Il 24 maggio scorso le avevo trovate all’interno della fototrappola e avevo capito subito che la piccola vespa solitaria era passata attraverso il buco inferiore del drenaggio dell’umidità, per andare a costruire le sue capsule per le larve. Portate con delicatezza in laboratorio, dopo tre settimane le piccole vespe sono uscite, avendo consumato del tutto il bruco che ciascuna di esse aveva avuto a disposizione, paralizzato dalla vespa madre, affinché non marcisse. E’ il metodo crudele che la natura ha escogitato non potendo dotare di frigoriferi portatili le larve degli imenotteri predatori. Paralizzata la preda, è viva, ma non può scappare e viene mangiata a poco a poco. Roba da film dell’orrore! Le nuove nate, una volta completato lo sviluppo, hanno fatto un forellino, dall’interno, alla capsula d’argilla in cui si trovavano e sono uscite. Di tre, solo una l’ho vista uscire, ma non saprei dire di quale specie di vespa solitaria si tratti. Assomigliava alla Hemiteles fulvipes, ma chi lo può dire con assoluta certezza?
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