La nostra sacra storia

Mi ricordo benissimo che alcuni miei utenti, uno in particolare, mi avevano sconsigliato di leggere questo libro. Ma io l’avevo già cominciato e testardamente ho deciso di arrivare fino in fondo. La parte finale l’ho trovata un po’ noiosa, ma solo perché non sono ebreo e non devo rendere conto alla mia coscienza pensando a come lo stato di Israele tratta gli abitanti della striscia di Gaza. La prima parte, invece, si legge con piacere perché spiega i meccanismi che costituiscono i miti di fondazione. Tranne che per pochi, dichiaratamente apolidi e universalisti, per la maggioranza di noi è importante conoscere le proprie radici, se non altro per consolidare la propria identità. Cos’è quella necessità che spinge me a considerarmi friulano, Sergio a considerarsi giuliano, RIC a considerarsi occitano, Piero un ligure escursionista, Mauro un fiorentino d.o.c. e Sed Vaste addirittura uno sradicato, catapultato ai tropici, che si trova meglio sotto le palme della Thailandia che non alla stazione di Parma? Qualsiasi cosa sia, qualunque nome vogliamo dargli, è del tutto nobile e assume quasi i connotati del sacro, specie se pensiamo che qui, nella terra che ci vede ospiti, riposano le ossa dei nostri morti. Qui sono vissuti i nostri padri, le nostre madri, i nostri nonni. Qui hanno gioito, hanno sofferto, hanno combattuto, hanno messo al mondo la loro prole. Qui alla fine si sono arresi all’ineluttabile. Qualche cosa deve pur significare tutto questo. Come si può non provare rispetto per gli abissi del passato, per la nostra storia?