mercoledì 7 agosto 2013

Luna e le contraddizioni umane



Testo di Silva Martinelli

Mi chiamo Luna e sono una giovane lince maschio dal passato burrascoso. In tenera età ho perso la mia mamma, forse vittima di uno di quei bruti che, malgrado voi umani ci avete dichiarato specie protetta, non esitano a spararci a vista, oppure di uno di quei mostri di lamiera che circolano a tutta velocità sulle vostre strade, mietendo spietatamente le vite di chi osa attraversarle (anche dei vostri simili). Affamato, malato e allo stremo delle forze, non avevo ormai nessuna speranza di superare l’inverno. E’ stato un vero colpo di fortuna che mi abbiate trovato, curato, rifocillato e restituito alla mia amata libertà in primavera. Tornai ad avere fiducia in voi umani e ad esservi riconoscente. Poi circa un mese fa, il buon samaritano si trasformò nuovamente in boia e sulla mia testa venne emessa una condanna a morte. La mia colpa è quella di aver ucciso sei pecore, non sapevo che erano vostre, avreste potuto proteggerle meglio magari mettendole in un recinto o facendole accompagnare da uno di quegli adorabili cagnoni che a noi fanno tanta paura! 


 
Noi carnivori siamo condannati da madre natura ad uccidere per sopravvivere, mentre voi umani avete a disposizione una vasta gamma di alimenti salutari, gustosi  e consoni alla vostra specie eppure per cattiveria e ingordigia vi ostinate a torturare e uccidere gli altri animali. Alcuni li considerate animali da compagnia e guai a chi ve li tocca (anche se a volte maltrattate e abbandonate pure quelli), ma gli animali che considerate “da reddito” hanno un ben triste destino: spesso allevati e sfruttati in condizioni mostruose e ammazzati senza pietà. Ad altri, un po’ più fortunati (come le pecore che ho ucciso per sfamarmi) viene concesso di vivere liberi, ma ciò non toglie che, quando meno se lo aspettano, tradite la loro fiducia portandoli vigliaccamente al macello. Anche gli animali selvatici non hanno pace sotto la vostra dittatura: perseguitati da cacciatori e bracconieri prima, durante e dopo quelle che voi definite stagioni di caccia. 
Noi linci prima ci avete sterminate, poi reintrodotte e dichiarate specie protetta. Malgrado ciò avete emesso una legge che non ci permette di uccidere più di 15 pecore in un anno, pena la condanna a morte. Io ne avevo uccise solo sei ma malgrado ciò la condanna è arrivata puntuale. Non avevo scampo se non fosse intervenuto lo zoo di Zurigo che ha offerto di commutare la mia pena in ergastolo per far compagnia a una zitellona che soffriva di noia e solitudine. 
Noi linci siamo animali solitari ed amiamo vagare in ampi territori. Ma si sa, la cattività può giocare brutti scherzi, e per quanto grande sia il recinto dello zoo di Zurigo, non sarà mai paragonabile alle vaste estensioni che la natura ci ha concesso.. Vabbè, non lamentiamoci, anche questa volta ho salvato la pelliccia. Spero che la mia voglia di vivere e la mia capacità di adattamento mi aiutino a superare le ristrettezze della cattività. E magari, un po’ per solidarietà, un po’ per scacciare la noia, riuscirò anche ad andare d’accordo con la signora con cui dovrò convivere e mettere su famiglia. Spero tanto comunque che la mia discendenza possa far parte di quello che voi chiamate programmi di reintroduzione, ed assaporare un giorno la libertà dei boschi, delle montagne e delle pianure senza dover per forza incontrare i vostri ovini né tantomeno i vostri dannati fucili.

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