domenica 15 maggio 2011

Mi fa male il pollice!

Facciamo una scommessa! Oggi si vota per le amministrative. E piove. Scommettiamo che il 12 giugno, quando si voterà per il referendum contro la privatizzazione dell’acqua e il nucleare, ci sarà sole pieno. Così la gente andrà al mare! Qualcuno per caso sta manipolando il clima?
Non voto da ventidue anni, da quando i Verdi mi hanno dato un calcio nel sedere, togliendomi la candidatura. Da quell’epoca la politica mi è sempre sembrata una cosa lontana, oltre che una presa in giro. Però non ho mai smesso di osservare gli eventi della società.
Noto per esempio che il malcontento è aumentato. Potrebbe significare che si farà avanti un’entità o un gruppo potente che riuscirà ad attirare l’attenzione con eventi e promesse irresistibili, e cancellerà con un colpo di spugna tutta la vecchia classe politica, instaurando il nuovo ordine mondiale. Il ciclone Tangentopoli, che ebbe Antonio Di Pietro come protagonista carismatico, ora inglobato nel Sistema, fu solo una specie di prova d’orchestra.
 
Sia la gente comune, che abbiamo la presunzione di immaginare metaforicamente addormentata, sia noi stessi, studiosi di complottismo, vogliamo mandare a casa i politici, tutti quanti in blocco, di Destra o di Sinistra che siano.
Ecco, anche noi, come la gente ignara e ipnotizzata, auspichiamo la fine dell’attuale classe politica, ma dovremmo chiederci: chi o cosa dovrebbe venire dopo? Nessuno sa rispondere con precisione e ci potrebbe scappare proprio il NWO. Ce lo ritroveremmo tra i piedi senza colpo ferire.
C’è chi vorrebbe una classe di uomini e donne giovani, che mandi a casa i “vecchi”; c’è chi dice che dopo Berlusconi c’è il vuoto pneumatico, il baratro; io ho il sospetto che il malcontento diffuso verrà utilizzato non per rivolte o insurrezioni, ma per far accettare di buon grado il governo unico mondiale.
In questi giorni si vota per le amministrative. Sfogliando distrattamente i depliant che mi sono capitati tra le mani (e che mi hanno intasato la cassetta della posta), ho notato l’inconsistenza dei programmi, le vane parole e la futilità delle idee che muovono i candidati. Uno di essi, in particolare, nel mio comune di 15.000 abitanti, mi ha particolarmente colpito perché è stato mio alunno. Ora ha quarantacinque anni e deve aver speso una piccola fortuna, tenuto conto che si presenta con una lista civica: volantini, manifesti, agendine in regalo, un camion pubblicitario con il suo faccione che girava per le strade e parcheggiava nei punti strategici e perfino una band musicale che suonava (male) i Pink Floyd.
Più volte, incontrandolo per strada, gli ho detto che dobbiamo fare un discorso serio, e glielo dicevo anche a prescindere che riesca o meno a diventare sindaco. Gli vorrei dire che il nostro territorio è flagellato dalle Frecce Tricolori, che rumoreggiano a loro piacimento e rilasciano odiose scie patriotticamente colorate. A queste, in tempi recenti, si sono aggiunti altri aerei che liberano nell’atmosfera scie sospette che si trasformano in nuvole. Se non s’interviene fermando questi piloti inquinatori, è inutile occuparsi di tutto il resto. Si farebbe la figura della volpe della favola: siccome non posso raggiungere l’uva, mi convinco che l’uva non è matura. Analogamente, siccome non posso andare contro l’esercito, mi convinco che dovremmo essere orgogliosi di ospitare la Pattuglia Acrobatica Nazionale e che quegli aerei che zigzagano su e giù per il cielo rilasciano solo innocue scie di condensa.
Tutti i candidati alla poltrona di sindaco chiedono il mio voto, ma io, dopo ventidue anni, ho la mano atrofizzata. Come diceva Adso da Melk: “Ho freddo e mi fa male il pollice” (1).
Vogliono il mio voto? Devono meritarselo! L’idea che la democrazia di base, gestita nei quartieri e nei comuni, sia diversa, più sana e meno corrotta di quella sceneggiata da deputati e senatori, è un’idea pericolosa, perché nelle dichiarazioni fatte in tivù dai cosiddetti big della politica, le elezioni amministrative sono un banco di prova per i giochi di più alto livello.
E’ come nello sport del calcio: ci sono i professionisti e i dilettanti. Il mio ex alunno e gli altri candidati a sindaco sono i…pulcini, la squadretta giovanile da cui i politici di professione pescheranno le nuove leve, che dovranno in tutto e per tutto adeguarsi alle regole. Pena la squalifica. Che altro significa “fare carriera politica” se non cominciare dalla gavetta, diventare prima sindaco, poi consigliere regionale, poi deputato, poi sottosegretario e infine ministro o Premier? Tutti mirano all’alto, alla cima, in una piramide immaginaria in cui il vertice è un luogo metafisico più desiderabile della base.
Le gerarchie sono infauste e obbrobriose di per sé, ma una struttura che falsamente dice di volere il bene dei cittadini e poi li pugnala alle spalle, lo è ancora di più. Non come la gerarchia ecclesiastica che, in fatto di tradimenti è il non plus (MK)ultra. Quella le batte tutte.
Tu, caro candidato, sei un laico come me, con gli stessi difetti e le stesse debolezze, quindi se non mantieni le promesse ti capisco: sei un essere umano, in fondo. Ma un religioso che fa “carriera politica” all’interno della piramide ecclesiastica e tradisce le sue stesse norme morali, inchiappettandosi un bambino o facendo loschi affari finanziari, tradisce un po’ tutti: Dio, i fedeli, la sacra scrittura, gli stessi confratelli devotamente irreprensibili. Non c’è remissione dei peccati, per lui. C’è solo l’inferno dell’ignominia.
Anni fa alla televisione vidi un film in bianco e nero. S’intitolava “Zeta, l’orgia del potere” e fu un film che cominciò ad aprirmi gli occhi. O forse solo il terzo occhio. Fu solo l’inizio di una lunga serie di scoperte e rivelazioni. Man mano che passarono gli anni mi accorsi che nulla è come sembra e che la nostra società, a tutti i livelli, compresi quelli della democrazia comunale, è un inganno, una colossale, continuativa, ostinata presa in giro del cittadino. Uno stillicidio di menzogne suadenti e melliflue. Oggi si potrebbe parafrasare così: “Ics, l’orgia del finto potere”, dove per ics s’intende il segno da analfabeti (perché così ci trattano) che viene messo sulla scheda elettorale.
Presi parte anch’io, inconsapevolmente, a tale pantomima, ma solo fino a quando i Verdi, emanazione di quello stesso potere che pretendevano di cambiare, non mi diedero il benservito. Mentre ero candidato in lista per le europee nel lontano 1989 feci una cosa che avrebbe potuto fargli perdere voti: ebbi la sfrontatezza di farmi arrestare perché avevo sabotato un cantiere dove si stava costruendo un allevamento di cavie.
Guardando dall’alto della montagna che bene o male ho risalito, la montagna del tempo che passa, come un vegliardo biancocrinito guardo giù nella valle di lacrime e vedo che l’allevamento è ancora lì (sforna ratti e conigli da tortura); i Verdi non ci sono più perché inglobati nel cosiddetto Centrosinistra, una specie di ectoplasma privo di confini precisi, mentre il potere è ancora al suo posto e distribuisce promesse elettorali del tutto simili a quelle dei miei tempi, trite e ritrite, oserei dire prive di mordente e fantasia.
Noi eravamo sinceri, oltre che giovani ingenui ripieni di belle speranze. Non posso escludere che anche i candidati odierni lo siano, ma non ce la faccio più a essere ottimista e speranzoso; una grande delusione si è impossessata di me e non riesco a scacciarla. Ma poi, farei bene a scacciarla? Ai nostri tempi, per fare un esempio, noi avevano lo scandalo dell’atrazina nelle falde freatiche. Oggi, questi, hanno addirittura il mercurio! (2)
Cos’è andato storto? Cosa non ha funzionato? Vuoi vedere che il vero potere è un altro. E’ altrove. Ben occultato e fermo saldamente nelle mani delle stesse dinastie che comandavano negli anni Ottanta? E Settanta e Sessanta e nell’Ottocento e nel Settecento e pure nel XIV secolo….
Una matrix, come prefigurata dai fratelli Wachowski è in atto dentro e fuori di noi. E non ce ne accorgiamo. Quelli che se ne accorgono inorridiscono e se non distolgono subito lo sguardo prima o poi finiscono in manicomio.
Io, amareggiato e deluso, vedo il mio ex alunno agitarsi e battersi come un cucciolo di leone in gabbia. Vorrei parlargli di scie chimiche e nuovo ordine mondiale. Se lo becco, per strada o al bar, ci proverò, ma non so se mi capirà. Sarà sufficiente osservare come mi guarda appena apro bocca.
Io continuo a sentire freddo e ad avere il pollice gelato, ma per fortuna, sulla tastiera del computer, scrivo con l’indice.
 

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