sabato 18 gennaio 2014

Scegliere con consapevolezza

 

È bastata la pubblicazione di un video girato sotto copertura in una decina di allevamenti cinesi per rivelare al mondo intero la crudeltà e l’orrore che si nascondono dietro la produzione dell’angora e per indurre aziende e catene d’abbigliamento che operano a livello internazionale ad interrompere la produzione e la vendita di vestiti prodotti con tanta sofferenza.
Il video mostra i lavoratori delle fattorie mentre strappano il pelo ai conigli con una violenza tale da lasciare la pelle arrossata e irritata e da indurli ad urlare per il dolore e il terrore. Questa pratica barbara, ripetuta ogni tre mesi, lascia molti degli animali sotto shock: nel video li si vede immobili dentro delle piccole e sporche gabbie senza un pavimento o un giaciglio morbido e senza la compagnia di altri simili. Dopo pochi anni (dai 2 ai 5) quando la qualità del pelo sarà deteriorata, i sopravvissuti saranno appesi a testa in giù e verrà loro tagliata la gola: diventeranno carne di seconda scelta.
Anche i conigli a cui il pelo viene tosato e non strappato sono sottoposti a un’ingiustificata sofferenza: legati per la testa e le gambe posteriori cercano disperatamente di divincolarsi e fuggire e in questa lotta rimangono feriti dagli strumenti taglienti utilizzati per la tosatura.

I conigli sono animali delicati, intelligenti, con personalità individuali proprio come i cani e i gatti. Nel loro habitat naturale vivrebbero in tane scrupolosamente pulite e passerebbero il tempo a cercare cibo fresco e ad interagire con i loro simili.

Il 90 per cento della produzione mondiale della lana d’angora proviene dalla Cina: si stima che più di 50 milioni di conigli d’angora siano prigionieri degli allevamenti cinesi. E’ noto che in Cina non ci sono sanzioni per il maltrattamento degli animali negli allevamenti. Nel 2009 è stata promulgata una nuova legge, ma non viene applicata. Quei maglioni, sciarpe, guanti che paghiamo poche decine di euro hanno in realtà un costo enorme: milioni di vite abusate e spezzate.


Il terrore psicologico e il dolore fisico, gli abusi continui a cui questi animali sono sottoposti hanno suscitato indignazione in tutto il mondo, spingendo i grandi rivenditori tra cui Marks & Spencer, Next, ASOS, Topshop, Calvin Klein e Tommy Hilfiger a cessare la produzione e la vendita di pelliccia d’angora. H&M è andata oltre dando la possibilità ai propri clienti di restituire con rimborsi al 100% i capi di angora acquistati nei suoi punti vendita. Tutte queste aziende si sono inoltre impegnate a fare un controllo sui fornitori e a pretendere che vengano rispettati gli standard aziendali riguardo al benessere animale.

A questa prima ondata di indignazione, però, non rispondono due aziende: GAP e Zara. Non rispondono neanche all’autorevole Huffington Post che chiede ai due colossi un commento al video.
A questo punto parte l’offensiva animalista: una petizione lanciata da SumOfUs.org, un'organizzazione no-profit con sede a Washington, chiede a Zara di cessare la vendita di prodotti realizzati con pelliccia d’angora. In pochi giorni la petizione raggiunge quasi 300.000 firme. Un’adesione di questo genere ha attirato l’attenzione dei più grandi quotidiani, dal Los Angeles Times allo Huffington Post. Solo Zara non reagisce, continuando a trarre profitto dalla vendita del prodotto della sofferenza di milioni di animali. Un portavoce di Inditex, il gruppo spagnolo che possiede un centinaio di aziende tra le quali Zara, ha dichiarato "Vorremmo sottolineare che Zara non è un acquirente diretto dell’angora che è invece proveniente dai nostri fornitori, di conseguenza non abbiamo rapporti commerciali diretti con le imprese che effettuano la produzione di tali materie prime". Hanno cercato in questo modo un po’ goffo di ripulire l’immagine dell’azienda, spingendo quindi SumOfUs.org a promuovere una nuova protesta: gli animalisti e tutte le persone scandalizzate erano invitate a telefonare o scrivere a Inditex e a recarsi di persona nello Zara Store della propria città per comunicare con una lettera al manager la propria indignazione.
                                                                                                                                                                 
La pressione è tale e tanta che il giorno 18 dicembre Zara, attraverso la sua società madre Inditex, rilascia una dichiarazione: “L’azienda non effettuerà più ordini di pelliccia d’angora fino a che non avrà verificato e appurato che gli allevamenti che gli forniscono la pelliccia operino in conformità con i requisiti aziendali. Inditex afferma inoltre che obbligherà i propri fornitori a seguire le raccomandazioni delle associazioni animaliste con le quali Inditex stessa mantiene un contatto costante e che sta effettuando in tutti gli allevamenti fornitori di pelliccia d’angora, mettendo in atto al contempo un processo di certificazione indipendente di conformità ai requisiti dell’azienda”.
Questa vicenda mostra quanto la sensibilità nei confronti degli animali e la consapevolezza dei loro diritti si stia facendo sempre più diffusa.

Ci mostra inoltre l’enorme potere che abbiamo e che possiamo esercitare sulle grandi aziende e multinazionali che sfruttano gli animali: il potere di NON acquistare. La possibilità di scegliere con consapevolezza e rendere “intelligente” e umano il nostro essere consumatori. Abbiamo il potere di “costringere” un’azienda - firmando, scrivendo, telefonando, manifestando, boicottando - a cessare pratiche barbare e violente a favore di scelte più umane e rispettose nell’ottica di un futuro e imminente abbandono di qualsiasi tipo di sfruttamento animale e umano. 

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