lunedì 1 settembre 2014

Ho le prove!


Finalmente, dopo anni che ne sento parlare, posso dire di avere le prove che un traffico di ossa umane, in Madagascar, esiste, giacché ne ho visto un sacco gettato ai piedi di un albero durante la passeggiata che io e Tina abbiamo fatto nella vicina foresta di manghi domenica 31 agosto. Anche la mia testimonianza visiva, come succede con gli avvistamenti ufologici, è già una prova del fatto che questo preciso fenomeno è reale. Resta da capire chi è il mandante, cioè a cui prodest, poiché continuo a rifiutare la versione fornitami da mia moglie secondo la quale a comprare ossa di morto sono i vazaha. Io propendo piuttosto per gli stregoni, conosciuti con il nome di ombiasy. Tuttavia, che in Occidente vi sia richiesta di parti del corpo umano è acclarato e le tre principali categorie di compratori sono le industrie farmaceutiche, i ricchi anziani che abbisognano di organi per i trapianti e quei degenerati che fanno “snuff movie” e sacrifici umani. Di quest’ultima categoria di criminali si sa poco, ma sappiamo che esiste perché ne vediamo gli effetti e ogni tanto se ne parla in cronaca nera. Riguardo al traffico di organi per i trapianti, anche questo criminale, si parla di bambini rapiti in Sudamerica e in altre parti del mondo, non escluso il Madagascar, mentre con le industrie farmaceutiche già ci muoviamo nell’ambito della legalità.

 
Non sono in grado di dire quanti bambini scompaiono ogni anno in Madagascar, anche perché nelle principali città ci sono orfani che vagano alla ricerca di cibo senza che nessuna autorità si preoccupi nemmeno di farne un censimento, ma in Italia sappiamo che sono circa 2.000 i bambini che mancano annualmente all’appello, sui quali si possono fare le peggiori congetture. Mi diceva l’anno scorso un italiano conosciuto all’Esterel di Tulear che in Madagascar si contrabbanda un po’ di tutto, specie nel Canale di Mozambico, lasciandomi intendere che anche parti di corpi umani rientrano nel novero di tale mercanzia illegale. Per quel che ne so, le industrie farmaceutiche potrebbero ricercare cervello e organi genitali dei bambini malgasci per estrarne le ghiandole, nel caso del cervello quella pineale, ma per i trapianti è necessario che l’organo sia fresco, appena estratto dalla sua sede naturale e non credo che i contrabbandieri si spostino, a bordo dei loro motoscafi veloci, con i glaciers da pic nic pieni di reni, fegati e globi oculari. Ci sarebbe bisogno del bambino intero vivo.

Questo traffico, reale o meno che sia, ha già prodotto alcune vittime: Roberto Gianfalla, il suo amico francese e lo zio malgascio di un bambino trovato cadavere a Nosy Be nell’ottobre scorso, tutti e tre torturati, linciati e alla fine bruciati dalla folla inferocita, proprio con l’accusa di traffico di bambini. Sappiamo che la folla inferocita agisce sull’onda dell’emotività e in base a istinti che nulla hanno di razionale (casi simili accadono anche in Brasile), ma qualcosa di vero, stante l’innocenza dei tre malcapitati, ci deve essere. E’ anche probabile che le autorità sappiamo, proteggano i veri responsabili e lascino che ad andarci di mezzo siano degli innocenti, dati in pasto alla folla su istigazione delle autorità colluse stesse. Nel caso di Nosy Be è stato un esponente politico, poi arrestato, a gettare il discredito sui due vazaha, attraverso una radio locale.

Ammettiamo dunque che bambini malgasci vengano rapiti e in qualche modo trasferiti fuori dall’isola, destinati poi ai docu-film violenti, al traffico di organi e all’asportazione delle loro ghiandole per usi farmaceutici, la domanda che mi pongo è: a chi possono servire delle ossa umane, quando i mattatoi sono in grado di fornire tonnellate di ossa animali?

Lasciando in sospeso questa domanda, che potrebbe trovare risposta proprio nei riti stregoneschi più segreti, subito dopo il fortuito ritrovamento, continuando la nostra passeggiata, si è formato un capannello di persone a commentare il fatto con Tina, tra cui il guardiano del terreno che non solo ha detto che il sacco d’ossa è lì da cinque giorni, ma anche di aver visto in pieno giorno un ragazzo in bicicletta scaricarlo sotto il mango e allontanarsi velocemente. Tina sostiene che il mandante, dopo aver esaminato la merce, l’ha rifiutata, così che al profanatore di tombe non è restato altro da fare che disfarsi dei macabri resti. Nella stessa zona l’anno scorso in un pozzo inattivo erano state gettate ben due valigie piene di ossa, probabilmente per lo stesso motivo.

Data un’occhiata veloce, a me è parso trattarsi di ossa lunghe, come quelle dei femori, e probabilmente di più persone. Avendone estratta qualcuna per fotografarla, poi Tina non ha assolutamente voluto essere toccata da me, con la mano con cui avevo toccato le ossa, più per motivi superstiziosi che per motivi igienici. Per fortuna avevo con me le salviette imbevute. Chiesto ai presenti perché non viene fatta intervenire la polizia o almeno il fokontany, cioè il capo villaggio, mi è stato risposto che la polizia non si muove per simili stupidaggini e il podestà non saprebbe dove buttarle. Si tratterebbe di toglierle da un posto per depositarle in un altro, ma io mi chiedo a questo punto perché almeno qualcuno non le seppellisca.

Un altro aspetto antropologicamente interessante è che dopo avermi visto nelle vicinanze (siamo andati al villaggio vicino a salutare Madame Ursula, la vedova di un francese), la gente potrebbe cominciare ad associare me alle ossa e sospettare che io c’entri qualcosa. Aver mostrato le foto in memoria nella macchinetta digitale ad alcune comari sulla strada, non è stata, forse, una bella mossa, ma è stata proprio Tina a dirmi di farlo. Evidentemente, lei le conosceva e io tendo a fidarmi di lei. Se fra qualche giorno la polizia verrà a cercarmi ve lo farò sapere, ma io al momento sono tranquillo. Intanto devo dire che, essendo uscito a fare una passeggiata per cercare animaletti, ho fatto questo macabro incontro in ossequio al principio della Serendipity. Ed è la prima volta che vedo ossa umane così da vicino, se escludiamo i teschi di un monastero di Cuzco.

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