lunedì 26 marzo 2018

Soccorso marino


Un signore di Tolmezzo è andato a fare un’escursione sul monte Amariana ed è caduto in un dirupo rompendosi una gamba. Per fortuna non ha perso i sensi e, avendo con sé il cellulare, ha chiamato il soccorso alpino. Nel giro di pochi minuti l’elicottero era già in volo. I soccorritori furono indirizzati sul posto dallo stesso escursionista che, pur tra mille dolori, è riuscito a indicare al pilota il luogo esatto in cui era precipitato. I soccorritori sono giunti sul posto e hanno caricato a bordo del velivolo il malcapitato, dirigendosi poi alla volta di Klagenfurt. Una volta resosi conto che lo stavano portando oltre confine, pur tra fitte lancinanti di dolore, l’infortunato riuscì a chiedere: “Ma se vi ho detto che sono di Tolmezzo, perché mi avete portato in Austria?”. “Lei non si preoccupi, qui troverà ospedali d’eccellenza e bravi ortopedici che la rimetteranno in sesto”. “Sì, ma io mi sarei accontentato anche dell’ospedale di Tolmezzo”, replicò il ferito.



Dopo qualche giorno, un cicloamatore di Ovaro, cadde e si ruppe il malleolo sulla cima del monte Zoncolan e anche in quel caso fu prelevato dall’elisoccorso e portato a Linz. Anche lui, quando se ne accorse, chiese spiegazioni e gli fu data più o meno la stessa risposta. Che in Austria si sarebbe trovato bene, eccetera, eccetera. La notizia di quegli strani salvataggi si sparse per tutte le vallate carniche e mise in agitazione gli abitanti, anche perché nei giorni seguenti casi del genere si verificarono ancora. Tutti coloro che venivano caricati sull’elicottero del soccorso alpino, venivano sequestrati e si ritrovavano in qualche ospedale austriaco. Le famiglie dei sequestrati erano preoccupatissime e già i carabinieri avevano ricevuto numerose chiamate, ma nulla sembrava rimettere a posto le cose e i giorni passavano con diversi escursionisti ingessati in vari ospedali austriaci.

Un giornalista d’assalto del Messaggero Veneto avvicinò uno dei piloti dell’elicottero e gli chiese: “Perché li portate in Austria? A casa hanno le famiglie che li aspettano”. E il pilota rispose: “Noi del soccorso alpino abbiamo ricevuto disposizioni dall’alto di portarli in Austria e non possiamo fare a meno di obbedire perché si tratta di ordini che vengono da molto in alto, dalle alte sfere”. Il giornalista prese nota e se ne andò. Dopo la pubblicazione del suo articolo, ci fu una psicosi tra la gente e nessuno voleva più andare in montagna temendo di farsi male e di essere sequestrati dal soccorso alpino.


Lasciando da parte questo racconto di fantasia in stile Ray Bradbury, quello descritto è uno scenario che si verifica nella realtà già da qualche anno, solo che al posto del soccorso alpino abbiamo il soccorso marino. Ci sono infatti navi di ONG che hanno la pretesa di farci credere che stiano salvando dei naufraghi, per lo più giovani, che in Africa hanno genitori, fidanzate, mogli e figli che li stanno aspettando e che non li rivedranno per molti anni. A meno che il naufrago “salvato” non riesca a far venire in Italia anche loro. Quello che offende noi indigeni, oltre al fatto di doverli mantenere, è che l’intera operazione ci viene fatta passare per quello che non è. Cioè, ci fanno passare per scemi, cornuti e mazziati, si direbbe in Meridione. Se ci dicessero chiaramente che i naufraghi soccorsi non vengono in Italia contro la loro volontà, come nel caso degli escursionisti carnici, ma che vengono per stabilirsi, ci sentiremmo meno presi in giro e la nostra dignità non sarebbe scalfita. Ma i subdoli ebrei che sono a capo di questa sostituzione etnica non ce lo dicono. Mentono fin dall’epoca di Abramo e continueranno a farlo, ché tanto noi, per loro, siamo solo Goim, bestiame ottuso e sfruttabile.  E poi, qui hanno i loro complici cattocomunisti che ci intortano con le loro fregnacce.

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