Tratto
da “I fioretti di San Frumenzio”
Si
sa dov'è il problema. Se vuole cambiare le cose in meglio, il vero militante
umanitario si reca sul posto, dove viene commesso il male, per portare, con la
presenza fisica, la propria testimonianza, il proprio dissenso. Non si può
sapere in anticipo come reagirà l'avversario: forse ci picchierà o ci ucciderà o forse si lascierà educare.
Il non-violento, armato possibilmente della propria fede in Dio, va dove c'è
l'ingiustizia e ne chiede la fine. Può farlo verbalmente o standosene in
silenzio. L'antagonista di sicuro non gradirà la sua presenza, perché essa gli
fa emergere i sensi di colpa, e probabilmente si avvarrà di mille scuse
giuridiche, in primis la proprietà privata. "Andatevene di qui. Siete sul
mio terreno!", sarà la frase ricorrente in bocca a chi vuol praticare il
male sotto l'ombrello protettivo delle leggi. Immancabilmente, infatti, Frumenzio e i suoi si sentivano rimproverare la violazione della proprietà
privata, quando si avvicinavano a un roccolo o a un capanno da caccia posti in
aperta campagna e quindi accessibilissimi.
Una
volta andò in trasferta in Longobardia per unirsi a un gruppetto di animalisti
mediolanesi. L'obiettivo era un impianto per la cattura dei tordi. I
frumenziani fecero un lungo giro prima di trovare la via d'accesso all'uccellanda,
poiché l'ingresso principale si trovava in fondo a un cortile privato. Alla fine,
attraversando un vigneto, il gruppo con in testa Frumenzio, arrivò a contatto
del roccolo. Gli uccellatori, che li avevano visti già da lontano, arrivarono
di gran carriera a difendere il loro impianto, rimanendo all'interno della sua
circonferenza e investendo gli animalisti, attraverso la sottile rete tesa fra
i carpini, con il solito ritornello della proprietà privata. Il che sarebbe
come dire che nel chiuso di un'abitazione le leggi non valgono e vi si può
commettere qualsiasi crimine. Fu un attimo. Frumenzio arrivò a toccare la rete,
ma senza l'intenzione di lacerarla. Immediatamente, di fronte a lui si piazzò
uno dei proprietari gridandogli insulti sul muso e minacciando di chiamare i
gendarmi. Frumenzio sentì l'alito avvinazzato dell'uomo ma non si scompose.
Ebbe un'idea. Trasse di tasca il portafoglio, ne tirò fuori la carta d'identità
scaduta, con tanto di fotografia, e la porse all'adirato uccellatore. Immediatamente,
la rabbia di quest'ultimo cessò, come cessano d'improvviso certe folate di vento
nelle calde notti d'estate. L'uomo si allontanò verso l'abitazione brandendo la
carta d'identità di Frumenzio come un trofeo. Anche l'ira degli altri
uccellatori finì, proprio a causa dell'insolito bottino esibito dal loro
compare.
"Ma
sei impazzito? Perchè gli hai dato i documenti?" chiese tra lo stupito e
lo scandalizzato sorella Scolastica che si trovava a fianco di Frumenzio.
"Hai
visto? E stato come gettare un osso a un cane ringhioso!" le rispose
Frumenzio.
E
in effetti, il gesto di consegnare il documento nelle mani del nemico era
servito a far cessare i clamori e a far cadere la tensione fra le opposte
fazioni, andando a beneficio di alcuni giovani novizi che uscivano col gruppo
per la prima volta e che stavano vivendo quell'esperienza con una certa ansia.
Dopodiché, mentre l'uomo con la carta d'identità di Frumenzio si era assentato
per telefonare agli sbirri, gli animalisti rimasero fuori dal roccolo,
guardati a vista dai colleghi dell'uccellatore, giunti a dar manforte. Durante
l'attesa, raffreddatisi gli animi, Frumenzio tentò la strada del dialogo. I tre
o quattro cacciatori che aveva di fronte non erano nelle migliori condizioni di
spirito per affrontare un sereno colloquio e infatti i tentativi di Frumenzio
andarono a vuoto.
"Ecco,
vedete, io sto parlando qui con voi. Vi rispetto come persone, ma non posso
tacere. Non posso fare a meno di dirvi che state sbagliando". I cacciatori
sgranavano gli occhi e lasciavano uscire dalla bocca contumelie in dialetto.
Frumenzio era sorridente e cortese.
Insisteva:
"Sbagliare senza sapere di sbagliare è umano, ma sbagliare sapendo di
sbagliare è diabolico. Non siete d'accordo?"
"Ma
stai zitto!" Era l'invito più
gentile che gli giungeva di risposta. Alla fine arrivrono i gendarmi, che
identificarono gli animalisti e li lasciarono andare senza conseguenze
giudiziarie per la violazione della proprietà privata. Frumenzio riebbe la sua
carta d'identità scaduta, grazie alla quale, in seguito a una geniale
intuizione, riuscì ad ammansire un ferocissimo uccellatore bergamasco.
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