giovedì 15 dicembre 2016

La nascita di un novello Zaratustra


Un amico che ho lasciato in Friuli mi chiede insistentemente se in Madagascar ho trovato ciò che cercavo sul piano esistenziale. Provo a rispondergli qui, pubblicamente. Anzitutto va detto che la conquista della pace interiore è una lotta ininterrotta, che si può praticare ovunque e ha termine con la nostra morte corporale. Meglio, però, se la si pratica in luoghi dove si presume ci siano le migliori condizioni per raggiungere il bersaglio. C’è gente che riesce ad essere felice rinchiudendosi in meditazione in una grotta dell’Himalaya e non si tratta di monaci tibetani, nati e cresciuti in una determinata cultura, ma di occidentali che si sottopongono a dure discipline. Per quanto riguarda me, occidentale sui generis, i principii che mi sembrano pertinenti ai fini della presente discussione sono quattro: (1) per aspera ad astra (attraverso le difficoltà, alle stelle), (2) gettare il cuore oltre l’ostacolo, (3) va dove ti porta il cuore e, new entry, (4) la felicità non è un sentimento, ma una decisione. I primi due nascono in ambito militaresco, il terzo è il titolo del successo editoriale di Susanna Tamaro e il quarto ha origine in ambiente buddista. In nessun caso è sicuro il risultato, ma almeno, alla resa dei conti finale, si potrà dire: ci ho provato.




Sui primi tre non intendo soffermarmi, perché di facile comprensione. Il quarto invece mi stimola a riflettere che si può essere felici grazie a una forte volontà e a prescindere dalle avversità del mondo esterno. L’idea, senza dubbio, è suggestiva: sono felice perché ho deciso io di esserlo, a prescindere che mi trovi nel freddo Friuli o nel torrido Madagascar. In quanto anarchico individualista, non posso non provare affinità con questo tipo di idee. Nietzsche diceva che la volontà è potenza. Essere padroni delle nostre vite e non semplici comparse: un concetto che ci sentiamo ripetere da sempre ma che non siamo mai in grado di realizzare, forse perché non ne comprendiamo bene il significato.





Al momento attuale, in questa linda camera del Pavillon de Jade di Tana, in attesa di rientrare nell’arido sud a bordo di scomodi taxi brousse, la mia idea di felicità coincide con una sedia a sdraio all’ombra di una palma, di fronte al mare cangiante, con un sottofondo di canti d’uccelli frammisti al rumore delle onde, qualche libro a portata di mano, frutta, un frigo ben fornito di birre e la connessione internet per non sentirmi del tutto tagliato fuori dalle relazioni sociali che fanno parte del mio passato e quindi, mentalmente, anche del mio presente. Ma, oltre a tutto ciò, per raggiungere la pace che cerco, è essenziale che non arrivino rompiballe. Il giorno in cui avrò raggiunto questi obiettivi, non mancherò di farlo sapere all’amico che ho lasciato in Friuli. Per ora ho solo imparato una frase da ripetere come uno scongiuro, con valore apotropaico: “Zaho mila fiadana no mangingina”, ho bisogno di pace e tranquillità. La ripeterò come un mantra ogniqualvolta qualche malgascio dovesse avvicinarsi, per un qualsiasi motivo, e se necessario la scriverò su cartelli delimitanti il sacro recinto, lo spazio mio privato ed esclusivo, inviolabile da piede umano. I soli benvenuti saranno gli animali della foresta. Un nuovo Zaratustra sta per nascere in Madagascar.  


3 commenti:

  1. Toccherá seguirti con molta attenzione.... Dovrei decidermi anche io ad essere felice, ma temo che confini con l'egoismo. Equilibrio amico mio, nessun uomo é un'isola. Mandi

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    1. Se i buddisti ci riescono, perché i cristiani non dovrebbero riuscirci?

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    2. forse perchè sono proprio cristiani... o meglio dire occidentali...

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