giovedì 8 marzo 2018

La vera storia dell'otto marzo


Testo di Danila Ticconi



Come nasce la festa delle donne? "Ma certo che lo so!”, dirà qualcuno con il sorriso sornione: l’8 marzo si ricorda la morte di centinaia di operaie nel rogo della fabbrica di camicie Cotton avvenuto nel 1908 a New York. No, sbagliato. Con buona pace di chi alimenta il mito delle operaie in sciopero chiuse in fabbrica e arse vive, come novelle Giovanna d’Arco, l’8 marzo 1908 non ci fu alcun incendio alla fabbrica Cotton. Tutto nasce nel 1917, a San Pietroburgo, Russia, quando le donne comuniste della capitale guidarono una grande manifestazione contro la guerra: fu l’inizio della fine per lo zarismo. E così l’8 marzo 1917 passò alla storia come l’inizio della «Rivoluzione russa di febbraio» (secondo il calendario giuliano allora in vigore in Russia, era il 23 Febbraio). Per questo motivo, e in modo da fissare un giorno comune a tutti i Paesi, il 14 giugno 1921 la seconda Conferenza Internazionale delle Donne Comuniste, tenuta a Mosca una settimana prima dell’apertura del III congresso dell’Internazionale Comunista, fissò all’8 marzo la «Giornata internazionale dell’operaia».


Tanto che la prima giornata internazionale della donna, in Italia, venne organizzata dal Partito Comunista d’Italia (poi nel dopoguerra Partito Comunista Italiano), nel 1922, e qualche anno più tardi, sul periodico “Compagna”, apparve una lettera di Lenin (!) che ricordava l’8 marzo come Giornata internazionale della donna, la quale aveva avuto un ruolo fondamentale nella Rivoluzione d’Ottobre. Chi si inventò, dunque, la balla dell’incendio alla fabbrica americana Cotton nel 1908? Fa parte di una delle tante manipolazioni storiche operate nel secondo dopoguerra dagli USA, anzitutto per intestarsi l’origine della ricorrenza, in secondo luogo per cancellare qualsiasi traccia del ruolo che avevano avuto nel promuoverla a livello mondiale le “donne comuniste“.

La festa della donna nacque per esaltare il ruolo delle donne nella lotta per una società senza padroni, libera dalle ingiustizie, dove fossero rispettate tutte le libertà, tranne una: quella di sfruttare il lavoro di altri esseri umani, siano essi uomini o donne. Non è una ricorrenza commerciale, benché abbiano cercato di renderla tale, negli anni. E’ invece il monito preciso, a livello internazionale, che “non è libero l’uomo che opprime la donna”, perché senza le donne, molte delle conquiste sociali ottenute da chi soffre non ci sarebbero state (si pensi solo al ruolo di Rosa Parks negli USA, di Rosa Luxemburg in Germania e di tante altre). Ogni tanto sarebbe anche il caso di dire loro “grazie”, non solo perché ci hanno messo al mondo.

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