venerdì 7 dicembre 2018

I mille trucchetti della morte per fregarci


Luigi fu contento quando i medici gli proposero di tagliargli la gamba. Il diabete lo avrebbe portato alla cancrena ed era l’unico modo per salvargli la vita. Sulla base del principio secondo cui tolto il dente, tolto il dolore, sperava che le piaghe alla gamba avrebbero smesso di procurargli dolore. E invece, quello fu l’inizio della fine. Dopo l’amputazione dovette fare i conti con quello strano fenomeno che i medici gli spiegarono chiamarsi “arto fantasma”, che duole anche se non c’è. Poi cominciarono terapie palliative, lenitive dei dolori che, deludendolo, non erano cessati. Ci fu anche l’intermezzo della polmonite ospedaliera, presa al nosocomio di Udine dov’era ricoverato già da tre mesi. Finché non arrivò il giorno della liberazione. Anzi, della mezza liberazione, perché lui sperava di essere rimandato a casa, mentre i medici lo inviarono per un periodo di riabilitazione all’RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale) di Codroipo, suo paese di provenienza. Lì accadde l’imprevisto che fece precipitare la situazione. Seduto su una di quelle sedie a rotelle monumentali che si trovano in tutti gli ospedali, Luigi, non si sa bene come, cadde all’indietro, con tutta la sedia, sbattendo la testa. Una denuncia per malasanità, per negligenza delle infermiere o per il malfuzionamento del sedile, ci starebbe, ma Luigi fu trasportato d’urgenza all’ospedale di San Daniele, per verificare la presenza di sangue rappreso nella scatola cranica, e la sorella che lo seguiva con abnegazione non ne fece nulla. 



Accadde così che, mentre i neurologi di San Daniele cercavano un embolo in testa, esso, il piccolo grumo assassino, andò ad annidarsi nell’unico rene di Luigi che funzionava. A quel punto, fu chiaro che Luigi non sarebbe durato a lungo, si cominciò a dargli la morfina e alla sorella le infermiere dissero che ci sarebbe voluto un miracolo. Perché non fu usata quella tecnologia laser di ultima generazione che distrugge i calcoli e gli emboli senza interventi chirurgici invasivi, mi chiedevo io, messo al corrente del nefasto sviluppo dalla sorella di Luigi. Pare perché lo stato complessivo del paziente, dal punto di vista immunologico, non lo avrebbe permesso, a meno di non veder morire il soggetto “sotto i ferri”. L’ineluttabile avvenne la notte scorsa, alle tre e un quarto, dopo quattro mesi e mezzo di calvario ospedaliero. A tenergli la mano mentre moriva, fu una mia amica che fa le notti in ospedale, da me suggerita alla sorella di Luigi. Dal blocco renale di solito non si esce vivi. Il funerale sarà lunedì. Io non ci andrò, perché non vado mai ai funerali. 

4 commenti:

  1. Purtroppo storie simile questa, al momento, ne ho assistito per ben 4 volte: è una corsa a tentativi che non servono al recupero.
    I medici e tutto l'apparato ospedaliero fanno il loro possibile, secondo le loro linee guida, ed in effetti l'unica cosa efficace dovrebbe essere il Miracolo.
    Questo però è un argomento che richiede degli approfondimenti e delle valutazioni soggettive.

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  2. Gliel'ho detto venga qui a svernare 2-3 settimane ,lei qui da Me e' un giovanotto cosa sta li a fare brutti pensieri e' piu utile qui e' piu Ben voluto qui ,con I suoi 2 soldini si sentira' un Re !!!!IL duria e' in paranoia e dire che qui da me sarebbe un re del tango ,deve essere l'italia l'aria che si respira di rassegnazione e' contagiosa troppi anziani e pochi giovani ,da una popolazione anziana non ci si puo aspettare che sbattimento e fatalismo per fare come in Francia ci vogliono energie fresche delle novella Giovanna d'arc

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    1. Citazione: "con I suoi 2 soldini si sentira' un Re".

      Sensazione che sto provando da 12 anni, tutte le volte che vado in Madagascar.



      Citazione: "troppi anziani e pochi giovani".

      E quei pochi giovani sono per lo più debosciati.

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  3. I miracoli accadono, solo se si è in possesso di un ben fornito conto in banca.

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