Questo che sembra il Bruno Vespa (è il caso di dirlo!) dei bruchi, in realtà non è un vero bruco, ma un impostore. Non ne uscirà una farfalla, come tutto il mondo si aspetterebbe, ma una vespa (vi avevo detto che era il caso di dirlo!). E precisamente, l’Argide della rosa (Arge pagana). Che il sembiante sia in tutto e per tutto simile ai bruchi delle farfalle, mi fa venire il mente quel quadro di René Magritte, intitolato “Questa non è una pipa”. Sia come sia, lepidottero o imenottero, in entrambi i casi avviene quel miracolo della natura che passa sotto il nome di metamorfosi, fenomeno che colpì già gli antichi naturalisti, come Aristotele e Plinio il Vecchio, oltre al popolo comune, fino al punto di trarne delle allegorie, delle analogie e degli insegnamenti morali. Volete un esempio? Nel Vangelo si parla della resurrezione dai morti di Lazzaro. Ebbene, esiste l’ipotesi che non si sia trattato di un evento letterale, ma metaforico. Per la comunità dei credenti, Lazzaro era come morto, perché aveva abbandonato la fede. Ma ecco che interviene il Maestro e lo fa rientrare nei ranghi, restituendogli quella fede che aveva perso. Ecco la resurrezione, il ritorno di Lazzaro in seno alla comunità dei seguaci di Cristo. In questo caso, non si deve parlare di metamorfosi, ma di metanoia, giacché non è stato interessato il corpo di Lazzaro, ma la sua mente, la sua anima. Qualcosa di simile è successo a me, in sedicesimo, quando ho cambiato l’intestazione del mio blog da “Veritas vincit” a “Natura mirabilis”. Qualcosa mi ha spinto a cambiare direzione, a mutare il fuoco dei miei interessi, a resuscitare, in un certo senso, senza l’aiuto di alcun maestro.
Riguardo alla metamorfosi vera e propria, che si verifica anche in animali diversi dagli insetti, come gli anfibi, il fenomeno ha colpito la fantasia degli uomini da tempi remoti e ha avuto ripercussioni nei campi dell’arte, della poesia, della letteratura e in tutto ciò che di bello l’essere umano è stato capace di produrre. Un esempio su tutti: il capolavoro di Kafka. L’Argide della rosa, benché sia un capolavoro della Natura, dal punto di vista dei naturalisti, è viceversa considerato un insetto dannoso dai floricoltori, perché le sue larve sono defoglianti ed essendo anche una specie gregaria, possono distruggere l’intera pianta, quando l’attaccano in massa. Per combattere questo insetto si consiglia di preparare il macerato di foglie di pomodoro, oppure il piretro naturale, oppure ancora l’eliminazione meccanica delle parti interessate delle piante. Nel mio caso, siccome mi piacciono di più gli animali che le piante, i bruchetti li ho lasciati lì dov’erano, limitandomi a fotografarli. Idem mi sta succedendo con i cavoli di Bruxelles, che in questi giorni di fine estate vengono presi di mira dalla Cavolaia, solo che in questo caso mi scoccia un po’, perché le rose erano lì da prima che io arrivassi in questa casa, mentre i cavoli li sto coltivando per scopi mangerecci, ma se me li mangiano i bruchi delle cavolaie, la faccenda diventa frustrante, per me. Tuttavia, ricavo molta gratificazione dalla fotografia. Sia nel momento in cui scatto una “bella foto”, sia quando successivamente Francesco Spizzirri elabora le foto traendone dei piccoli capolavori. Non finirò mai di ringraziarlo, per questo.
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