venerdì 23 febbraio 2018

Il filo rosso che unisce Sciacca al Pakistan


Mariapia Rottweiler: Sindaco di Sciacca, Francesca Valenti, ti auguro di morire avvelenata, come i randagi che hai fatto ammazzare. E presentandoti all'inferno, Satana, indignato, ti cacci via. In questi giorni di dolore ho sentito il diavolo piangere e chiedere Dio dove fosse. Vergognaaaaaaaaaaaaaaaaaaa, per quello che hai fatto.


Me: Fino a prova contraria, non si può accusare la sindaca Valenti di aver ordinato l’avvelenamento dei 30 cani (ma c’è chi dice che sono molti di più). L’avvelenamento dei cani randagi è endemico nel Meridione d’Italia in maniera direttamente proporzionale al randagismo. Se una colpa si deve trovare nella sindaca – e in tutti i suoi colleghi siciliani – è quella di non aver mai voluto prendere in considerazione il problema della moltiplicazione incontrollata dei cani senza padrone, sulla base del principio antropocentrico che “ci sono cose più importanti”. Oppure, sulla base dello slogan “Prima l’uomo e poi gli animali”. 



Questo è il substrato pseudoculturale alla base di ogni politica di eradicazione degli animali selvatici o rinselvatichiti. Vedi nutrie. La responsabilità morale va senza ombra di dubbio ascritta alla Chiesa cattolica, che ha sempre posto l’uomo al centro dell’universo, salvo poi scoprire che al suo interno c’era chi metteva certe categorie umane al di sopra di altre categorie umane, in quello che è conosciuto come razzismo. Il termine “specismo”, infatti, non lo conosce nessuno e, come diceva Milan Kundera, è talmente insito nella mentalità degli esseri umani da risultare invisibile e impercettibile. 

Ma in fatto di responsabilità, non mi fermo ad accusare la Chiesa cattolica e i suoi concetti retrivi, ma posso aggiungere anche Sandro Pertini, sotto la cui presidenza l’ENPA fu declassificata da ente statale a semplice associazione, delegando ai sindaci il controllo degli abusi sugli animali. E’ chiaro che se uno zoppo guida un altro zoppo, entrambi finiscono nel fosso e se i sindaci sono degli emeriti ignoranti, di occuparsi dei diritti calpestati degli animali non ci penseranno proprio per niente! Veniamo poi alle ragioni storiche. Come mai il randagismo è un problema da Roma in giù? State cominciando a sentire odore di leghismo, con questa mia semplice domanda? Bene, allora, se ci riuscite, confutate la mia tesi in base alla quale secoli di dominazione araba della Sicilia hanno portato nella migliore delle ipotesi all’indifferenza nei confronti dei cani randagi e, nella peggiore, a casi come quello in oggetto. 

Del resto, anche la Spagna ha avuto una lunga dominazione araba e infatti lo si vede nelle sagre religiose pseudocattoliche in cui si praticano varie forme di strazio ai danni degli animali. Per tacere della corrida. Del resto, sempre a proposito dell’antipatia che i musulmani hanno nei confronti dei cani, notizie di stragi periodiche di cani randagi ci giungono dal Pakistan, dall’Afghanistan, dalla striscia di Gaza e dall’India, per lo meno da quelle zone del subcontinente occupate da musulmani. C’è dunque un filo rosso che unisce i paesi di religione islamica con Sciacca e le altre località del Meridione in cui i cani vengono avvelenati. Come uscirne? Con un processo lentissimo di civilizzazione, partendo dalla consapevolezza che l’antropocentrismo, sia esso islamico, cattolico o laico, è la base di ogni male. Tra l’incaprettare un capretto o un picciotto c’è solo una differenza di grado, ma la violenza è la stessa.

3 commenti:

  1. Risposte
    1. Quella mucca, inconsapevolmente, ha toccato un tasto molto sensibile per noi esseri umani: la libertà.

      Ha avuto un comportamento troppo umano, immortalato in numerosi film e romanzi, ed è questo che l'ha salvata.

      Elimina
  2. Bruno Sebastiani non lo conosce nessuno, ma il film Matrix lo abbiamo visto tutti.

    RispondiElimina