giovedì 12 settembre 2019

Una storia del Friuli profondo


Giovanni Venier era un po’ matto. Ma solo un poco. Finché un giorno entrò nella camera di suo padre, che era disteso a letto malato, si chiuse la porta a chiave alle spalle, prese una sedia e cominciò a picchiare suo padre con quella. Nonostante la malattia e i colpi ricevuti, il vecchio sopravvisse e, prima che lo sciagurato Giovanni uscisse dalla camera, fece in tempo a lanciargli una maledizione. Da quella volta, Giovanni Venier smise di essere un po’ matto, e diventò pazzo furioso. 



Avendo una sorella incinta al nono mese, il signor Giovanni prese un bastone e la colpì a tradimento sulla pancia. La donna fece appena in tempo a parare il colpo mettendosi entrambe le mani sul ventre, salvando così la bambina che nacque il giorno dopo. Va detto per inciso che all’epoca dei fatti la struttura familiare era di tipo patriarcale e allargata, cioè sotto lo stesso tetto vivevano numerose persone, imparentate fra loro, famigli compresi. Giovanni, dopo la maledizione scagliata su di lui da suo padre, picchiò quasi tutti i parenti, con lo stesso bastone, che portava sempre con sé. Finì in prigione, per questo, da cui riuscì perfino a fuggire. La bimba che nacque il giorno dopo l’aggressione, era sana, ma con il passare del tempo dimostrò di avere un carattere timoroso e ansiogeno. La qual cosa potrebbe testimoniare in favore di una memoria che includa la vita intrauterina, estendendosi anche all’interno della placenta. Una memoria degli stati d’animo della madre, più che altro, che escluda i dettagli. 


E’ facile immaginare che la vita delle due donne, madre e figlia, oltre a quella degli altri familiari, accanto a Giovanni Venier, fu un inferno. Quando la bambina aveva quattro anni, la madre una sera andò a fare il bucato della giornata, non prima di aver messo a letto la piccola, come faceva tutte le sere. Ma quella volta la bambina si rifiutò di coricarsi nel lettino e lo fece capire levando alte grida e piangendo disperata. La madre non riusciva a spiegarsi tale comportamento, ma visto che la piccola non smetteva di piangere, la portò con sé presso il ruscello dove lavava i panni, poco distante. Finita l’incombenza e stesi i vestiti ad asciugare, prese la piccola e s’incamminò verso la casa, ma subito vide del fumo levarsi dall’abitazione. Giovanni il pazzo le aveva dato fuoco. L’uomo – si scoprì – non era solo manesco e aggressivo, ma anche piromane. Il comportamento anomalo della bimba potrebbe indicare che aveva un angelo custode, che la spinse a comportarsi così, salvandole la vita.


Tempo dopo, superato anche questo incidente, a Giovanni, che era solito dormire in cucina, fu imposto di cambiare abitudini. Sua sorella, che ogni sera gli preparava il giaciglio, gli disse che doveva andare a dormire nella stanza vicina, separata dalla camera in cui lei e la figlia dormivano, da un semplice tramezzo di legno. Con il passare delle notti, le due donne, madre e figlia, lo sentivano urlare tutte le sere, parlando con qualcuno. La cosa inquietante è che quel qualcuno gli rispondeva con una voce differente, come se nella stanza ci fosse un estraneo con cui Giovanni interloquiva. Se le due donne avessero avuto qualche conoscenza in fatto di psichiatria, avrebbero saputo che gli schizofrenici, durante i loro sdoppiamenti di personalità, riescono a cambiare perfino il timbro della voce, ma essendo tempi di miseria e ignoranza (stiamo parlando del 1944 e il mondo, là fuori, era impazzito) pensarono che Giovanni Venier ricevesse visite notturne da qualche demonio. E, visto come si comportava il soggetto, era la cosa più facile a credersi.


Per 17 anni la ragazza visse nel terrore, in quella casa colonica, finché non trovò un bravo giovane che la tolse in moglie. Ho omesso, per motivi di riservatezza, di citare il paese del Friuli centrale, a nord di Codroipo, che fu lo scenario di tali odiosi avvenimenti. 


Giovanni Venier morì solo, nel 1971, in un letto d’ospedale a San Vito al Tagliamento. Nel cimitero dove è sepolto nessuno porterebbe fiori a quell’anima dannata, se non fosse per la ragazza, oggi settantenne, che ogni tanto gliene porta qualcuno e gli chiede: “Zio, perché ci hai fatto così tanto male? Eri un bell’uomo, solo un po’ matto, cosa ti è saltato in testa di picchiare il nonno malato?”. La donna ancora oggi se lo chiede. 

8 commenti:

  1. aòh, me so' letto tutta 'sta storia pe' via der cognome altosonante che pensavo ci avrebbe svelato qualcosa di pruriginoso.
    Eh vabbé, pace all'anima der Giovanni che comunque campò a lungo per via che ancora gli affetti famigliari a quei tempi esistevano

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    1. Devono esserci stati dei Dogi con quel cognome.

      E poi, in televisione, c'è la veneziana Mara Venier.

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  2. Ero in fila a un 7/11 con LA mia solita t-shirt attillata bianca con svastika gigante tribolato come al solito da buon italiano sempre incazzato e serio ... Fila finita ... A volte non c'e' bisogno neanche Della galera e delle botte basta un simbolo che anche I piu depravati pervertiti riottosi Matti scontrosi si calmano subito , I'll ligabue noto pittore matto finito in manicomio ai tempi del Duce quando vedeva I tedeschi sclerava se LA faceva addosso solo alla vista

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    1. "El todesc", come lo chiamavano sulle sponde del Po, è stato uno dei miei personaggi preferiti durante la mia giovinezza, non tanto per la sua arte, ma per il suo essere contro la caccia. Memorabile lo sceneggiato in cui era interpretato dall'attore Flavio Bucci.

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  3. IL prof melis e' semlre nell'occhio del ciclone digitate" sami modiano e LA sua stronzata" segnalato da osservatorio antisemitismo ,grande Prof a volte LA invidio riesce a dare fastidio ai giudei come nemmeno io e free animals insieme riusciamo , Nazista ad honorem!!! W 88 !!!!

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  4. Digiti" il vero naif Antonio ligabue documentario" son arrivato fino all 1:44 , per me andava randellato cosi come I profittatori tipo Sgarbi e altri parrassiti che han fatto fortune con I quadri di sto matto

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