mercoledì 14 settembre 2016

La spartizione della Libia spacciata per missione umanitaria



Siamo in guerra e non ce lo dicono. Ieri abbiamo assistito ad una pantomima oscena da parte dei ministri di esteri e difesa. Dopo le numerose esclusive della stampa internazionale, che ci vedono alla guida del futuro contingente militare, Gentiloni e Pinotti sono venuti in commissione a raccontarci la storiella che manderemo 300 uomini misti tra medici e militari, con una nave a supporto, per una missione umanitaria. 
Peccato che si siano dimenticati di dirci che i medici non cureranno certo i civili, eh no, cureranno i soldati feriti durante il conflitto di terra. Non solo, ovviamente i nostri militari avranno mandato di ingaggiare battaglia in caso di attacco (e ci mancherebbe altro).
 Tradotto: siamo ufficialmente in guerra e ci dicono che andiamo a curare le povere vittime.
 



La Libia, dopo il disastro del 2011 con l'uccisione di Gheddafi per mano francese, è il frutto delle nostre colpe.
 Un paese diviso da una guerra civile che non avrà mai pace finché non si arriverà ad una vera stabilità politica. 
Ora voi mi direte, anche la coalizione internazionale vuole stabilizzare la Libia, balle! 
Il progetto concordato prevedeva, come prerequisito a qualsiasi azione militare, la legittimazione del Presidente Serraj da parte di tutte le fazioni libiche, inclusa quella del Generale Haftar. In sostanza, il raggiungimento del cosiddetto Governo di Unità Nazionale. 
Era stato raggiunto? Manco per niente. Addirittura, dopo 2 anni di "semplice" gelo politico, si è recentemente arrivati, per la prima volta, allo scontro armato tra le truppe dei due leader libici alle porte dei pozzi nella "Mezzaluna Petrolifera". In sostanza invece che far passi avanti li abbiamo fatti indietro, ma il Governo, nonostante ciò, manda i nostri uomini al massacro.
 La verità è che USA, Francia, Italia e Inghilterra non vedono l'ora di ri-spartirsi la Libia (l'avevano già fatto tra il XIX e il XX secolo) e i suoi pozzi di petrolio.
 Non importa chi governerà la futura Libia, importa solo che sia un rappresentante degli interessi occidentali e non del popolo libico.


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