Erano anni che volevo occuparmi di loro, cioè cercare i loro nidi e, se possibile, piantare il capanno fotografico a qualche metro di distanza, così da fotografare gli adulti che si avvicendavano a covare le uova. Ma anche quest’anno passo. Per una volta tanto, che avevo trovato il tempo e la voglia di cercare il loro nido, l’agricoltore ha deciso di cambiare tipologia di coltivazione: dal mais al frumento. Anni fa, ma in tutt’altra zona, avevo trovato e fotografato un nido di pavoncella e devo avere ancora, da qualche parte in cantina, le diapositive che lo ritraggono. Erano gli anni, ben lungi dall’avvento delle macchine fotografiche digitali, in cui andavano di moda le diapositive. Oggi è andata così. Io e mia figlia ci siamo fatti una passeggiata insieme in mezzo alla natura, in una zona particolarmente ricca di vegetazione, nonostante la vastità dei campi coltivati del circondario. Le ho fatto conoscere il canto del rigogolo, giacché quello dei merli, delle tortore, del fringuello e del luì piccolo già li conosce.
E in più abbiamo visto anche un capriolo, che è scappato lontano da noi per perdersi nel campo di frumento. Già sapevo che in quella zona c’erano caprioli e, proprio per essi, qualche mese fa ero stato un paio d’ore in capanno, seduto, ad aspettarli. Ovviamente senza che si facessero vedere. Sono crepuscolari, se non addirittura notturni, ma si vedono spesso, facilmente, anche di giorno. E, anche se non abbiamo trovato ciò che cercavamo, ho trascorso dei bei momenti insieme a una figlia che un paio d’anni fa è entrata nella mia vita inaspettatamente, già praticamente da adulta, dopo un esilio ventennale. Quello in esilio, comunque, tra i due, ero io.
salve
RispondiEliminagrazie dello scritto e delle immagini
un saluto
Piero
Vai Roby che se è come dici tu con tua figlia, vai forte... 😊
RispondiEliminaD.P.
Diventare padre a 60 anni: alcuni lo trovano riprovevole.
EliminaMa nel mio caso si può!
Giornata da incorniciare, mi pare,qualche ora in libertà, all'aria aperta, con la figlia "ritrovata". In bocca al lupo.
EliminaAnche qui in Emilia diciamo "patoc" o "patoca" per indicare generalmente una massa molliccia e aquitrinosa , non solo in senso ambientale ; ad esempio una pasta scotta la definiamo ( noi vecchietti , i giovani non credo ) appunto patocca.
RispondiEliminaForse l'etimologia comune è latina?
I longobardi, la cui patria d'origine era la Danimarca, rimasero 400 anni in Ungheria, prima di scendere in Italia, passando per Cividale, per fondare la loro capitale a Pavia.
EliminaIl loro dominio si spinse fino in Puglia, passando per l'Abruzzo, dove esiste un paese chiamato Fara San Martino, mentre nel goriziano ce n'è uno chiamato Farra d'isonzo.
Fara è parola longobarda, cioè slava, come presumo, anzi ne sono certo, "Patoch".