lunedì 26 agosto 2013

Un tranquillo week-end di bruttura



Per natura evito gli assembramenti, ma per motivi “professionali” a volte mi tocca stare in mezzo alla gente. All’interno di questo concetto generico, vi è gente accettabile e gente esecrabile. La prima cerca timidamente di educare la seconda e io, senza alcun dubbio, mi colloco fra la prima. Capitano così corti circuiti, imprevisti o pianificati, e quello che per noi, gente accettabile, è un tentativo per riportare la gente esecrabile sulla retta via, dopo il fallimento delle religioni organizzate, per l’altra categoria è un atteggiamento altezzoso, snob ed estremamente fastidioso. Come se noi, gente accettabile, ci mettessimo su un gradino più alto rispetto a loro e così il nostro tentativo educativo fallisce immancabilmente.
Il fatto è che noi gente accettabile siamo su un gradino più alto rispetto alla gente esecrabile. E loro semplicemente non vogliono rendersene conto. Si possono accampare delle scusanti, ma solo perché siamo compassionevoli. Si può tirare in ballo il contesto sociale in cui sono cresciuti, ma solo perché proviamo compassione per gli animali e quindi anche per la gente esecrabile che partecipa della natura animale e riceve, talvolta, la nostra compassione. Di più non è possibile.


Non credo che ci sia bisogno di un giudice imparziale per stabilire se determinati comportamenti siano accettabili o esecrabili, perché la verità è evidente di per sé e un principio morale non è – e non può essere - interpretabile. Chi ci prova ha solo qualche losco interesse da difendere. Come ha fatto la Chiesa cattolica.

Se io devo essere costretto a ballare sotto la minaccia di un fucile, si tratta di un sopruso, magari compiuto da uno schiavista in vena di scherzi. Se un cavallo deve essere costretto a ballare sotto la minaccia di una frusta, si tratta di un sopruso, compiuto sempre da uno schiavista interessato a ricavare profitto dall’esibizione della sua vittima, grazie al pubblico pagante. 

I circhi una volta si chiamavano equestri. Poi, con il diffondersi dell’aviazione e del commercio di specie esotiche, la gamma di animali costretti a ballare - o a saltare attraverso un cerchio di fuoco – si è allargata. Per saltare e ballare c’è però bisogno del fisico giusto e nel circo Bellucci-Orfei non penso che abbiano costretto l’ippopotamo pigmeo a danzare, anche se Walt Disney, in un suo famoso cartone animato, agli ippopotami aveva messo dei vezzosi gonnellini da ballerina.
Nel suo caso penso basti la sola presenza, per far aprire la bocca dalla meraviglia a grandi e piccini. E questo vale anche per la tigre albina. Una variazione cromatica rara come l’albinismo, appariscente nelle popolazioni negroidi, basta e avanza per far affluire il pubblico e se a Lignano Sabbiadoro, in quelle due ore che siamo stati lì, di pubblico affluente ne abbiamo visto pochino, a Montebelluna c’era ressa davanti alla gabbia della gazza albina, come l’anno scorso c’era molta gente esecrabile che andava a vedere il leone albino di Moira Orfei, da non confondersi con la tigre albina del Bellucci con Mario Orfei.
                                                                                                                                                                
L’accostamento tra tigri, leoni e gazze non è casuale, come non lo è la località di mare udinese con quella collinare trevisana. Il sabato sera eravamo davanti al circo in sosta a Lignano, la mattina dopo presso la fiera venatoria di Montebelluna. Scene già viste per me che son veterano. Genitori che ci passano vicino tenendo il capo basso e i figli per mano, sotto lo sguardo ansioso dei carabinieri e quello poco benevolo degli animalisti.
Famiglie intere ad affollarsi davanti alle gabbie dei pappagalli, spensierate e innocenti come fossero in gita scolastica, occupati unicamente ad ammirare i colori degli uccelli e il lento ipnotico boccheggiare dei pesci. Ogni tanto qualche contrattazione e la richiesta d’informazioni sui prezzi. Lo ha fatto anche il mio accompagnatore: otto euro per una tartarughina californiana, di quelle che vengono spedite chiuse ognuna in una pallina di plastica trasparente. Se arrivano vive, bene, se no, pazienza, ma questo la gente non lo sa e non lo vuole sapere.

Sei euro una carpa giapponese, di quelle che, crescendo, diventano dei bestioni enormi, e ho dovuto faticare non poco con il mio amico Franco, autista e fotografo, a non comprarsene una. Primo, per non finanziare gli aguzzini di animali e, secondo, perché a casa non ha ancora un acquario e agire così d’impulso non è mai  buona cosa. Rischia di essere solo un capriccio. Con cinque gatti, poi, non è il caso di portare a casa del pesce. Alla fine mi ha ringraziato. I pesci, bisogna capirlo, sono una sua passione fin dall’infanzia.

C’era chi la sera prima, dopo aver visto la placidità dell’albina e delle altre tigri, ipotizzava che fossero sedate. Non lo si può escludere. Se vengono riempiti di sostanze medicinali polli, maiali e mucche, perché non potrebbero esserlo delle tigri? Lo scopo è l’utilizzo senza conseguenze pericolose e poco importa che, secondo uno dei principi dell’ecologia, tutto deve finire da qualche parte. L’antibiotico iniettato nella mucca, ritorna poi nella bistecca, divorata dalla gente esecrabile di cui sopra. Che si ammala, fa felice i medici e muore, dando da lavorare ai beccamorti. Un circolo perfetto, che solo noi gente accettabile definiamo vizioso.
Siamo obbligati ad ammirare la perfezione del Male, come diceva lo scienziato androide nel primo Alien. Esso acquista dimensioni trascendentali e fa venire il sospetto non tanto che la nostra sia la specie più stupida dell’universo, quanto che sia la più parassitata da elementi estranei al pianeta Terra, vale a dire alieni parassiti. Io non posso dimostrare che esseri malvagi conducano l’umanità a comportarsi esecrabilmente, ma non è possibile dimostrare nemmeno il contrario.
                                                                                                                                                                 
L’invito a non andare al circo glielo abbiamo detto in tutte le salse, da decenni ormai, ma la gente continua ad andarci: perché lo fanno, perché RAI 3 glielo mostra come uno spettacolo gradevole e interessante?
Se è per questo, la RAI dice anche che l’undici settembre 2001 le torri gemelle e l’edificio 7 sono stati buttati giù dai terroristi! Mi pare fosse Pasolini a parlare tempo fa della pericolosità del mezzo televisivo. Lo aveva paragonato al nazismo, se non sbaglio.
Bisognerebbe, a questo proposito, che anche noi gente accettabile mandassimo in onda programmi, visti da sei milioni di telespettatori, che mostrino la bruttezza del circo, così magari la gente smette di andarci. Ma noi non abbiamo i soldi per una simile impresa, indi per cui questo mondo va a rotoli perché chi ha i soldi indirizza il pensiero e la coscienza verso il Male, anziché verso il bene.
Quando non c’era la televisione succedeva la stessa cosa e quindi il risultato non cambia. Sempre, chi va al potere corrompe i pensieri e le coscienze dei sudditi. Sempre, i potenti schiavizzano i deboli, come probabilmente succede in tutto l’universo. Il circo quindi è solo una metafora della vita perché dappertutto ci sono domatori che obbligano i domati a compiere azioni controvoglia.

Io non vorrei far parte della categoria dei domati, ma se mentre guido mi ferma una pattuglia di domatori e mi chiede bollo e assicurazione, mi arriva una scarica di adrenalina nello stomaco, la stessa provata dal leone quando deve saltare attraverso il cerchio infuocato. Se non ho né il bollo, né l’assicurazione, né tanto meno la patente, il domatore armato di mitraglietta mi fa scendere dall’auto e me la sequestra, lasciandomi appiedato. Poi finirò davanti a un giudice domatore che mi punirà ulteriormente, come il domatore domatore punisce il leone riottoso.
I domatori dei domatori, cioè quelli che stanno un gradino più in alto dei semplici sbirri, vogliono le vacanze assicurate ogni anno e uno stipendio mensile che noi sudditi ci mettiamo un anno a guadagnare. Se io non pago bollo e assicurazione, loro non possono andare in vacanza alle Maldive e quindi, per scongiurare tale pericolo, hanno sguinzagliato nel territorio sciami di domatori sbirri il cui unico compito è di tenere sotto pressione la gente, accettabile o esecrabile che sia. Poliziotti e carabinieri sono come i kapò dei campi di concentramento nazisti: prigionieri come noi, ma solo un po’ meno sfigati di noi.

L’ultima ruota del carro di questo perverso meccanismo sono i pesci gatto, i frusoni e i ciuffolotti. Il loro compito, come quello della tigre albina, è di far bella mostra di sé. Non è necessario che cantino. Voi avete mai sentito cantare un ippopotamo? Basta che saltellino da un posatoio all’altro. Distanza, dieci centimetri. Impazziranno a star chiusi in quel piccolo spazio? Non è un problema, dice l’uccellatore. Chissenefrega, gli fa eco il cacciatore. Pazienza, se ne comprerà un altro, replica il commerciante.
Bellucci ragiona più in grande. Gli muore l’ippopotamo pigmeo? Fa niente, ce ne faremo spedire un altro dal Congo, ché tanto paga Pantalone. I finanziamenti pubblici ai circhi, riconosciuti come fenomeno culturale degno di conservazione, sono regolari e abbondanti, ma anche questo la gente non lo sa e non lo vuole sapere.
Ma non è stato riconosciuto anche l’ippopotamo pigmeo come degno di conservazione? Sì, ma il fenomeno culturale circense è più importante: ubi major, minor cessat.
Ma se la specie è diventata rara, come farete a farvene spedire un altro esemplare? Se c’è, c’è, se non ce ne sono più, pazienza, ché tanto il pubblico è di bocca buona e cambieremo bestia. La gente esecrabile non mancherà mai e gli va bene anche uno struzzo che fa le capriole o un canguro che sa fare i conti o un coccodrillo che suona il piano. L’importante è che le bocche di grandi e piccini si aprano dalla meraviglia.
Come diceva Barnum, la gente (esecrabile) è stata inventata per essere presa in giro dagli uomini di spettacolo. Anche uno come Buffalo Bill può andare bene!
                                                                                                                                                                
La gara canora di Montebelluna è stata annullata causa pioggia. E’ stata la prima cosa che un attivista mi ha detto appena sono arrivato con Franco al luogo dell’appuntamento. Purtroppo, da lì non ci si poteva muovere, cioè gli organizzatori avevano il permesso per stare davanti a un ingresso del parco Manin e solo alla spicciolata, e per nostra curiosità, abbiamo potuto fare il giro e andare a curiosare dentro il capannone del pollame. Fagiani dorati, faraone e conigli, appoggiati a terra dentro piccole gabbie. Canarini, pappagallini e oche.

Fuori, appese dentro le classiche ceste, alcune quaglie. Due ghiandaie, una rimbambita e una terrorizzata. Il messaggio “Rivoglio la libertà” non giunge agli orecchi e ai cuori della gente esecrabile. Se giungesse non sarebbe tale. Un signore ci raggiunge per rimproverare Franco: “Lei, prima di fare foto, deve chiedere il mio permesso!”.
“Se l’ho fotografata non la pubblico, stia tranquillo”, gli risponde il mio amico. Io non dico niente ma mi faccio appresso, per far capire al prepotente che siamo in due contro uno, in caso non gli bastassero le giustificazioni del fotografo. Figuriamoci se c’interessava fotografare proprio lui, ‘sto burino!

Inconvenienti dei fotografi. Davanti all’aeroporto militare di Rivolto, Franco ha dovuto cancellare una foto appena fatta, perché un carabiniere domatore era venuto fuori dal gabbiotto d’entrata appositamente per intimarglielo. Base aerea questa, capannone con volatili quello. Stessi sospetti che il fotografo fosse un nemico, un impiccione che vuole divulgare la malvagità delle Frecce Tricolori e della detenzione di creature innocenti.
L’ippopotamo e le tigri (qualcuno ha visto anche delle caprette) ce le hanno lasciate fotografare e nessuno è venuto a dirci di cancellare le foto. L’allevatore di Montebelluna, solo per il suo comportamento da kapò, meriterebbe d’essere sputtanato sul web, con tanto di nome e cognome, ma siccome ce ne sono a milioni come lui, non è di prioritaria importanza. Vedere in che spazi ristretti sono tenuti gli schiavi animali dovrebbe essere sufficiente a smuovere le coscienze. Se la gente esecrabile ne avesse una!

A Lignano saremo stati una cinquantina e pochi spettatori si sono diretti al carrozzone del ticket. A Montebelluna non si è superata la decina di attivisti, per altro posizionati lontano dal mercato avicolo e io e Franco ce ne siamo anche andati via quasi subito. Giusto il tempo di accorgerci che la dimostrazione non aveva mordente, oltre che  scarsa visibilità. Il megafono che mi ero portato dietro, non l’ho neanche tirato fuori dallo zainetto, a differenza della sera prima in cui ero riuscito a dire qualcosa.
Verso le ventidue, dopo il presidio al circo, siamo andati in pizzeria. Franco era entusiasta di trovarsi a una tavolata di 15 persone tutte vegane. Il padrone del ristorante “Al rustico” era divertito. Non gli era mai capitato che un così gran numero di clienti non volesse la mozzarella sulla pizza. I cani potevano entrare e Pupetta sulle mie ginocchia ha avuto un grande successo. Spero che mi mandino le foto.
A portare i propri cani alle manifestazioni c’è sempre il rischio che qualcuno ci faccia l’obiezione del cane, frequente quasi come quella del pomodoro. Ovvero, se vogliamo la liberazione di mucche e galline, perché no anche quella dei cani? Gente esecrabilmente ignorante, capace solo di asinate, ne incontriamo con regolarità.
Ormai dovrei esserci abituato. Tuttavia, alla bruttura degli animali prigionieri, noi gente accettabile, non ci si abitua mai.


Le foto sono di Franco Galliano e Andrea Zanoni

7 commenti:

  1. Le carpe Koi erano una meraviglia...ma hai fatto bene a convincermi a non dare soldi all'aguzzina che le vendeva! Comunque io sono il tuo autista... solo in caso di allegria da troppe birrette...altrimenti sei tu che guidi...ahahahah

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi metterò d'impegno a rubarle per te, alla prossima fiera paesana.

      Elimina
  2. L'episodio dell'aeroporto di Rivolto e del carabiniere che era uscito apposta dal suo presidio per controllare tutte le foto che avevo fatto, ad una ad una, appena ricordato dall'amico Freeanimals è, secondo me, piuttosto interessante ed utile per comprendere la mentalità burocratica di alcuni esponenti delle nostre istituzioni. Infatti si potrà comprendere il divieto di fotografare attrezzature militari o infrastrutture che potrebbero dare un'idea del grado tecnologico delle nostre difese (del resto fotografabili benissimo in modo discreto e inosservabile con qualsiasi telefonino)...ma che senso può avere non permettere di fotografare una targa nella quale è scritto che la base di Rivolto è il luogo in cui hanno la base le Frecce Tricolori? Informazione, del resto, stranota a tutti? Eppure il buon maresciallo dei carabinieri, dopo avermi fatto i complimenti per le foto fatte ai miei amici manifestanti che sventolavano le bandiere friulane (bellissime) ha preteso che cancellassi proprio quella!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Spesso il comportamento dei carabinieri è incomprensibile, forse perché anch'essi, come tutti, devono obbedire ai loro padroni.
      E di sicuro ne hanno molti più di noi anarchici.

      Elimina
  3. Che splendido articolo Roberto. Ti si legge tutto d’un fiato. Avrei voluto essere lì con te. Tralascio per una volta di sottolineare quant'è pazza l'umanoidità. Lo hai fatto tu così bene che non credo ci sia da aggiungere altro. Un salutissimo anche a Franco veg. Da quando ti conosco non mangio più carne. Ora dovrò eliminare anche la mozzarella dalla pizza. Un abbraccio a tutti voi.

    RispondiElimina
    Risposte

    1. Grazie dei complimenti, graditissimi.


      Chissà se, dopo la mozzarella sulla pizza (per te che sei napoletano), dovrai rinunciare ancora ad altre cose?

      Speriamo di no, eh!

      Elimina