Fonte: Tempi
I bracci alzati di due
gru tengono sospesa in aria a una decina di metri di altezza una
barra alla quale sono appesi cinque corpi senza testa. Appartenevano
a cinque ladri, decapitati e poi appesi per giorni, come monito
per tutti i cittadini. Questa scena non è stata filmata nei
territori controllati dallo Stato islamico, ma in Arabia Saudita,
governato da un regime islamico tra i più repressivi al mondo.
ARABIA SAUDITA
SVELATA. Per sei
mesi i giornalisti dell’emittente britannica Itv e di quella
americana Pbs hanno filmato con telecamere nascoste la vita del
Regno, azione illegale e passibile di essere giudicata come atto di
terrorismo. Così hanno dato vita al documentario Saudi
Arabia Uncovered (Arabia
Saudita svelata), che
viene trasmesso in queste settimane in tre parti da 20 minuti e che
mostra le diverse sfaccettature del regime saudita.
DECAPITAZIONI. Oltre
alle immagini dei corpi appesi, le telecamere riprendono scene
orribili di decapitazioni e crocifissioni, pene previste dalla
sharia, la legge islamica che vige nel paese, e sempre più spesso
comminate dalle autorità. Nel 2015 sono
state decapitate più
di 150 persone ma quest’anno 70 sono state giustiziate in meno
di tre mesi. Nel braccio della morte c’è anche un ragazzo di
nome Ali Mohammed al-Nimr,
arrestato nel 2012 all’età di 17 anni per aver partecipato a una
protesta illegale e condannato in via definitiva alla decapitazione e
alla crocifissione.
«È SOLO UN
RAGAZZO». Nel
documentario compare la madre del ragazzo, che parla di come il
figlio sognasse «dignità e libertà». Parla anche il padre, che
spiega: «Quando ho visto mio figlio dopo l’arresto mi ha detto:
“Papà che cos’è significano “eversione e tradimento”? Erano
le sue accuse. Ali è solo un ragazzo». Secondo la famiglia, Ali è
stato arrestato per via di suo zio, importante imam sciita che da
anni denuncia la repressione e la persecuzione subita dalla
minoranza sciita in Arabia Saudita, paese a maggioranza sunnita.
Al-Nimr è stato decapitato a gennaio, suo nipote potrebbe
fare molto presto la stessa fine.
DONNE
OPPRESSE. Nel filmato
viene denunciata anche l’oppressione delle donne, trattate come
cittadini di serie B, impossibilitate a scoprirsi il capo, ad uscire
senza un accompagnatore maschile, a guidare. Alcune delle immagini
più forti riguardano proprio il trattamento delle donne, insultate
per strada dalla polizia religiosa, che deve promuovere la virtù e
prevenire il vizio, picchiate e anche frustate da comuni cittadini.
IL CASO
BADAWI. La libertà di
espressione non esiste. Per una critica al governo o a una sua
opera si può essere condannati per terrorismo ed è vietato
anche dissentire sui precetti dell’islam. In questo senso è
emblematica la storia del blogger
Raif al-Badawi, che viene
raccontata attraverso le interviste alla moglie e ai tre figli,
condannato a 10 di carcere e 1.000 frustate per aver scritto questa
frase su internet: «L’unico modo di vivere in un mondo non
libero è diventare così assolutamente libero che la tua stessa
vita rappresenti un atto di ribellione». Dopo una fortissima
protesta internazionale la pena delle frustate è stata sospesa, ma
Al-Badawi resta in carcere.
FONDAMENTALISMO
ESPORTATO. L’Arabia
Saudita svelata è anche quella del fondamentalismo
islamico esportato in
tutto il mondo,
attraverso le moschee e i centri culturali sparsi per il globo dove
viene insegnato il wahabismo, una versione ultraconservatrice
dell’islam sunnita molto simile all’ideologia dello Stato
islamico. Il regime, che gode di proventi immensi dalla vendita
del petrolio, ha speso circa 70 miliardi di dollari nella promozione.
Non è un caso se 15 delle 19 persone coinvolte nell’attentato
dell’11/9 erano saudite.
«DECAPITARE
TUTTI I CRISTIANI».
L’indottrinamento dei giovani in Arabia Saudita e di quelli in
tutto il mondo avviene anche attraverso i sermoni in moschea e i
libri scolastici. Durante un discorso ripreso nel Regno, l’imam
arringa i fedeli: «Gli ebrei hanno abusato, spadroneggiato e
corrotto questa terra. Allora, oh Allah, fermali e fai
schioccare su di loro la frusta della tortura, non lasciare che la
loro bandiera sventoli in alto e fai di loro un esempio». Un
bambino interrogato su che cosa dica il suo testo scolastico sulle
religioni, ripete a memoria: «Cosa dice degli sciiti e degli
infedeli? Tutti i cristiani dovrebbero essere puniti e decapitati
fino a quando non ne sarà rimasto neanche uno. Gli sciiti sono
blasfemi e dovrebbero essere puniti con la morte. Dovremmo
combatterli nel nome dell’islam». Davanti a queste riprese, non ci
si può stupire se uno scrittore algerino come Kamel
Daoud abbia
inventato questa perifrasi per descrivere il regime: «L’Arabia
Saudita è un Isis che ce l’ha fatta».
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