Il marcio è qui. E’ proprio vero che il pesce puzza dalla
testa. Lo Stato fa finta di combattere la Mafia, gli USA fanno finta
di combattere il terrorismo islamico e il governo del Madagascar fa
finta di combattere la corruzione. Tutti e tre questi demoniaci
organismi, Stato italiano, USA e governo malgascio, se veramente
dovessero combattere Mafia, terrorismo e corruzione, dovrebbero
suicidarsi. Non sto dicendo niente di nuovo, ma martedì 13 dicembre
l’ho toccato con mano. E’ infatti giunto per me e Tina il
fatidico momento di consegnare i documenti preparati da Francine a
un’altra donna, Sabine, proprio all’interno della tana del lupo.
Quando, uscendo dall’ufficio di Sabine perché dovevamo aspettare
l’arrivo di un suo collega, quello veramente preposto al rilascio
del permesso di soggiorno, Tina mi ha detto che le erano stati
chiesti 400.000 ariary (120 euro) per….velocizzare la nostra
pratica, sono stato categorico: non se ne parla proprio! E’ fuori
discussione! Il “koly koly” può andar bene se si tratta di
piccole somme e se un servizio è stato veramente svolto, ma quando
si esagera, si esagera.
In un secondo momento, Tina mi ha spiegato che a chiedere tutti
quei soldi è il titolare dell’ufficio “Carte di residenti”, un
Merina dalla faccia che somiglia a un gatto e che, per tutto il tempo
in cui si è fermato con noi nell’ufficio della collega, non faceva
che occhieggiarmi con una faccia sorniona, con un sorrisetto stampato
sul suo ignobile muso. Lombroso avrebbe qualcosa da dire in
proposito. Sto parlando di un funzionario del ministero degli
Interni, un raccomandato che è stato messo lì a prendere un lauto
stipendio grazie a parentele con qualche pezzo grosso della politica
e che si esercita nell’onorevole arte di spillare denaro ai vazaha
che intendono stabilirsi in Madagascar. In questo, non è dissimile
da tanti altri suoi colleghi di diverso grado, piccoli e grandi
personaggetti disonesti che si credono furbi, essendo il
“vazaha-profit” lo sport nazionale dei malgasci, dopo il
“malgache profit”.
Aspettando seduti nel taxi del nostro autista di fiducia, Michel,
di rientrare per le ultime consultazioni, il nostro autista ci ha
parlato di uno spagnolo di nome Victor che da tre anni aspetta di
avere la Carta di residente definitiva, avendo consegnato tutti i
documenti nel 2013. Non avendo sottostato all’estorsione da parte
dei funzionari, quello dalla faccia da gatto o altri, Victor Manuel
Martinez viene tenuto nel limbo dell’incertezza. E non si sa per
quanto ancora. Io sono disposto a fare la stessa cosa perché 120
euro, a ladri matricolati che approfittano del loro ruolo di potere,
non glieli do neanche morto, anche se Tina mi ha fatto notare che io
non chiedo di diventare un “definitivo”, ma solo di avere un
permesso di soggiorno di due anni. Già è previsto un costo, per
legge, per me, di 381 euro: cosa vogliono ancora?
Fatto sta che, come dice il proverbio africano secondo cui se si
vuole una cosa si trova la strada, ma se non la si vuole si trova un
pretesto, qualcosa che non andava nella mia domanda, compilata – è
bene ricordarlo – da una funzionaria della prefettura di Tulear,
doveva saltar fuori. Manca un certificato che attesti le mie risorse
economiche, ovvero come farò a mantenermi in Madagascar per i
prossimi due anni, senza rapinar banche, presumo. Quindi, quello che
alle orde di africani clandestini, che arrivano in Italia, non viene
richiesto in nome della cristiana accoglienza, a un vazaha che da
dieci anni va in Madagascar - e ha sempre avuto i soldi per farlo -
ora viene richiesto: dove trovo i soldi per mantenermi? A nulla è
servito spiegare che sono di famiglia benestante, che ho lavorato
tutta la vita mettendo da parte i risparmi, eccetera. Anzi, poi, nel
taxi, in camera caritatis, ho anche dovuto subire le sfuriate di
Tina, che mi rimproverava di aver parlato troppo e a sproposito.
Sono d’accordo, io non devo rendere conto di nulla al governo
del Madagascar che, tramite i funzionari ivi convenuti, mi chiede un
certificato di “héritage”, cioè un attestato nel quale si
afferma che ho ereditato un grosso gruzzolo dal mio povero babbo.
Pace all’anima sua. A questo punto, sarebbe stato interessante
chiedere ai funzionari riuniti in consesso a quale autorità
italiana, secondo loro, io dovrei chiedere un tale certificato: al
municipio di Codroipo? All’autorità giudiziaria? Al governo
italiano? A Matteo Renzi, per caso? Tanto vale, poiché un simile
certificato in Italia non esiste, che i funzionari mi avessero
chiesto di presentargli Babbo Natale. O di portargli in ufficio un
unicorno.
Alla fine, si è trovata la via d’uscita, la soluzione alla
mia...povertà di disoccupato. Ci tocca tornare a Tulear, iscrivere
Tina al registro dei commercianti, farci rilasciare tutti i documenti
richiesti dal ministero e tornare fra un mese a Tana, nella tana del
lupo, di modo che il ricongiungimento familiare possa avere un senso
ed essere valido e ufficialmente riconosciuto. Io, senza risorse
economiche dimostrabili, mi farò mantenere da mia moglie,
tralasciando il piccolo particolare che per il commercio di vestiti
il capitale lo metto io. Il governo del Madagascar ha per ora
incassato una prima vittoria, costringendo il commercio in nero,
fatto finora da noi, a venire allo scoperto, cioè obbligando Tina a
pagare le tasse. Ladri vampiri, solo chiacchiere e distintivo!
Mafiosi impuniti, che Dio li maledica! In quanto ai 400.000 ariary di “koly
koly”, il funzionario dalla faccia da gatto se li può scordare. E’
già tanto se daremo una piccola mancia alla sua collega Sabine.
"mi farò mantenere da mia moglie"
RispondiEliminaE si era capito, se no, che ci andava a fare laggiù?
Fino a questo momento, e negli ultimi dieci anni, succede il contrario.
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