche decine. Com’è stato possibile, si chiede il Nostro.

Nella postfazione di un altro libro di Céline, “Il dottor Semmelweis”, Guido Ceronetti riferisce che in un’intervista rilasciata a un giornale francese in tarda età, Céline si sia quasi giustificato del suo antisemitismo attribuendolo all’odio che aveva per suo padre. E siccome gli ebrei sono i nostri “padri” sul piano della religione, ecco che Céline aveva fatto una specie di “transfert”, come spiegato qualche anno prima da Freud. Egli sfogava sugli ebrei il rancore che provava ancora, sebbene adulto, per suo padre. Benché Ceronetti sia stato uomo di grande cultura, e io sia propenso a dargli credito, bisognerebbe verificare se Céline abbia mai detto una cosa del genere, ovvero se esistono le fonti che lo testimonino.

Un critico italiano che si è occupato delle traduzioni dei libri di Céline, Ugo Leonzio, presenta un’altra interpretazione. Dato che l’autore, dopo aver pubblicato “Viaggio al termine della notte”, nel 1932 e “Morte a credito”, nel 1936, si stava avviando ad essere uno scrittore di grande successo, decise di troncare la sua carriera volontariamente, o forse desiderandolo a livello  inconscio (qui torna fuori Freud), poiché avrebbe dovuto sapere che, toccando alti personaggi della politica e della cultura, si sarebbe dato la zappa sui piedi. Perse infatti il lavoro di medico, a causa dello scandalo seguito alla pubblicazione, nel dicembre del 1937, di “Bagatelle per un massacro”. Vi ricorda qualcuno questo comportamento? A me ricorda Salvini che, in agosto, provoca un ribaltone nella politica italiana. Si è detto che Salvini abbia ricevuto gli ordini da qualcuno, ma Céline non ricevette gli ordini da nessuno. Al medico Ferdinand non glielo disse il medico di sparare a zero contro gli ebrei.

Una domanda che mi pongo è: Céline aveva letto i Protocolli dei savi anziani di Sion? Nel libro non si fa alcun cenno a quelli che sono stati riconosciuti come un falso storico, compilati dalla polizia zarista. Ma sarà stato un caso che l’uomo di cultura Céline decise di fare un viaggio a Leningrado, a visitare tra l’altro i palazzi degli Zar? Forse, poiché intravedeva una minaccia bolscevica, dovuta al gran numero di ebrei presenti in Francia, voleva vedere come stavano le cose in Unione Sovietica, presagendo che i comunisti avrebbero preso il potere, prima o poi, anche nella sua patria. Gli fu data una guida di nome Natalia. Fecero amicizia, tanto che Céline desiderava portarsela a Parigi. Il fascino dell’esotico, probabilmente, e io lo capisco. 


La cosa mi fa venire in mente Elton John con la sua Nikita. Quando c’era la Cortina di Ferro, la gente comune faceva la fame, di qua e di là, giacché l’Europa era un cumulo di macerie per una guerra che secondo Céline, come tutte le guerre, fu voluta dai fabbricanti di armi e dai finanzieri, tutti rigorosamente ebrei. Ma i V.I.P. quelli cioè che avevano i soldi, potevano permettersi di oltrepassare quel muro che tenne divisa l’Europa fino al 1989, alla ricerca di spunti culturali e perché no, di amori proibiti. Céline era uno spirito troppo ribelle e disordinato per soddisfare l’emotività di qualunque donna dell’est come dell’ovest. Ne aveva viste troppe, di cotte e di crude, anche solo per pensare di accasarsi come un qualsiasi comune borghese. Del resto, sostiene sempre Ugo Leonzio, il suo odio non era rivolto agli ebrei in quanto etnia religiosa particolare, ma in quanto emblema del potere burocratico e anti-umano. “Bagatelle per un massacro” è un grido di protesta contro il dolore umano, ovvero una richiesta di amore, di essere amato. Sarà stata l’atmosfera, sarà stata Natalia, ma Céline tornò da Leningrado un po’ meno antisemita. Così almeno mi piace immaginarlo.

6 commenti:

  1. Sarebbe una bella ricostruzione se non ci trovassi come unico ingrediente sovrabbondante l’anitisemitismo. Dubito sempre dei mono colori, il mondo é più complesso del bianco e nero. Céline ebbe astio per chi lo stroncó e orientó tale frustrazione, però nessuno poté evitare che lo stesso divenisse un classico, soprattutto per “Viaggio al termine della notte. Il resto, il dolore e la sofferenza sono compagni esistenziali di ognuno di noi, chi più, chi meno, ma evitiamo di pitturare il mondo col solo nostro colore... mandi

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    1. Non posso dire con certezza che i critici letterari che lo stroncarono fossero ebrei e lui si volesse "vendicare". Sembra che i primi due libri avessero avuto successo di pubblico e di critica, come si suol dire.

      Se critici ebrei lo hanno stroncato, devono essere stati una minoranza. Ecco quindi che non si capisce perché, di punto in bianco, nel dicembre 1937, Celine se ne esce con "Bagatelle".

      Fu uno scandalo, che segno la fine della sua carriera e questo, in un certo senso, conferma le sue accuse: gli ebrei, in Francia come altrove, avevano il potere di decidere il destino delle persone, in quel caso di uno scrittore di successo.

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  2. Pag 139 "protocolli dei savi di sion" le deve essere sfuggito free animals ma a me no tra un po' lo so a memoria

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    1. Nella versione che ho io, a pagina 139 c'è il Protocollo XVII, che inizia parlando di avvocati. La mia copia è stata stampata da Edizioni Clandestine, di Marina di Massa, nel 2008 ed è una ristampa del 2011.

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  3. Mi duole deluderla free animals ma Celine se ne torno a Parigi ancora piu antisemita scrisse" LA scuola dei Cadaveri " roba da incenerire le pagine , poi su Celine che le ricorda salvini ma per l'amor del cielo salvini e' un pagliaccio Massine burattino messo Su dagli ebrei lo vedevo come veniva deriso da Scanzi che non conoscevo ,ha una loquela da Sgarbi pero' sa le parole d'ordine che voi popolino ancora in sonno non riconoscete " LA segre vale 100 salvini e 100 me" cosi' ha detto il Lombrico Scanzi sono parole che riscaldano I'll cuore e non solo sopratutto il portafoglio del Padrone Ebreo

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    1. L'analogia che ho notato tra Céline e Salvini si limita al fatto di aver deciso una specie di suicidio, letterario nel primo caso, politico nel secondo.

      Quali meccanismi dettati dal "cupio dissolvi" agiscono in casi come quelli?

      Questo è il mio interrogativo, e non mi allargo ad altre considerazioni.


      In quanto al dibattito tra Scanzi e Salvini, non avendolo seguito non posso commentare.

      Scanzi comunque mi piace, almeno per il suo modo pacato di argomentare e più di un'impressione, su di lui, non posso avere. E' un giornalista di Travaglio, se non sbaglio.

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