Non restare qui a fare fare lo schiavo! I miei poveri mezzi si
sono rivelati utili a rimpatriare migranti in Africa, più della
costosa macchina da guerra del ministro Marco Minniti. Grazie a
me, infatti, è rimpatriato un nigeriano; il cento per cento in più
di quanto abbia realizzato il Viminale. Da tempo, ogni
volta che un africano mi chiede l’elemosina offro una moneta, utile
a rompere il ghiaccio, per poi indagarne le motivazioni che lo
condussero qui. Richard, chiamiamolo così, lo incontrai agli
inizi di quest’anno, davanti a un Carrefour; portava all’auto il
carrello pieno, per scaricarlo e ricavarne la moneta che vi avevo
inserito. Rimase alquanto sorpreso quando gli detti un altro euro e
fu dunque facile attaccare bottone. Il nome tradiva
l’origine cristiana. Non mi sorprese. Al contrario di quanto si va
dicendo, moltissimi immigrati sono cristiani. Richard fu scolaro in
una missione protestante; parla un ottimo inglese; avrebbe voluto
studiare medicina ma la Nigeria non dà un futuro ai giovani
nigeriani da molti anni, come l’Italia d’altronde.
La
Cina occupa la Nigeria, con le armi e con le sue imprese.
Costruiscono strade, palazzi, stadi, centri commerciali; tutto di
pessima qualità. Nel calcestruzzo e nelle massicciate stradali
mettono sabbia di mare; dopo poco tempo le strade si spaccano, le
costruzioni pericolano. Non se ne danno pensiero: riprendono negli
stessi punti e allo stesso modo; a costoro si direbbe importi più
che altro occupare permanentemente. I costi di manodopera? Zero
o quasi: essi impiegano schiavi importati dalle carceri
cinesi. Quando costretti a impiegare manodopera locale, i
nigeriani più fortunati guadagnano un dollaro per una giornata di
lavoro di dodici, quattordici persino diciotto ore. Gli accordi col
governo nigeriano prevedono anche massicce importazioni di manufatti
cinesi. In questo modo il costo del lavoro è crollato e le
produzioni locali pure. Mentre la Cina si irradiava, di pari
passo i terroristi di Boko Aram si sono frazionati e annacquati.
Coincidenze?
L’analisi di Richard è spietata. Manca
tuttavia un importante dettaglio.
Perché sei venuto qui? Gli
chiedo. Egli in effetti parla molto della Nigeria ma poco o nulla di
sé, di che cosa lo convinse a venire qui. Forse ha difficoltà a
fronteggiare un bilancio personale fallimentare. Poco dopo ammette
che in Nigeria stava meglio e non era mai stato costretto a chiedere
l’elemosina. Insisto. Perché sei venuto qui? «Mi hanno
promesso che in Italia sarei stato bene. Avrei avuto una casa, per
poter studiare e lavorare. Sono venuti a dircelo casa per casa,
specialmente nei quartieri cristiani. Ti fanno vedere le immagini
della televisione e tutto sembra bello.» Perché siete quasi
tutti maschi? Non sa rispondermi e tuttavia mi sorprende col costo
del trasporto dalla Nigeria in Italia, per quanto è basso: in totale
1500 euro. Prezzi stracciati, neppure un terzo di quanto richiesto
fino a cinque anni fa. I trafficanti sono diventati caritatevoli? Chi
paga la differenza? Come viene ammortizzata?
Richard
comincia a capire ed è visibilmente scosso. È solo il nostro primo
incontro e non voglio calcare la mano. Investirò altre monete nelle
settimane successive, anche se non mi piace Carrefour. All’incontro
successivo sono andato giù di piatto. Richard sai perché sei
venuto qui? Per fare lo schiavo e la marionetta. Siamo
abbastanza in confidenza, non di meno temo un cazzotto. Mi ascolta
invece con attenzione. Un tempo noi andavamo a prendere
gli schiavi. Ora essi vengono da soli, anzi pagano per venire. Qui
non troverai mai un lavoro decente, lo hai già capito. L’Italia da
tempo non può assicurare neppure agli italiani quanto fu promesso da
chi ti spinse qui. Devi tuttavia domandarti perché le
organizzazioni premono per distaccare i giovani maschi nigeriani
dalla loro patria. Quanto è successo a te non accade solo in
Nigeria. Mali, Costa d’Avorio, Camerun, Congo, Repubblica
Centro Africana, Tanzania, Etiopia, Sudan, Libia… ovunque vi siano
interessi francesi e tedeschi, vi è la Cina con le sue industrie,
le sue imprese e i suoi armati, che fa di voi le sue marionette. Da
quei paesi martoriati partono, incoraggiati, imbrogliati come lo sei
stato tu, giovani maschi alla volta dell’Italia.
Gli
interessi franco germanici convivono con l’occupazione cinese. Che
cosa significa? C’è indubbiamente un accordo strategico tra
Parigi, Berlino e Pechino. I cinesi assicurano il saccheggio delle
materie prime a prezzi convenienti per tedeschi e francesi.
Quest’ultimi garantiscono l’appoggio internazinale
all’operazione. Hanno però un problema: devono controllare la
pressione sociale, il dissenso. L’unica strada è allontanare i
giovani maschi, specialmente i giovani cristiani e istruiti, evitare
che lo sfruttamento si scontri con un’opposizione autoctona. Vedi,
i nostri nemici, i nemici dell’Italia sono Francia e Germania. Il
tuo nemico è la Cina, gli schiavisti cinesi. Richard annuì,
visibilmente scosso. Dopo quelle prime discussioni, ho avuto
altri interessanti scambi con Richard e altri suoi sfortunati
compagni di sventura, impegnati a elemosinare perché le caritatevoli
organizzazioni dell’accoglienza cattosinistra li derubano.
Circa
un mese fa, a conclusione della conversazione, Richard mi ha
sorpreso:«I came back to fight Cina». Torno per combattere la
Cina. Ci siamo abbracciati. Gli ho lasciato un contributo più
consistente, un investimento su un alleato, dopo tutto un alleato
contro nemici mortali: Cina, Germania e Francia.
Buona fortuna,
Richard!
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