Fonte: Tempi
Hanno preso e massacrato l’intera popolazione del
remoto villaggio di Cinq. Hanno ucciso donne, bambini e neonati
con armi da fuoco, machete, perfino bruciandoli vivi. Hanno distrutto
tutte le case e fatto irruzione in una clinica, sterminando
medici e pazienti insieme. I crimini contro l’umanità di cui si
sono macchiati il 24 aprile i miliziani di Bana Mura, in un
contesto in cui è perfino difficile capire chi sono e per che cosa
combattono, sono l’emblema della Repubblica democratica del
Congo (RDC), un paese «sull’orlo della catastrofe» che
sta per implodere a causa di gravissimi problemi politici, economici,
etnici e sociali.
NEONATI FUCILATI. Secondo un rapporto
diffuso settimana scorsa dalla Nunziatura apostolica a Kinshasa,
capitale della RDC, migliaia di morti sono stati trovati in 42 fosse
comuni, 20 villaggi completamente distrutti (almeno 10 dall’esercito)
e tra le rovine di quasi 4 mila case rase al suolo. Le violenze
confermate dall’Onu sono raccapriccianti: si parla di bambini
di due anni a cui sono stati amputati gli arti con machete, neonati
fucilati, donne incinte sventrate a metà con armi da taglio. Molti
di questi crimini sono stati appunto commessi da Bana Mura, milizia
che secondo l’Onu si è costituta da poco per combattere i
ribelli di Kamwina Nsapu ed è armata e finanziata dall’esercito
regolare congolese.
GLI SCONTRI SI ESTENDONO. A causa delle
violenze 1,3 milioni di persone sono fuggite dal Grande Kasai e circa
400 mila bambini sono a rischio malnutrizione. Cattive notizie
arrivano anche da Beni, nella provincia del Nord Kivu (est del paese)
dove gruppi ribelli, spesso stranieri, interessati alle enormi
risorse del paese (abbondano oro, legname, coltan,
cassiterite) stanno approfittando del caos generale
per conquistare terreno.
ATTACCO ALLA CHIESA CATTOLICA. Anche la
Chiesa cattolica ha subito danni ingenti nella regione: quattro
circoscrizioni ecclesiastiche sono state colpite, altre due diocesi
marginalmente coinvolte, due vescovi sono stati costretti all’esilio
dopo la distruzione delle sedi episcopali, 60 le parrocchie
chiuse o danneggiate, 34 le case religiose chiuse o distrutte, 141 le
scuole danneggiate, 31 le cliniche colpite, cinque i seminari
abbandonati.
Se la Chiesa cattolica è stata colpita così
duramente non è un caso, visto il ruolo che sta faticosamente
svolgendo per risolvere la crisi politica che da anni destabilizza
il paese e che è alla radice anche delle violenze dell’ultimo
anno. La RDC infatti è dominata dalla famiglia Kabila fin dal 1997,
quando Laurent Kabila (foto) è riuscito con un colpo di Stato a deporre il
dittatore Mobutu Sese Seko. Assassinato nel 2001, a Laurent è
succeduto il figlio Joseph Kabila, che governa da allora violando il
limite massimo di mandati imposto dalla Costituzione.
ACCORDO DI SAN SILVESTRO. L’anno scorso
Kabila ha accettato di abbandonare il potere e le elezioni erano
inizialmente previste per novembre. Alla vigilia del voto, però,
la commissione elettorale ha dichiarato di non potere indire le
elezioni perché «il numero dei votanti è sconosciuto». Sono
seguite violente proteste di piazza, che l’esercito ha cercato
di spegnere facendo decine di morti, sedate infine grazie
all’intervento dei vescovi che hanno supervisionato la firma tra
governo e opposizione dell’Accordo di San Silvestro: il testo,
siglato il 31 dicembre 2016, prevedeva la formazione di un
governo di unità nazionale per portare il paese a votare entro la
fine del 2017. A maggio però l’accordo ha subito un
duro colpo: Kabila ha formato sì un governo, ma solo con
una parte dell’opposizione, e a sei mesi dalla fine
dell’anno non ha ancora fissato la data ufficiale delle elezioni
generali.
EVASIONI DI MASSA. L’instabilità
ha minato l’autorità e la funzionalità del governo. Non
è un caso se a maggio sono riusciti a scappare da un carcere della
capitale 4.000 detenuti, tra banditi e miliziani, la più grande
fuga nella storia del paese. Due giorni dopo, altri 70 hanno
infranto le sbarre di una seconda prigione. Sulle strade mal ridotte
del paese si moltiplicano i posti di blocco illegali che costringono
le auto a pagare pedaggi illegittimi nella più totale impunità. i
principali dicasteri mancano di fondi e lo stato della corruzione
già dilagante si è ulteriormente aggravato.
EVITARE LA GUERRA CIVILE. In questa
situazione esplosiva, il popolo congolese ha preso una posizione
chiara: secondo un recente sondaggio, l’83% vuole votare entro fine
anno ma il timore è che il presidente Kabila stia fomentando gli
scontri per rimanere al potere. «Gruppi stranieri stanno operando
nel nostro paese», è la denuncia pubblicata dai vescovi
lunedì al termine di un’Assemblea plenaria. «I politici
moltiplicano le iniziative per svuotare l’Accordo del suo
contenuto, minando così la tenuta di elezioni libere,
democratiche e pacifiche. Le recenti evasioni di massa restano
tuttora dei grandi punti interrogativi», scrivono facendo intendere
che potrebbe trattarsi di un piano funzionale a gettare nel caos il
paese. Il 30 giugno la RDC festeggia l’anniversario
dell’indipendenza nazionale e la Chiesa ha invitato fedeli e
uomini di buona volontà «a una giornata di digiuno e preghiera per
la nazione», per evitare che sprofondi in una nuova guerra civile.
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