giovedì 2 giugno 2022

Oggi inauguro il rospario!


Vi ricordate quei campi umidi in cui nella primavera scorsa c’erano diversi nidi di pavoncelle? Ebbene, solo oggi ho trovato il tempo, e le condizioni atmosferiche, adatti per andare a verificare se c’erano i pullus, ovvero i piccoli nati. Appena giunto sul posto, dopo aver lasciato la bicicletta appoggiata alla base dell’altana da caccia, una lepre si è allontanata fuggendo e, solo dopo pochi passi, camminando sul bordo del campo badando di non calpestare le file di soia, un’altra lepre è sbucata da un folto di vegetazione, scappando da me come un’indemoniata. Di pavoncelle ce n’erano, più o meno, il numero delle volte precedenti, ma solo adulti, sia in volo che a terra. Molti emettevano il caratteristico verso flautato simile a un lamento. 



La presenza dei filari di soia, con le piantine già alte poco meno di dieci centimetri, mi hanno fatto sospettare che quando il proprietario dei campi è entrato con le macchine da semina, può aver distrutto i nidi, se non addirittura macinato i pulcini che, per difendersi, si acquattano e rimangono immobili, un po’ come fanno i giovani caprioli, detti comunemente Bamby, che vengono falcidiati dalle lame delle falciatrici. Non ho trovato neanche un pullus di pavoncella e non saprò mai se la nidificazione sia andata a buon fine. Solo il contadino potrebbe illuminarmi in proposito. Sono anni che mi chiedo, siccome le pavoncelle sono solite nidificare nei campi agricoli, se fanno in tempo a portare a termine la riproduzione. Dal punto di vista evoluzionistico, sarebbe assurdo che, anno dopo anno, continuassero ad usare gli stessi terreni, se alla fine i piccoli (o le uova) vengono distrutti. Tuttavia, non ci sarebbe da meravigliarsi se ciò accadesse, poiché le specie animali ci mettono del tempo ad imparare e ad evolvere comportamenti atti alla sopravvivenza. Dai proprietari dei terreni non mi aspetto alcuna pietà o altre tracce di sensibilità ecologica, anche se a volte, specie nei paesi di cultura anglosassone, i contadini fanno dei piccoli recinti di protezione attorno ai nidi degli uccelli terricoli. Ma io non he ho visti.


Ero ormai rassegnato a non avere la gioia di trovare dei piccoli di pavoncella che, sulla base del principio di Serendipity, ecco che mi salta quasi fra i piedi una rana esculenta. Poiché era su un terreno con erba bassa, non mi è stato difficile metterla nel barattolo di plastica che, insieme a macchina fotografica e binocolo, mi ero portato dietro. Un’altra, più piccola, ha avuto la fortuna di trovarsi, in una zona poco distante, con vegetazione più alta, dove ha trovato riparo dalle mie intenzioni predatorie nei suoi confronti. E così una terza. Quando riescono a nascondersi subito, è inutile cercare di stanarle, poiché si rintanano ancora di più fra le foglie delle piante ripariali, se non, ancora meglio, nel fango del fondale.


Ero arrivato da poco e avrei voluto rifare un giro tra i filari della soia, nel caso in cui ci fosse qualche pullus, ma siccome la rana appena catturata cercava di scappare dal barattolo, dando testate contro il coperchio, ho deciso di rientrare, per infliggerle meno stress possibile. A casa ho già pronto da un paio di mesi un rospario, ovvero un terrario per rospi. Finora non ha avuto ospiti, se non si contano le 12 Planorbis che sono rimaste sul fondo della vaschetta tutto questo tempo, nutrite di tanto in tanto con l’apporto di piante acquatiche. Quando l’altro giorno ho deciso di liberarle in un’ansa del fiume Stella, con acqua praticamente stagnante, mi sono accorto che nella melma che si era creata sul fondo della vaschetta c’erano dei Gammarus, dei piccoli invertebrati che non ho riconosciuto e una giovane sanguisuga. Come ci siano arrivati lì posso spiegarmelo perché quando mettevo le piante acquatiche c’era sempre della terra fra le radici, e quindi gli invertebrati avrebbero potuto trovarvicisi sotto forma di uova. Idem con la sanguisuga, ma io mi chiedo: come si è nutrita in questi ultimi due mesi se non c’erano vertebrati a cui succhiare il sangue? Non credo che abbia succhiato quello delle chiocciole acquatiche, anche perché lì avrebbe poco da suggere. Un altro piccolo mistero.


Non so per quanto tempo la rana sarà mia ospite. Immagino non per molto, perché mi sembra piuttosto spaventata e poi potrebbe evadere saltando oltre il telo di plastica che funge da recinto. Non posso correrle dietro ogni giorno, cercandola sotto i mobili o sotto il letto. E poi, deve anche mangiare e perciò dovrò fornirle degli insetti adatti come cibo. Oltre tutto, sulla base dei miei ricordi di adolescente curioso della natura, i rospi sono più “maneggevoli” delle rane, sono più “paciocconi” e quindi danno più soddisfazioni, lasciandosi prendere in mano. Con le rane non si può fare, a meno che non le si dia molto tempo per abituarsi alla nostra presenza. Ma io non ho tutto questo tempo. Non so se entro l’inverno riuscirò a trovare qualche rospo e anzi stavo pensando che forse ho allestito il rospario per niente. Ma al momento c’è un’ospite, una rana, che sarà oggetto delle mie osservazioni, finché non capirò che sarà arrivato il momento di restituirla al suo ambiente. Con le pavoncelle sono arrivato tardi.


Se calcoliamo che il 24 aprile c’erano ancora le uova, e che la cova dura 24 giorni, alla fine di maggio probabilmente le uova si erano schiuse e i pullus hanno avuto qualche giorno per diventare indipendenti. Oggi è il due giugno, ma a giudicare dall’altezza delle piantine di soia, non so decidermi se hanno fatto in tempo a salvarsi o se è successo il disastro. Secondo norma, la soia in Friuli si semina dagli inizi di maggio agli inizi di luglio. E quindi entrambe le eventualità sono verosimili. Qualsiasi intervento umano ha un impatto sulla natura e sulle altre specie animali, sia che venga fatto per scopi agricoli, sia per mera curiosità naturalistica, come nel mio caso. Io comunque cerco di stare attento il più possibile, per non avere troppi cadaverini sulla coscienza.

4 commenti:

  1. Falciando una trentina di metri quadri di prato, e potando la troppo fitta vite americana sui circa 5 metri di muro di recinzione, abbiamo provocato, io e mio figlio, una apocalisse per centinaia e forse migliaia di animaletti che vivevano nel suo giardinetto tergale. Stavo dando una mano , usando una piccola fresa a motore, e dai cumoli di erba e sterpaglie accatastati, vedevo scappare frotte di insetti non meglio identificati, qualche lucertolina eccetera... Qualunque azione è a carico, sul gobbo, di qualcun' altro, anche le più innocenti, almeno in apparenza. Figuriamoci il resto....

    Chi dice che la natura è perfetta ci spacco la faccia!

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    1. Se non ricordo male, quando abitavo in montagna e usavo il decespugliatore, una volta mi è capitato di fare a pezzi un orbettino.

      Per ridurre al minimo il proprio impatto sugli altri esseri viventi, in India nacque il Giainismo, i cui devoti si mettevano una mascherina sulla bocca per non far entrare i moscerini, non certo per impedire l'accesso ai virus.

      Inoltre, si legavano dei campanelli alle caviglie per avvisare i piccoli animali di spostarsi, ché stavano arrivando degli esseri umani.


      Non solo India, ma anche Giappone.

      Hai presente quegli strani sandali con due linee di legno parallele sulla suola?

      Mi pare che servissero proprio a schiacciare meno animaletti possibile.

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  2. Questa dei sandali non la sapevo... Li avevo visti nelle estenuanti pellicole nipponiche però..... Se ne imparano sempre di nuove!

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    1. Sui sandali giapponesi non sono sicuro, ma sui giainisti sì.

      Peccato che sia una religione praticamente estinta.

      Esistono al giorno d'oggi solo i templi.

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