lunedì 8 luglio 2013

Una compagnia di guitti



Kundera, nell’indimenticabile “Insostenibile leggerezza dell’essere”, dice che “la scelta era: o dare spettacolo oppure non fare nulla. Ci sono situazioni nelle quali le persone sono condannate a dare spettacolo. La lotta contro un potere silenzioso è la lotta di una compagnia teatrale che ha assalito un esercito”.
Gli animalisti quindi, loro malgrado, sono come guitti che combattono contro i miliardi del profitto economico delle industrie agrochimiche, del farmaco, della carne, della moda e del divertimento. Pochi volontari normalmente senza soldi contro un esercito di professionisti dalle mani metaforicamente – a volte anche non solo metaforicamente – macchiate di sangue. Un’idea di fratellanza universale, sprezzata dal volgo rapace, contro un giro vorticoso di denaro sporco, sostenuto da stuoli di assassini che difendono il proprio posto di lavoro, coincidente con i guadagni di imprenditori senza scrupoli morali.
La situazione non è rosea, non lo è mai stata, nei secoli e nei decenni passati, con forse qualche miglioramento nelle conclusioni. Storia e cronaca squallidamente somiglianti. Carnefici vittoriosi e vittime umiliate. Sempre la stessa solfa. Oggi però i dimostranti solo di rado corrono il rischio di morire accidentalmente, anche se la norma sono le contusioni e i punti di sutura, mentre nei tempi antichi per i dissidenti si allestivano i roghi.


I guitti animalisti, per contestare la detenzione degli zoo e delle fiere venatorie, entrano in gabbie improvvisate, s’immedesimano nell’oggetto vero dell’ingiustizia. Reggono striscioni e cartelli, camminando in corteo rumorosamente, il tutto incanalato sotto la supervisione del Sistema che ne tollera l’inutile messinscena. Ed è con questa consapevolezza, dell’inutilità in fondo delle manifestazioni, che i guitti a volte osano l’azzardo, escono dai ranghi predisposti e controllati, inceppano il meccanismo.

Succede lontano dallo sguardo ottuso delle forze dell’ordine costituito. E’ successo a Roma con gli Animalisti Italiani di Walter Caporale. Dov’erano gli sbirri? Qualche accordo preventivo deve essere stato stipulato, altrimenti non mi spiego tale assenza. Succede di norma che alle manifestazioni animaliste ci siano più poliziotti che manifestanti ma a Roma nelle foto apparse sui maggiori quotidiani non c’è ombra di sbirro. Strano!
E’ forse per tale anomalia che i “gorilla” dello stilista Gaultier si sono permessi di intervenire, di afferrare materialmente i rompiscatole per liberare l’accesso al palazzo della sfilata. Anche se poi il pubblico è stato dirottato verso un’entrata secondaria. Possono semplici “buttafuori” mettere le mani addosso a privati cittadini senza commettere reato? La prepotenza può tutto, ma giuridicamente come sono le regole d’ingaggio? Tra i body guard ce n’era anche uno di colore, probabilmente facente parte dello staff di Jean Paul Gaultier. Fa impressione vedere la sua pelle scura a confronto con quella bianchissima di una delle ragazze animaliste, la biondina niente male. In tutto, di donne con adesivi sui seni, ne ho contate tre, mentre Walter, il suo convivente e altri due soci di sesso maschile indossavano per l’occasione slip neri succinti. Enrico Rizzi, il più giovane, il più scalmanato e fresco di nomina come coordinatore nazionale, indossava jeans e maglietta nera. Denudarsi è facoltativo per gli attivisti. I gorilla invece erano in rigida giacca e cravatta. Una mezza sporca dozzina di automi sconvolti e sudati.
Agguantare una donna seminuda è un affar serio. Lo sanno i poliziotti che vengono chiamati
per portar via le Femen. E infatti, dalle foto sembra che le ragazze animaliste siano state lasciate sgambettare più dei maschi. Walter è quello che ha avuto la peggio, sbattuto a terra sotto gli occhi del suo compagno, che deve aver provato sentimenti protettivi nei suoi confronti, misti a rabbia verso gli aguzzini incravattati. Anche a me, se mi fossi trovato lì, sarebbe venuta giocoforza voglia di menar le mani, da vestito ovviamente. Ché denudarmi non mi aggrada.
Come mai non c’è scappata neanche una sberla? Me lo sto chiedendo perché è utile saperlo in caso di bisogno. Prima o poi capiterà anche a me di trovarmi in situazioni simili. Se per esempio avessi portato uno spruzzino con acqua tinta di rosso, di quelli che si usano per stirare, a significare il sangue dei visoni, e avessi macchiato la divisa dei buttafuori, che reazione avrei ottenuto? Sarebbe stato il casus belli che avrebbe fatto scattare la violenza. Un body guard con macchie di rosso sulla giacca è imperdonabile e qualche ceffone mi sarebbe toccato come contropartita, per tacere della successiva denuncia per violenza privata.
Anni fa un pacifista tedesco, all’epoca dei Gruenen, gettò della vernice rossa addosso a un militare di alto grado. Non so come andò a finire ma con la giustizia tedesca non si scherza. A Montichiari, su una macchina di un dipendente che usciva da Green Hill, anni fa una animalista spruzzò acqua sul parabrezza, ma il conducente non gradì e si fermò scendendo minacciosamente e dirigendosi verso la responsabile. Mi frapposi e non successe niente di grave.
Mi è successo solo una volta di perdere le staffe, a Tonco, in provincia di Asti, durante la “Giostra del Pitu”, ma non avendo niente in mano non ebbi occasione di scagliare alcunché verso l’oggetto della mia rabbia: i finti giudici che nel corso della rappresentazione storica giudicavano colpevole il tacchino, per altro già ucciso e messo a disposizione dei cavalieri, come da tradizione. Non ricordo dunque di essermi mai trovato nella situazione capitata a Roma l’altro giorno, ovvero di essere agguantato da energumeni. Se dovesse succedere, non so come andrebbe a finire. Cioè, so che finirebbe comunque male per me, contuso e ammanettato, a passare lunghe ore nelle stanze degli sbirri, rilasciato infine a piede libero in attesa di processo.

Sarei curioso di domandare a Walter quanti processi ha accumulato finora. Deve comunque trattarsi di cose di poco conto.
Nel caso in esame, Gaultier è solo uno dei tanti stilisti che usano parti di animali nelle loro creazioni di moda. Uno dei tanti specisti che fanno i soldi sulla pelle – letteralmente – degli animali. Le donne ricche comprano e lui produce abbigliamento su loro richiesta, in virtù della legge economica secondo la quale la domanda crea l’offerta. Se le donne sdegnassero le pellicce, nessuno stilista le assemblerebbe. E’ un circolo vizioso. Finché ci saranno donne ignoranti e cattive a chiederle, Gaultier e soci metteranno in vendita quegli orribili capi di vestiario.
Orribili per noi che siamo una minoranza, ma attraenti per le masse condizionate e male educate che le trovano desiderabili. E qui succede la stessa cosa dell’odore di carne. Quando passiamo vicino a una sagra paesana, con l’afrore di carne alla griglia, noi proviamo una specie di nausea, ma alla gran parte dell’umanità viene l’acquolina in bocca. Se Geova degli Eserciti dovesse un domani dividere i capri e le pecore, nel giorno del giudizio finale, gli suggerisco di scegliere come criterio il metodo olfattivo: quelli che trovano la carne puzzolente alla sua destra e quelli che la trovano deliziosa alla sua sinistra, con destinazioni diverse.
Purtroppo per noi animalisti, stando a quanto spiegato da Biglino, a Enki piaceva l’odore della carne sacrificata sugli altari e quindi mi sa che alla Geenna saremmo destinati noi amanti degli animali. Il problema, comunque, non si pone giacché Dio se n’è andato da questo pianeta e da un pezzo non s’intromette negli affari umani. Forse è meglio così.
Di fatto, in questi affari che ci riguardano, perché ad essere uccisi per la moda sono bellissimi animali che noi abbiamo scelto di proteggere, scene come quella romana solo pochi anni fa erano impensabili. E’ alla grinta di Walter Caporale e dei suoi collaboratori che dobbiamo questa ennesima iniziativa animalista. La domanda è: servirà a far cambiare idea agli astanti? La gente cosa ne pensa di queste manifestazioni con corpi seminudi che si agitano tra le braccia nerborute dei sorveglianti? 
Di primo acchito sembrerebbe che questi ultimi, pagati per far funzionare le cose per bene,
stiano dalla parte della ragione e che gli animalisti incarnino il ruolo degli scalmanati fanatici. Ma le cose, per chi ha cervello e cuore, non stanno così.
Anche se si confrontano grillini e deputati del PDL, succede qualcosa di analogo, con i primi che sono perfino riluttanti a indossare la cravatta, e se si tratta di un dibattito in televisione l’idealista interpreta quasi sempre la parte del genio ribelle e svitato, mentre al conservatore viene riservata quella del custode delle tradizioni e dei “sani” principi della società civile.
Questo trucchetto lo mettono in atto anche i cacciatori – o almeno ci provano - quando contestiamo il loro massacro sportivo di animali. Ci hanno provato anche recentemente con l’appoggio del Messaggero Veneto, che ha definito squilibrato il comportamento del ragazzo che si è scagliato in bici contro due dei loro.
Squilibrio è dunque lo stato che si genera tutte le volte che dimostranti scendono in piazza. Quando partono le cariche e volano le manganellate, lo squilibrio viene risistemato dalle forze dell’ordine, che non a caso si chiamano così. Lo squilibrio è dunque da evitare, genera malumore e va a intaccare i pilastri della società. Un prete pedofilo non genera squilibrio se soddisfa la sua pulsione in sacrestia, in camera caritatis, ma se una biondina mostra le tettine in piazza allora il Sacro Equilibrio si spezza e scatta la sacrosanta reazione. E’ così che funziona, a quanto pare.
Sembra che mostrare al pubblico foto di volpi uccise con l’elettricità o cumuli di visoni scuoiati sulla neve non produca l’effetto di far cessare il commercio di pellicce. Primo perché le donne impellicciate si mettono una mano davanti agli occhi per non vedere e secondo perché, anche se dovessero vedere foto e filmati, non avrebbero una coscienza atta a recepire il messaggio. Per vedere, infatti, non bastano gli occhi ma ci vuole anche encefalo.

Idem con i mattatoi. Ne deriva che lo sfruttamento ai danni degli animali si regge su due colonne portanti: la mancanza di informazione sui retroscena, meticolosamente manipolati dalla pubblicità, e la mancanza di coscienza nei diretti interessati, i consumatori del prodotto. Noi ci proviamo, da anni, ma non ottenendo risultati apprezzabili, stando alle statistiche inesorabili che parlano chiaro, ci tocca trascendere con urla e denudamenti.
Gaultier si è fatto prendere dentro il circolo vizioso del ricatto occupazionale. Come i circensi dovrebbero chiudere baracca e burattini se rinunciassero agli animali, perché senza animali la gente non va al circo, così gli stilisti perderebbero clienti se non offrissero capi in cuoio e pelliccia, perché senza tali tribali elementi i modaioli e le modaiole non scucirebbero denari. E con i ristoranti è uguale: senza carne, pochi clienti.
Quindi, è nato prima l’uovo o la manfrina? O per caso ignoranza, cattiveria e professionisti del crimine vengono di pari passo? Avanzano compatti. Ora che è stata fatta l’Italia si devono fare gl’italiani e ora che c’è il Goretex si devono fare i gusti delle gentildonne che amano proteggersi dal freddo invernale e, ancora di più, pavoneggiarsi in chiesa la domenica.
C’è del marcio nella Marca, e anche fuori dal Veneto, ma prima ancora c’è del marcio nel cuore e nelle frattaglie della popolazione. Vedono una pelliccia di visone addosso a una modella e la immaginano nuda, se maschi, o addosso a se stesse, se femmine. Quanto tempo è passato dall’estinzione dei Neanderthal? Secondo me non si sono mai estinti.

C’è una teoria secondo cui i dinosauri non si sono estinti, ma si sono trasformati in uccelli. E ce n’è un’altra secondo cui gli atlantidi non si sono estinti, ma si sono trasformati nella razza caucasica. E infine c’è la teoria testé dimostrata, secondo cui i primitivi non si sono estinti, ma si sono trasformati negli uomini e donne attuali che d’inverno indossano giubbotti con guarnizione di pelo, per tacere di quelle anziane signore che vanno dritte sul sodo con pellicce intere. Ai giubbottari alla moda nessuno ha mai detto che si tratta di pelo di cane, mentre alle gentildonne facoltose la disapprovazione gliel’abbiamo manifestata in tutte le salse. In entrambi i casi i trogloditi vanno per la loro strada, imperterriti.
I più ottimisti fra noi vedono piccoli cambiamenti in meglio nella società. Io non sono fra costoro e credo che la malvagità, fatta uscire dalla porta, rientri sempre, poi, dalla finestra. Lo dicono le cifre, nonché i nostri occhi d’inverno camminando per le strade, salendo sugli autobus ed entrando nei negozi. Basta girare lo sguardo e in qualsiasi angolo si può vedere la barbarie passeggiare serena.

Al limite, possiamo andare di notte ad aprire le gabbie dei visoni, condannandoli a morte
certa nel giro di poche ore, anticipando cioè la loro macellazione. L’unico vantaggio è che l’allevatore subisce un danno economico che potrebbe spingerlo a chiudere l’attività. Credo che sia ancora lontano il giorno in cui un centinaio di animalisti, ciascuno con la sua gabbietta, vada in pieno giorno a prelevare uno o due visoni, con robusti guanti, portandoseli via onde evitare che, liberati sul posto, finiscano sotto le ruote delle auto. Il giorno in cui saremo pronti a far ciò, non ci saranno più allevamenti di visoni, perché vorrà dire che l’intera società avrà fatto un salto di qualità etica, che ora possiamo solo immaginare.
Per il momento siamo condannati a fare i guitti variopinti o poco vestiti e ad aver a che fare con energumeni ottusi e incapaci di empatia. Un’ineluttabile, tragica, coatta inversione dei ruoli.





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