domenica 15 gennaio 2017

Sotto i ponti della civilizzazione


Da molti anni sono perseguitato dall’idea che potenze superiori a me invisibili mi facilitino l’esistenza. I cattolici la chiamano Provvidenza. Io non so come chiamarla di preciso. Quindi mi sono chiesto come mai oggi, nell’affannosa ricerca che io e Tina stiamo facendo di una casa in affitto che costi meno di 400.000 ariary al mese, quella offerta da un francese nel quartiere di Maninday per 250.000 era già stata affittata ieri. Andata! Solo 24 ore fa! E noi siamo arrivati in ritardo. La moglie malgascia del francese, che in foto vediamo con i tre figli, è stata così gentile da farci vedere la casetta perché i nuovi inquilini ancora non ne hanno preso possesso. Appena arrivati, siamo stati fatti accomodare nell’abitazione del francese e, mentre la domestica andava a chiamare la padrona, ho notato subito alcune cose interessanti. Sotto la foto del padrone di casa c’era un osso di dinosauro di 50 cm, sistemato come gli appassionati di karate sistemano le katane, ma in un angolo della sala ce n’era uno ancora più grande, di circa un metro e venti, posizionato verticalmente su appositi sostegni. Un televisore al plasma di decine di pollici, una specie di cinematografo domestico e, nell’angolo dell’adiacente cucina, un frigo americano gigantesco, con distributore di ghiaccio esterno, denotavano lo status di ricchezza del padrone.




Il quale, per quanto mi è dato di sapere, è diventato ricco commerciando in pietre preziose e semipreziose, cosa del tutto verosimile se penso ai lussuosi fuoristrada che tailandesi e cingalesi possono permettersi di comprare in quel di Ilakaka, anche loro impegnati nel business delle gemme. Di solito succede che i minatori, cercando zaffiri e rubini, trovino ossa di dinosauro (succede anche nelle miniere di uranio). Non sapendo che farne, poiché le ossa di dinosauro non possono per legge uscire dal paese, le mettono da parte per il mercato interno, esattamente come succede per le uova dell’uccello elefante, e finiscono per abbellire le case dei vazaha che sono nel ramo minerario e che hanno la passione per i fossili.





Credo che sarei andato d’accordo con il padrone di casa, avendo entrambi gli stessi interessi, ma non ho avuto nemmeno il piacere di conoscerlo di persona. Sua moglie ci ha accompagnato a vedere la casa in affitto. Aggirata l’abitazione principale, circondata da lussureggiante vegetazione esotica, abbiamo costeggiato una piccola piscina con l’acqua di un bel verde brillante a causa dell’eutrofizzazione. Non potevano sfuggirmi i due ditischi che nuotavano e che erano sicuramente arrivati lì volando, come tutti i ditischi che si rispettino sanno fare. Due bambini malgasci, uno dei quali probabilmente il figlio del francese, sono entrati in acqua e si sono immersi senza badare ai coleotteri, potenzialmente pericolosi se presi in mano. Meglio così. Meglio che non vadano a stuzzicare il nemico numero uno dei girini. Lì comunque, di girini non credo ce ne siano e quindi ai due coleotteri converrà sloggiare, prima o poi.





Con 300.000 al mese comprensivi di acqua e luce, avremmo potuto magari avere anche l’uso della piscina, che con questi caldi torridi è un toccasana, ma non abbiamo verificato se ciò sarebbe stato possibile. Forse, l’unico difetto, dal mio punto di vista, è che ci sarebbe stata poca privacy. Venendo via avvilito, benché Tina abbia lasciato il nostro numero nel caso i nuovi inquilini cambino idea, mi è toccato vedere anche un’altra cosa triste: quattro ricci in gabbia, di cui uno appeso alla rete e tre sul fondo, in un angolo. Ho capito subito che erano lì a disposizione del cuoco. Quando ho espresso la mia opinione che sono protetti per legge, Tina è intervenuta dicendo che non si tratta del Tenrec, vero e proprio fossile vivente, ma del riccio comune, quello che viene venduto arrosto anche ad Andranovory. Quando i bambini vanno nella brousse per pascolare le capre, li trovano, ci giocano un po’ e poi li portano al cuoco del francese, che glieli compra per pochi spiccioli. E’ così che il virus chiamato Homo sapiens raschia il fondo del barile della natura, servendosi anche dei bambini. Personalmente, non mi sono simpatici quei bianchi che, per sentirsi integrati nella società malgascia, arrivano al punto di mangiare quelle simpatiche creature dal musetto appuntito. Devo essere onesto, però: i ricci una volta venivano mangiati anche dalle mie parti, in Friuli, ma da quella volta, dagli anni di miseria, ne è passata di acqua sotto i ponti!




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