Nel nord Italia c'è stata una silenziosa invasione di meridionali

Testo di Wandervogel

I settentrionali sono poco accorti, purtroppo. Mentre in Scozia ed in Catalogna ci si mobilita vivacemente non per l'autonomia, ma addirittura per l'indipendenza nazionale, i padani non ci pensano proprio a saturare le strade e le piazze locali per ribadire, con la necessaria veemenza, il risultato di quel referendum svoltosi due anni orsono. Sono piuttosto deluso dai lombardi e dai veneti, e non solo da essi. Ma il fatto è che la Padania è stata meticolosamente e furbescamente meridionalizzata con strisciante perspicacia. 

Nel 1861, l'obiettivo, condivisibile o meno, ma di certo comprensibile, era quello di "piemontesizzare" le Due Sicilie, piuttosto tarate su tutti i fronti. Oggi, invece, posso affermare con drammatica tranquillità che è il nord a somigliare al sud piuttosto che viceversa. Fatto dimostrato dalle infiltrazioni 'ndranghetiste che hanno inquinato persino la Valle d'Aosta, unanimemente veduta, non a torto, quale 'isola felice'. Mentre la criminalità napoletana-casertana sta trasformando gradualmente anche le regioni settentrionali in nuove terre dei fuochi. La meridionalizzazione prosegue. Ma come mai le mafie meridionali si sono imposte così facilmente anche al nord? Vi sono state sì delle complicità autoctone settentrionali, però, a mio parere, a risultare davvero decisiva è stata la presenza quantitativamente parossistica dei meridionali; quest'ultimi, incoscientemente oppure no, hanno prodotto l'humus ideale per l'affermazione della criminalità sudista. 

In altre parole, migrando dal Meridione, i meridionali si sono portati addietro una certa dose di rivoltante cultura mafiosa, che poi è sinonimo di un certo costume meridionale, tutt'oggi diffuso ed operante. Gli eruditi dicono che l'uomo plasma la realtà circostante (ambiente antropico), ed essa, a sua volta, condiziona le persone, talvolta persino a livello epigenetico. 

Perlomeno fino a qualche decennio fa, le differenze (così come le divergenze) tra padani e duosiciliani si facevano sentire eccome; oggi, a causa della già summenzionata meridionalizzazione antropologica che ha investito una quota importante dei popoli della Pianura Padana, tali differenze sono divenute più sottili, purtroppo. Tanti meridionali, poi, sono servili e vigliacchi, con una mentalità baronale. Perché il contadino del sud era del tutto servile ai latifondisti, ai mafiosi ed alla Chiesa opulenta, mentre il corrispettivo nordico, che pur viveva e lavorava nelle campagne, era più emancipato, moralmente progredito ed individualista (in positivo) perché più intelligente. Il pastore sardo era coraggioso ed indomito, non aveva e non voleva padroni da servire; sarà per questo che i sardi, talune volte erroneamente bollati quali 'meridionali', non sono antropologicamente mafiosi e degenerati. 

La Lega strilla per l'immigrazione allogena, e di sicuro avrà le sue buone ragioni per farlo. Però, si omette deliberatamente di menzionare che i politici, i magistrati, i burocrati, i carabinieri, i militari, i professori, ecc. sono in maggior numero meridionali, nonostante quest'ultimi, nel paese reale, siano in minor numero rispetto ai nordici. È allarmante ed ingiusto, e la Lega non lo denunzia più. Una regressione sconcertante per un partito un tempo ispirato al pensiero politico di Gianfranco Miglio (padanista ed europeista) e che, al giorno d'oggi, per mera sete di potere, asseconda il nazionalismo romanocentrico imperante, aborto di un Paese - l'Italia - che neppure è una nazione, e non lo è mai stata, dato che per essere nazione è necessaria, su tutti i fronti, una decisa ed indiscutibile omogeneità. Il Giappone è una nazione, per esempio.

Io penso che, per salvare il salvabile, l'Italia andrebbe definitivamente divisa in vari stati indipendenti: una confederazione dei popoli padani, una repubblica romana, una repubblica sarda, un'entità meridionale-siciliana, anche sotto forma di un neoricostituito regno borbonico, infine restituire il Sudtirolo all'Austria.