martedì 14 gennaio 2014

San Frumenzio e il lupo di Bergamo

 
Tratto da “I fioretti di San Frumenzio”

Si sa dov'è il problema. Se vuole cambiare le cose in meglio, il vero militante umanitario si reca sul posto, dove viene commesso il male, per portare, con la presenza fisica, la propria testimonianza, il proprio dissenso. Non si può sapere in anticipo come reagirà l'avversario: forse ci picchierà o ci  ucciderà o forse si lascierà educare. Il non-violento, armato possibilmente della propria fede in Dio, va dove c'è l'ingiustizia e ne chiede la fine. Può farlo verbalmente o standosene in silenzio. L'antagonista di sicuro non gradirà la sua presenza, perché essa gli fa emergere i sensi di colpa, e probabilmente si avvarrà di mille scuse giuridiche, in primis la proprietà privata. "Andatevene di qui. Siete sul mio terreno!", sarà la frase ricorrente in bocca a chi vuol praticare il male sotto l'ombrello protettivo delle leggi. Immancabilmente, infatti, Frumenzio e i suoi si sentivano rimproverare la violazione della proprietà privata, quando si avvicinavano a un roccolo o a un capanno da caccia posti in aperta campagna e quindi accessibilissimi.


Una volta andò in trasferta in Longobardia per unirsi a un gruppetto di animalisti mediolanesi. L'obiettivo era un impianto per la cattura dei tordi. I frumenziani fecero un lungo giro prima di trovare la via d'accesso all'uccellanda, poiché l'ingresso principale si trovava in fondo a un cortile privato. Alla fine, attraversando un vigneto, il gruppo con in testa Frumenzio, arrivò a contatto del roccolo. Gli uccellatori, che li avevano visti già da lontano, arrivarono di gran carriera a difendere il loro impianto, rimanendo all'interno della sua circonferenza e investendo gli animalisti, attraverso la sottile rete tesa fra i carpini, con il solito ritornello della proprietà privata. Il che sarebbe come dire che nel chiuso di un'abitazione le leggi non valgono e vi si può commettere qualsiasi crimine. Fu un attimo. Frumenzio arrivò a toccare la rete, ma senza l'intenzione di lacerarla. Immediatamente, di fronte a lui si piazzò uno dei proprietari gridandogli insulti sul muso e minacciando di chiamare i gendarmi. Frumenzio sentì l'alito avvinazzato dell'uomo ma non si scompose. Ebbe un'idea. Trasse di tasca il portafoglio, ne tirò fuori la carta d'identità scaduta, con tanto di fotografia, e la porse all'adirato uccellatore. Immediatamente, la rabbia di quest'ultimo cessò, come cessano d'improvviso certe folate di vento nelle calde notti d'estate. L'uomo si allontanò verso l'abitazione brandendo la carta d'identità di Frumenzio come un trofeo. Anche l'ira degli altri uccellatori finì, proprio a causa dell'insolito bottino esibito dal loro compare.

"Ma sei impazzito? Perchè gli hai dato i documenti?" chiese tra lo stupito e lo scandalizzato sorella Scolastica che si trovava a fianco di Frumenzio.
"Hai visto? E stato come gettare un osso a un cane ringhioso!" le rispose Frumenzio.
E in effetti, il gesto di consegnare il documento nelle mani del nemico era servito a far cessare i clamori e a far cadere la tensione fra le opposte fazioni, andando a beneficio di alcuni giovani novizi che uscivano col gruppo per la prima volta e che stavano vivendo quell'esperienza con una certa ansia. Dopodiché, mentre l'uomo con la carta d'identità di Frumenzio si era assentato per telefonare agli sbirri, gli animalisti rimasero fuori dal roccolo, guardati a vista dai colleghi dell'uccellatore, giunti a dar manforte. Durante l'attesa, raffreddatisi gli animi, Frumenzio tentò la strada del dialogo. I tre o quattro cacciatori che aveva di fronte non erano nelle migliori condizioni di spirito per affrontare un sereno colloquio e infatti i tentativi di Frumenzio andarono a vuoto.
"Ecco, vedete, io sto parlando qui con voi. Vi rispetto come persone, ma non posso tacere. Non posso fare a meno di dirvi che state sbagliando". I cacciatori sgranavano gli occhi e lasciavano uscire dalla bocca contumelie in dialetto. Frumenzio era sorridente e cortese.
Insisteva: "Sbagliare senza sapere di sbagliare è umano, ma sbagliare sapendo di sbagliare è diabolico. Non siete d'accordo?"
"Ma stai zitto!"  Era l'invito più gentile che gli giungeva di risposta. Alla fine arrivrono i gendarmi, che identificarono gli animalisti e li lasciarono andare senza conseguenze giudiziarie per la violazione della proprietà privata. Frumenzio riebbe la sua carta d'identità scaduta, grazie alla quale, in seguito a una geniale intuizione, riuscì ad ammansire un ferocissimo uccellatore bergamasco.

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