giovedì 4 settembre 2014

Un tranquillo mercoledì di paura


Mancava qualche minuto alle sei di sera, la luce stava scemando e io leggevo “Il vicerè di Ouidah”, di Bruce Chatwin. Odillon stava spaccando i legnetti di sapen con un coltello, facendone schegge più piccole adatte per accendere il fuoco, suo fratello Sammy giocava da solo seduto sulla sabbia, Annika aiutava sua madre ad accendere la fatapera, poiché avevamo in mente di fare le patate fritte. Sentii degli scoppi e delle urla e pensai a una partita di pallone con la gente che tifa per la propria squadra e qualcuno che tira petardi. Tina mi venne vicino e mi chiese: “Hai sentito?”. Subito dopo, altri scoppi nell’aria e il vicino di casa, un poliziotto in pensione, dall’altra parte del recinto di lamiera, che chiedeva ad alta voce a se stesso: “Cosa sta succedendo?”.


Gli scoppi si ripeterono, insieme alle urla, e fu chiaro in quel momento che erano spari di fucile. I bambini ci precedettero in casa in silenzio, come facessero una normale esercitazione scolastica per affrontare le emergenze, e si misero accovacciati tra il letto e il muro della camera. Le ante della finestra, però, erano ancora aperte e vi filtrava l’ultima luce del giorno. Mi chiusi alle spalle la porta di metallo traforata e stavo per chiudere anche quella in legno, che vedo entrare nel nostro cortile la moglie del poliziotto in pensione, nostro vicino di casa. Tina, al mio fianco, le urla: “Vai a casa che ci sono i malaso!”. La donna, che veniva dal mercato e non sapeva nulla, esegue. Tina aggiunge che sua figlia era con noi, insieme agli altri bambini. Stavo quindi per chiudere definitivamente la porta in legno che vedo un giovane correre davanti al nostro ingresso, oltre la porta traforata in ferro. Vedo che gira ad angolo retto verso la latrina, ne schiva la porta aperta e passa dietro casa, percorrendo pochi metri di uno stretto corridoio tra il muro e il recinto di lamiere. Io l’ho visto, ma lui non ha visto me, ed è stato un bene perché, trattandosi di uno dei quattro malaso, come abbiamo saputo più tardi, avrebbe potuto memorizzare che in quella casa abitava un vazaha e organizzare qualche successiva irruzione ai miei danni.

E invece, sentiamo il fragore di lamiere che cedono: il ragazzo, agilmente, aveva scavalcato il recinto posteriore, causando un danno alla struttura. Forse si è anche tagliato ma, come siamo venuti a sapere in seguito, di sicuro è stato colpito dalla moglie del vicino che se l’è trovato faccia a faccia e che era stata spinta da parte dal giovane durante la sua fuga. E ne aveva ben d’onde! Siamo infatti venuti a sapere che, dopo essere stata spinta via, la donna lo aveva colpito con un badile appoggiato al muro e la fretta del giovane bandito era dovuta al fatto di essere inseguito da un poliziotto, un collega del nostro vicino, armato di pistola. Il quale, sopraggiunto subito dopo, aveva chiesto alla donna da che parte si fosse diretto il fuggitivo. Il poliziotto era uscito dal portoncino d’ingresso al cortile, lasciandolo aperto, lo stesso da cui era entrata la moglie del vicino, proveniente dal mercato. Si forma un capannello di persone. C’è eccitazione nell’aria, come se si fosse rotto un equilibrio. Anche i bambini sono usciti dalla loro tana.

Constatiamo i danni e veniamo chiamati a vedere anche il varco che il giovane bandito, nella sua fuga disperata, si era aperto nello steccato di legno di katrafay del poliziotto pensionato. Si respira l’aria delle grandi disgrazie e ci si sente uniti, affratellati, noi persone per bene. Tutti vogliono parlare e hanno qualcosa da dire. Io non capisco una mazza di quello che dicono ma avverto le loro emozioni, che mi contagiano irrazionalmente. Devo riconoscere che Tina, tutte le volte che la sera si barricava in casa, prospettandomi per me incredibili pericoli, non permettendomi di dormire con le ante aperte nelle notti afose, aveva ragione. Un malaso, da fuori, potrebbe sparare dalla finestra aperta o anche colpirci con un lefo.

Altri spari. Di nuovo un fuggi fuggi generale, compreso il poliziotto in pensione, che, non avendo più l’arma in dotazione, ha paura come tutti gli altri, per sé, per la moglie e la figlia. Passano lunghi minuti, ma un messaggero ci porta la notizia che tre dei quattro banditi si sono asserragliati in una casa e, all’esterno, ci sono una quindicina di poliziotti armati che li stringono d’assedio. Sono le sette di sera e Tina mi dice che andranno avanti fino a mezzanotte. Come minimo. La conclusione è scontata perché a un certo unto le loro munizioni finiranno. I poliziotti non sembrano avere fretta di catturarli, non si espongono e centellinano anch’essi le munizioni, poiché lo Stato gliene passa pochine. Tina dice che siccome l’attesa li farà arrabbiare, se i tre malaso si arrenderanno saranno sicuramente malmenati, o dai poliziotti stessi o dalla folla in attesa nelle vicinanze. Dice anche che il ragazzo che aveva attraversato il nostro cortile fuggendo a quell’ora era già stato acciuffato e probabilmente linciato.

Ma cosa avevano fatto di tanto grave per meritare la pena di morte senza regolare processo? Veniamo a sapere alcuni particolari e a me sembra una barzelletta. I quattro si erano seduti al bar a bere qualcosa. Passa un uomo a piedi e decidono di rapinarlo. Solo uno di loro è armato di pistola. All’uomo rubano portafogli, cellulare e orologio, lasciandolo poi andare, ma un avventore che aveva assistito alla scena chiama immediatamente la polizia. Che arriva con una camionetta verde mentre ancora i quattro sono presso il bar. Il malaso armato spara, da lontano, verso la camionetta, costringendola a fermarsi. Forse era ubriaco. Poi fuggono, con una quindicina di sbirri alle calcagna. Uno si separa dal gruppo, ed è quello che ci è entrato in cortile, tre restano uniti e vanno a infilarsi nel cul-de-sac di una casa disabitata. Non so quale delle rispettive sorti è stata la migliore, se quella del ragazzo che ha tentato una fuga solitaria, linciato dalla folla, o quella dei tre che si sono nascosti in una casa, linciati dalla folla e dai poliziotti. Questo modo di amministrare la giustizia va contro i diritti dell’uomo, ma fa risparmiare tempo ai giudici. A Tina in questi giorni parlo della possibile futura terza guerra mondiale e lei, in riferimento a quanto era appena successo, dice che la guerra in Madagascar c’è già, da sempre. 

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